Pubblicato il 06/07/2019 19:41:36
Non pensate che per comprenderci dobbiamo immergerci nella nostra intima nudità, nella varietà delle pulsioni e delle passioni, nei disagi e in questa nudità discernere la limitazione del nostro tempo? Penso siano le barbarie che hanno il sopravvento sulla nostra provvisorietà. L’ inclusione del rapporto società-stato e essere umano, la minaccia, l’ annientamento del sorriso, della poetica, del certo. La poetica che per mio conto ci slancia nell’oltre tempo, ma non solo, pure nell’ oltre umano, svincolandoci dalle incertezze della fisicità e dai dinieghi delle devastazioni compiute dall’ uomo verso sé stesso, per la sua sopravvivenza. Le diversità non possono spaventare se non quando sono una acquiescenza di costume che precipita verso l’ intollerabilità. In un sistema in cui la fragilità si fonda e si affonda nelle categorie, nelle appartenenze certificate, nel destino assegnato, immodificabile, alle appartenenze, dovremmo ben accorgerci che il fine del sistema resta sconosciuto. Molti, hanno ricondotto nel sistema e nelle separazioni dal sistema, l’etica o lo storicismo. Pure la conflittualità sulle necessità primarie, filtrate per le incognite religiose. Ovvero, tutte quelle plausibili ipotesi di funzionalità e di sussistenza, di incentivazioni. Dalla esperienza solitaria, al bisogno; dalla costrizione mistica, alla solidarietà secolare; dalla conflittualità alla paura. Quindi ricondurre la compiacenza affermativa della propria fisicità, la perpetuazione della propria fisicità. attraverso dei, oppure senza. E’ un processo di accumulo del piacere in una trasversalità temporale e geografica che si alimenta e si preserva con il bisogno. La solidarietà e l’ assorbimento alternante, l’annullamento persistente di ciò che è esterno sono le funzioni del sacerdozio del sistema. Sacerdozio e casta; la casta concede indigenza, la manipola, la snatura, la redime, la rinnova. La casta promuove l’ etica, la lotta, il conflitto verso sé stessa. Le mutazioni in cui si impantana la memoria con il proselitismo alla servitù delle generazioni. Oggi più di ieri. Se vogliamo soffermarci sulla costituzione di una comunità politica possiamo affermare ragionevolmente che la casta ne sancisce la sinteticità su cui fondare la propria alternativa delimitando il confine strategico. Attenzione, perché non ci si potrà nascondere nella protesta delle appartenenze, non si potrà nel corso della nostra vita secolare impedire il formarsi del processo di predominio in atto. Forse potremmo rallentare questo processo esasperando i movimenti di disgregazione viziati da una debolezza di analisi e impregnati di pretese lobbistiche e reazionarie, in sostanza maschere della sinistra, della destra tra cui io non ci sono e non ci potrò mai essere. Oggi occorre fare una riflessione puntuale e articolata perché sull'assenza delle radici storiche proiettate nel moderno piaccia o non piaccia, si contrasti o si approvi, la sostanza è che su questa questione politica di prospettiva si è infranto il Partito Socialista e, con esso, il corollario laico. Non è stata percepita fino in fondo dal gruppo dirigente socialista la reale portata dei meriti e dei bisogni, mentre era un passo avanti a tutte le altre forze politiche nell'individuazione delle povertà vecchie e nuove. Il non coniugare questi due aspetti di per sé vincolanti ha portato a una democrazia avulsa dal territorio e a una sorta di liberalismo tradotto in profitto, quindi chiave di accesso alla permeabilità della casta; perciò non vi è stato distinguo tra meriti e bisogni. Non ha saputo il Socialismo italiano disancorarsi dalla parzialità di strategie del consenso, alterando quella volontà di potenza del riformismo che era e che dovrebbe essere pure a divenire la “ rivoluzione in cammino”. Io lo posso affermare, si precipitò nel vago, si assecondò la progettazione di una società dell’equivoco, sollecitata a tacitarsi nella appropriazione di un parziale e disarmonico uso delle tecnologie e delle economie. In questo vago e in un asservimento verso chi foraggiava i frati e non il convento, per usare un eufemismo, si assecondò la prospettiva di una società dell’equivoco sollecitata a tacitarsi in quella che è stata l’appropriazione di un disarmonico uso delle tecnologie e ancor più marcatamente delle economie. In questo senso la politica della seconda fase degli anni ottanta non fu limpida e per molti aspetti non si individuò il futuribile, perché c’è stata la modificazione dei sistemi produttivi, energetici e pure comunicativi, mancò la volontà di indagare, di annusare. Visione temporale mancata per molti aspetti da una classe politica consociativa che non ha colto in modo particolare a sinistra la lotta al commercio delle culture, così come lotta alla massificazione delle informazioni, lotta alla robotizzazione umana. Noi uomini o meglio noi umani, acceleriamo i processi, ci muovono le ambizioni di devastare le regole e le leggi, alteriamo le necessità rapportandole alla nostra convenienza. Tutto questo è stato ed è patrimonio della casta politica di destra e di sinistra, non del Socialismo. Chi appartiene ancor oggi a una corrente di pensiero che sfocia nel Socialismo dovrebbe essere attento a discernere e a non patrocinare in nessun modo tutte quelle forme improprie della libertà, confuse nell'abuso dell’ individualità. Quindi sfuggire gli adescamenti semplicistici e riconfigurare i ruoli del progetto politico e umano del quale le religioni si sono appropriate in assenza di un’ ideologia riformista e Socialista. Il progresso, l’evoluzione, non possono essere sprecati nel riciclo del rammarico, la storia è satura di illusioni, esperimenti, pentimenti, riparazioni, maledizioni. Il Socialismo contemporaneo, per aspirare ad essere il Socialismo del futuro, non può essere discosto dalle diversità, deve affidarsi ai giovani, ai lavoratori, penso al Socialismo degli operosi, dei dedicati. La mia classe è la classe degli uomini nudi, degli uomini del sorriso, degli uomini di pace, che rifugge gli interessi di poteri forti e i privilegi dei poteri minimi. Occorre un ripiegamento veloce e sottrarre la produzione intellettuale della ricerca e delle derivazioni applicative alla economia del libero mercato riconducendone la gestione alle comunità, agli stati, alle organizzazioni internazionali. Occorre che i Socialisti si approccino al confronto- scontro della politica del nostro secolo anche ripiegando, retrodatandosi. Ad ogni popolo, ad ogni etnia, ad ogni comunità non può essere negato il diritto- dovere di lavorare la propria storia sul territorio coltivato per le proprie esigenze culturali e morali e religiose. Nel comune interesse planetario che siano tutelati i diritti fondanti della vita e della personalità umana degli uomini. delle donne, dei bambini, dell’ ambiente, della pace. Non è ideologicamente sostenibile, da Socialisti, nessun modello internazionale che si fondi sulla globalizzazione finanziaria, sull'unicità delle sedi di decisione, sulla imposizione. Spero che queste mie considerazioni non ledano le sensibilità dei lettori, con storie e memorie diverse dalle mie. Se questo stato di cose non sarà possibile che avvenga allora che ciascuno per la propria onestà, coerenza e dedizione, allora ognuno giochi la propria storia, io da tempo la mia l’ho già giocata, e va oltre la sinistra.
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