E sei andato.
Adesso della tua carne
ho un ricordo appena
confuso e d'armeria,
l'ippocratica città ha pagato
tutto il conto, saldo, investimento
e dalle tavole cinesi si alzano
fumi leggeri, le seppie aperte
come paraventi istoriati
dalla profondità del mare,
incisi di catrame imbustato,
liquida pistola proteggi piccoli.
Ora la bandiera, segnalibro
al mio peccato, ha smesso
d'insegnarmi dove girare
per poi trovarti, attesa
e resa alte quanto il muricciolo
che non sapeva farci zitti,
cancello - murena e spia
prontamente decodificata
dall'estivo, crudele ritorno
in se. La casa igloo da
spiaggia, gli Inuit svestiti
son pescatori, e le reti
in putridume, cruciverba
di cani a pancia a terra;
e donne strane, e strane
coppie e le boe birilli
atterrate dall'onda giovane
del pio Gennaio.
Adesso della tua carne ho
forse solo più stima ed è
di me che perdo il senno.
Ero forse io il gioco
a bordo riva? Ero
forse io a correre
al riparo dall'urlo sempre
uguale, sempre uguale?
La vita tua - diceva quella
voce, cornacchia astuta,
mai migratoria - la vita tua
è dove sta la palizzata
rossa delle dune -case,
la cordigliera autobus
e curve serpente, cesario
di montagne, la vita
tua è un corri a casa.
E ripulita, un po' riassettata,
i capelli riacconciati nel modo
del primo mattino, le mani
lavate dall'amore che non
sempre riesce, ostetricia
senza mai frutto, la voce
segugio, fanale e posteriore,
grillo luminoso ed urticante,
i libri corso studi allineati,
parata senza più marcia.
Torna a casa, a quella
vita:statino, foto, sei
la più brava.
Anche il mare asciuga,
se si fa caso: dove è
passato con il piede
sale resta poi l'istante
secco. Spazio- pausa
fra un rigo e l'altro
della meccanicissima-catena stesura blu.
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