Ora basta, si produsse in verdi trine il grillo parlante e belava la pecora scissionista fuori dal balcone ma io pretendevo lo stesso il tiro della discordia
come fosse una procedura di grazia dovuta al condannato a morte
ultimo desiderio prima di andare a far la nanna in cortile o sulla soglia dell' io grande o del non ritorno.
Ti fa male più del bere ti sei staccato quasi una mano l'ultima volta
Lucignolo non sai nemmeno quanto vi amo
quando vi guardo in piedi, le mani incrociate dietro la schiena ad uso di mio padre,
dall'altra parte del mondo, fare le vostre mosse non avendone il controllo.
I colori cambiano continuamente
ed io semplicemente li depongo sul greto degli occhi asciutti
uno strale per volta piano perchè non mi prendano fuoco.
Dice fa, che vedevi, il gatto
io ma col corpo di Alanis Morisette viaggiare nello spazio
in uno strano modo e sentir freddo da ardere e caldo da cristallizzare
ma sopravvivere ed assistere a lo svelarsi dei misteri del cosmo
come a milioni di rose che si aprono all'unisono... tutte in una volta...
non siete pronti per questo
e giù a ridere
Ma con le voci no, con le voci non si scherza di qua dal guado.
A prescindere dalla scissione bicuspide dell'atollo lavico
del mio cuore, sento che qualcosa si muove nei bassifondi del petto
argine al lutto ultimo, segreto serrato nel doloroso crescere
che come sapete porta lacrime di altra natura, che disumana sia
non è più vertigine dai tempi in cui sospettosi si scendeva a piedi nudi dal letto
per paura che qualcosa da sotto potesse ghermirli
affilati artigli (di fantasia) di bambino.
La volpe alza il tiro, chiama in ballo il destino come fosse il quarto uomo che mancava per il poker
perdo facilmente il filo a questa lama ecco perchè non rispondo
spaccare il capello in quattro è l'unica cosa che valga
una parte al cielo che mi compie come goccia d'acqua; una parte al tuo ventre equinozio di mille primavere non una di più; una alla musica custode; e una a mia madre, la più piccola ma che pur ne sappia qualcosa di questo cammino spaccato accartocciato su se stesso a doppio nodo, non c'è sole che sciolga.
Com'è difficile la vita se non reggi il minimo e la frizione ha troppo gioco.
Per abituarti a che finisca prenditi tutto il tempo che ti serve nel mentre poi finisce.
Surrogato a tempo di record
di un feroce addio.
C'è ancora gente felice di essere viva, chi lo mette in dubbio
che non me ne vogliano la mia psicologa e la mia psichiatra (due femmine)
se non sono felice per loro
deambulo a fatica nella nebulosa del Miglio
ancora cosparso dell'aprile nevoso di quel millenovecentosettantasette
quando i cardini non erano ancora e non erano mai, dolorosi per le porte.
Quisquiglie per le palpebre prese al laccio dai rodei del caos
che sarebbe stato qualunque uomo fatto carne.
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