Pubblicato il 06/07/2009 23:21:44
L’ODE LUNGA DI UN GIORNO D’ ESTATE
Spicchi di luna illuminano le notti d’estate ,riconosco d’essere nisciuno guardando ò munno fore o balcone con la bocca aperta incantato innanzi alla città che si è mangiato la vita mia e mi ha rimasto sulagna dentro un sogno affaticato . Versi sparsi di celebri libri affollano la mente confusa da male parole , liriche alchimie , muse inseguite da brutti ceffi per strade deserte. Chi sa quanto ogni cosa ritornerà ad essere quella ch’era l’Italia senza calze a righe , l’Italia senza mutande che si fa lo bagno cantando arie neomelodiche e sogno d’essere un uccellino che vola felice verso l’orizzonte portando via chesta malinconia. L’aria e fresca e fine e respiro a pieni polmoni e non mi so trattenere e m’alzo in volo e lontano vado sorvolando case e quartiere periferie dimenticate. Rincorrendo la magia dei giorni andati, un motivo d’una vecchia canzone cantata per i vicoli uterini ove mai giunge il sole ad illuminare le disgrazie dei suoi poveri abitanti. Scivolando nell’ore che giunge presto alla morte ,la paura di uno sparo udito risuonante tra le campagne divorate da orde di cavallette affamate . Fermo in bilico sulla sponda d’un ricordo , oltre l’immaginario dire di politici istrioni , alla ricerca di un senso nuovo d’un motivo sincero che ti faccia sorridere ,filastrocche scritte per far sorridere grandi e piccini mentre il mare amante della terra e del cielo lambisce le coste dei pensieri oscuri . Pagine di poesie ,germogli fioriti nel silenzio in magici meriggi. L’ode lunga di un mattino d’ estate rincorrendo le farfalle elettriche lungo l’africo corso delle cose mute. Senza giustificare più il senso etimologico del comprendere l’immagine aulente sepolta sotto un salice piangente , velante il viso della disperata donna inchinata sulla tomba del suo amato. Il cielo raggiante annunzia l’ apparire degli elleni eroi l’udire ruggire il coraggio del leone ,le costellazioni in armi, le note del divin fanciullo rifiorire in un novo canto d’ amore. Ripercorrere vecchie strade in compagnia di personaggi equivoci , scartellati , malandrini, ubriaconi nel fitto bosco cittadino fatto di cemento e ferro. Gli orribili occhi d’un orco parcheggiatore digrignante i denti. Nelle pieghe della sera inseguendo una libertà fatta di sole e sale di sapere e essere di amore e speranza. Ove ogni cosa tace e non lascia scoprire l’arcano mistero chiuso in seno ad una sofferta visione . Strani ditirambi ed altre egloghe dal significato perverso insabbiate prose nel fondo di una clessidra. Ritornare in seno all’ avventura, arrampicarsi su i monti con l’armi in mano urlare dalla sommità la libertà conquistata per salvare il corpo di lei morente. Arrampicarsi sulle cime dei grattacieli , sul dorso del drago sui templi gobbi , per poi sparare cazzate e mandare a quel paese tutto il resto. Passando verso una nuova estate , attraverso vari interrogativi , sotto lo sguardo di medusa. Ascoltare l’onde cullarsi infrangersi sugli scogli mentre un palombaro scende cantando l’Aida in fondo al mare. Nulla è chiamato amore , universale armonia se non un fiorire di speranze nel buio. Soffrire gemere e altre parvenze dello spirito poetico. Seguire i gesti della madre il suo ricamare rime e altre storie sul telo ove è impresso il suo ricordo . Dolce e rammendare, meditando le mendiche spoglie di lui vagabondo per l’Ade . Le luci sui i colli nel cielo notturno salutano il declinare del tragico destino , si placa il dolore negli occhi di lei madre d’eterne estate ogni cosa diventa men duro, accompagnati da un lieto canto in riva al mare di nostra etade .
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