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Pinoculus

di Adielle
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Pubblicato il 02/03/2014 04:55:08

Ora basta, si produsse in verdi trine il grillo parlante e belava la pecora scissionista fuori dal balcone ma io pretendevo lo stesso il tiro della discordia 

come fosse una procedura di grazia dovuta al condannato a morte

ultimo desiderio prima di andare a far la nanna in cortile o sulla soglia dell' io grande o del non ritorno.

Ti fa male più del bere ti sei staccato quasi una mano l'ultima volta

Lucignolo non sai nemmeno quanto vi amo

quando vi guardo in piedi, le mani incrociate dietro la schiena ad uso di mio padre,

dall'altra parte del mondo, fare le vostre mosse non avendone il controllo.

I colori cambiano continuamente

ed io semplicemente li depongo sul greto degli occhi asciutti

uno strale per volta piano perchè non mi prendano fuoco.

Dice fa, che vedevi, il gatto

io ma col corpo di Alanis Morisette viaggiare nello spazio

in uno strano modo e sentir freddo da ardere e caldo da cristallizzare

ma sopravvivere ed assistere a lo svelarsi dei misteri del cosmo

come a milioni di rose che si aprono all'unisono... tutte in una volta...

non siete pronti per questo

e giù a ridere

Ma con le voci no, con le voci non si scherza di qua dal guado.

A prescindere dalla scissione bicuspide dell'atollo lavico

del mio cuore, sento che qualcosa si muove nei bassifondi del petto

argine al lutto ultimo, segreto serrato nel doloroso crescere

che come sapete porta lacrime di altra natura, che disumana sia

non è più vertigine dai tempi in cui sospettosi si scendeva a piedi nudi dal letto

per paura che qualcosa da sotto potesse ghermirli

affilati artigli (di fantasia) di bambino.

La volpe alza il tiro, chiama in ballo il destino come fosse il quarto uomo che mancava per il poker

perdo facilmente il filo a questa lama ecco perchè non rispondo

spaccare il capello in quattro è l'unica cosa che valga 

una parte al cielo che mi compie come goccia d'acqua; una parte al tuo ventre equinozio di mille primavere non una di più; una alla musica custode; e una a mia madre, la più piccola ma che pur ne sappia qualcosa di questo cammino spaccato accartocciato su se stesso a doppio nodo, non c'è sole che sciolga.

Com'è difficile la vita se non reggi il minimo e la frizione ha troppo gioco.

Per abituarti a che finisca prenditi tutto il tempo che ti serve nel mentre poi finisce.

Surrogato a tempo di record

di un feroce addio.

C'è ancora gente felice di essere viva, chi lo mette in dubbio

che non me ne vogliano la mia psicologa e la mia psichiatra (due femmine)

se non sono felice per loro

deambulo a fatica nella nebulosa del Miglio

ancora cosparso dell'aprile nevoso di quel millenovecentosettantasette

quando i cardini non erano ancora e non erano mai, dolorosi per le porte. 

Quisquiglie per le palpebre prese al laccio dai rodei del caos

che sarebbe stato qualunque uomo fatto carne.

 

 


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