in molli saepe quiete
iactant crura tamen subito vocisque repente
mittunt (Lucrezio 4, 999-1001)
Quante strade ho percorso, quanti impervi
sentieri o tracce sola insieme a te,
mite mio cane dagli occhi dolenti,
dal pelo biondo com'è biondo il grano!
A volte vagavamo fra odorosi
boschi d'abeti e tu puntavi attento
e mi indicavi il balzo di un capriolo
in fuga a pochi passi.
Oppure salivamo su tappeti
strepitanti di foglie rosso-rame
in faggete montane, lungo un rivo,
e sedevamo in alto a contemplare
gli spazi interminati.
O ancora, andando tra le lave brune
del Mongibello, seguivamo un'erta
strada per muli lastricata in pietra,
stretta fra muri a secco di frutteti
e di vigneti dai contorti ceppi.
Sempre tu fosti mio compagno fido,
silente e vigile, e con me godevi
dell'ebbrezza del moto prolungato,
dell'aria rarefatta delle alture,
di immense solitudini, del bello,
che dispiegava intorno la natura.
Chissà se adesso che vecchiaia oscura
vela i tuoi occhi e frange la tua schiena
ti visita il ricordo del passato?
Talora nel silenzio del mio studio,
ove tu dormi lunghi sonni ed io
vigilo china sui libri e le carte,
di un abbaiare soffocato un'eco
mi scuote e vedo che nel sonno cieco
muovi le zampe e tutto vai fremendo.
Certo tu sogni, mite mio compagno,
e ti sembra di correre sfrenato
in cerchio insieme a me su un verde prato
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