("Di mattina" non si scrive per gioco
è da un' ora che ti aspetto).
Quando finalmente arrivi
ti porti dietro un tramonto
che solleva le serrande delle osterie
per virare a consiglio da un bicchiere trafitto
da altri raggi e portenti d'argento
a misura di braccia di brace, angherie lunari in sospeso,
ghiande in tasca da farne piccole pipe.
Si può parlare di vino a labbra bagnate
e serrare le astuzie nelle mani
che sanno accarezzare i profili diffusi nell'aria
e tenere a bada quei languori d'insolenza
che vorrebbero andarsi a coricare
sul letto delle palpebre, i seni ancora scossi
per la luce che filtra dalle parole
e loro contigue astinenze.
Vorrebbe aprire, dar segno di poi
eppure conclude in rapace sonnolenza
la tua livida gola d'astri fondi
così si reincarna in un facile saluto
la dolcezza selvatica
della tua bocca d'altopiano
austero contrappasso al mio vociare, laterale,
di cortile semivuoto, lì,
in un nulla di fatto incompiuto,
un bacio ci ha attesi per ore.
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