C'è troppo mare da queste parti,
troppo mare per non ricordarti.
Il mare fin sulle tegole, dalle
narici dei bimbi, etciù etciù,
mare sulle cotenne fredde dei
poggi,fontane ammarate, sulle
coperte anziane e tra le
dita di tutte le mani.
Perfino nei letti, pudica
polluzione la brezza
sfuggita dalla patta-sera, mare -vitiligine sulle ringhiere.
C'è troppo mare: mare nei
cassetti e dietro le porte,
tra la biancheria, corredi
e negligè, lavanda salmastra
imbustata in fustini smeraldo,
mosche sull'acqua e radiografie
di zanzare; c'è mare fin dentro
i garage, là parcheggiate intere
genealogie e curiose razze di
onde, come gli orchi
dalle segrete condannate a raspare.
C'è troppo mare da queste parti,
troppo per non ripensare al mare
che ti porti addosso, zaino targato
'80, baie transennate dall'orizzonte,
sabbie e giochi fra l'inguine-riva
ed il perizoma della risacca risacca.
C'è mare dovunque: dai muri-cantieri
pungolati dagli operai al miracolo blu
( operai -soldati sul costato di Cristo cemento)
verrà via sempre sale e l'insopportabile
bile dei pesci Hulk sollevati alla morte.
Il mare mi tiene sveglia, questo compito
toccava a te. A te! Così mi dicevi:
stare senza dormire, si come il mare,
perchè il mare, lo sai, non si mette
a dormire. C'è troppo mare da
queste parti ed io avevo bisogno
di legno e di roccia, di alture, di
fondali fatti di cielo dove non
bisogna star zitti e trattenere il
fiato per non deflorare ai polmoni
la pia cuticola asciutta, dove al
limite potevo anche urlarti per nome.
E sputarti fuori, altissima spina, spina
che sporchi la bianca mollica
di branchie ormai all'alt.
C'è troppo mare da queste mie parti
ed ogni cosa mi riporta al mare
e poi da te che dal mare sei venuto
una volta e forse di mare sei
fatto. Ricordo bene come prendesti
il largo, figlio di tuo padre,
e di lui più capace della stessa distanza.
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