rosso, bianco, scendendo lento, il caffè denso s’aggruma in tazza:
di là nell’ansa,tra la macchina e i suoi tubi d’ottone,ti ho visto bucare:
“pietre lucenti che lascerò danzare” -dicevi-“ che lascerò pulsare là, là nelle arterie”
. Sorrido, se t’incontro, rido, di me (sei un buon pittore) e sai
che mai traverserai per mare la distanza che sempre ci separa dal lontano Oriente…
non l’hai in mano; ed il Brasile, dove parlasti con un capitano, ieri, è salpato,
già ieri... Solo l’ininterrotto flusso che lo stantuffo con dolcezza morde,
scende e vola, scende nell’asticciola, cola, cola, cola…
Sembra girare come acqua di canale che stagni e spinga via la corrente.
Sottile, taglia la “Fonderia” giù dal”Voltone” e ancora per il ”Carmine”
poi su per la ”Falconetta” quasi a morire...
E’MARE
la tua pelle bianca e marciscente, assai lucente e quasi come prua,
l’ago vi si immerge e par si lasci lento affondare...
ma salpare con occhi chiari mi attanaglia le viscere.
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