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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Segni Di Fantasia

di Viola Pieroni 2000
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Pubblicato il 19/11/2014 15:01:19


Eccolo: un foglio bianco come tanti, reso unico solo da piccoli tratti che si ripetono e che pure mi dicono sempre qualcosa di nuovo. E questi vengono, vanno, tornano nella mia mente. Sono quelli che mi hanno insegnato come poter vivere un momento attraverso una penna ed un po' di carta, che mi permettono di concepire nuovi orizzonti senza vederli, lasciandomi la candida sensazione di libertà nel pensarli e renderli miei. La lettura è la cosa più alta in cui un essere umano si possa rifugiare, lo accolgono e lo cullano i suoi stessi pensieri. Quei fogli sono più taglienti di una lama di coltello, possono infliggere più danni che la catastrofe più inimmaginabile. Ma io quando leggo mi sento potente, sento quella sensazione di poter sapere come finirà qualcosa, mi sento di poter decidere quello che accadrà: eppure il libro, quel libro, il più delle volte è previdente e non c'è confronto: lui sa già quello che io non so, e lo sa dire meglio, lo sa dire in silenzio, eppure sa che lo capiremo. E allora quando leggo tutte queste pagine, tutte queste parole scorrono nella mia immaginazione e mi regalano un pezzo della loro sapienza. Quando gli ripeto ad alta voce provo un certo fastidio perché concepisco di non poter riflettere quello che il libro fa pensare a me, sento le mie parole con me non pronte, immature ed indegne di ripetere quello che un qualcuno ha scritto e che io preferisco gustare in silenzio attraverso il mio sguardo sfuggente. E queste lettere mi si mescolano sulle pagine: quando il mio sguardo passa sopra ad una, come uno stampo si imprime in quella mia anticamera del cervello e lì, tutte insieme, si mischiano, si allontanano, si spezzano, si uniscono, si tingono, si sbiancano, si alzano, si fermano, si muovono, vivono, muoiono. Ora esse sono un cavaliere, ora una dea, ora un investigatore, ora una Parigi al chiar di luna. È tutto così vero, così reale, eppure così fragile. Un leggero rumore, una distrazione, e tutti quei segni perderanno la loro magia, cadranno a terra nel buio, in quella camera immensa, priva di quel immaginazione, di quella tensione sempre crescente che gli aveva dato vita. Allora triste cerco di recuperarle, le rialzo da terra, cerco di metterle in piedi. Ma nulla. Poi, prendendo di nuovo in mano il libro una si scuote, si alza, barcolla come un bambino appena nato e si mette a volteggiare di nuovo leggiadra in aria, e chiama le altre e tutta la magia ricomincia ad avvolgermi, come un abbraccio di una lieve brezza calda, come il risveglio pacato di una mattina d’estate. Mi sento come nell’occhio di un ciclone fatto di lettere, parole, frasi, pagine…tutto gira vorticosamente, non mi vedo più attorno, quelle pagine sono tutto quello che ho per la mente. Allora mi prendono come fossi una di loro, e volteggio, volteggio, mi giro, mi alzo, scendo in picchiata ed ecco: sono in quella anticamera buia che è la mia mente. Come delle spazzole buttano via tutto quello che non sono loro, i brutti pensieri, le brutte esperienze: ho paura che caccino anche me. Mi metto ferma e osservo tutto: capisco. Quello è come un teatro, ed io sono lì per poter vedere tutto. Ma non c’è una platea, non c’è neanche un palco. Io faccio parte dello spettacolo. Poi delle voci mi ricordano che tutto fino ad allora era stato immerso in un placido silenzio. Ho paura di tornare via da quel luogo, ho paura che quella magia non si ripeta. Invece erano loro: tutti quei segni neri diventano sempre più reali, più colorati, più vivi. Iniziano a parlare, a cantare, a pensare. Ed io li seguo, li osservo, prima corro, poi mi metto comoda, poi torno a correrli dietro incuriosita. Me ne vado a giro tra città, villaggi, deserti, mari, isole, laghi, montagne, poi torno alla storia: e loro mi aspettano, mi lasciano ispezionare tutto e poi ripartono. Quello è un luogo buio, eppure io vedo tutto. A momenti si spegne e poi subito si rillumina di luce propria, diventa un immagine indimenticabile. Alla fine di quel libro sono commossa, divertita, allegra e triste. Allora chiudo quella porta e tutto quello che vedevo prima si smembra, poi scolorisce, diventa nero, sempre di più: e continuano a separarsi: tutto si allontana gli uni dagli altri. Io ammiro. Tutti ritornano prima linee, poi tratti, poi segni, poi lettere. Lo sfondo buio ritorna di quel crema dolce che mi sa di antico eppure sempre si rinnova: e io non mi sono neanche accorta che ormai la magia è tornata in quelle pagine che ormai sono parte di me.

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