Tenendo le ginocchia sempre a terra
domandavo quale roccia o pozza d’acqua
ha un sogno e la distanza tra due luoghi
se puoi anche misurarla con il canto.
Ho mosso le dita una dopo l'altra
formando ai bordi del bagnato
una doppia fila di puntini
poi ho cancellato con il palmo della mano
disegnando un cerchio con un trattino lungo
infine un buco, dove siamo entrati
chiudendo gli occhi per vedere
le rotte delle migrazioni
dei sogni, lungo la porta delle lingue,
le dita degli sposi che si bagnano.
Con l’orecchio in terra
avrei voluto portarti
la fine della neve, tenere per te,
dove il ruscello si muove ancora tutto,
le vibrazioni della lucentezza,
nel segreto dell’intimità ,che bagna
il creato, tra le gambe,
accadeva qualcosa, sotto la pelle,
di imprendibile.
Non toccarlo con la bocca, con le dita,
ma col dentro della pancia, dai piedi in su,
e fino al cuore, fa come il salmone
lasciando le uova poco a poco,
cantando nel silenzio di chi viene
senza muovere le labbra
è appena dicibile sul volto lo stupore,
incide solchi corrispondenti ai suoni,
e vibra indietro, mettendoli alla luce,
verso di noi, quasi chiedendo aiuto,
una vena di voce, e di ogni cosa viva.
Tutto lo spazio è cresciuto.
Non potrò mai dire
molto più di questo,
non è visibile
l’intensità dell’apparizione,
alla fine degli occhi, la musica ..
...
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