Le case stanno nella nebbia.
A non guardare.
Spettacolo vietato la linea
scosciata dei monti che precipitano
al mare, cieche gatte dalla testa
di coppi e terrazze, spianate di budellini
bianco-ecrù. Che storia questa vessazione
di agnelli con le zampine di cemento
e pietra, di limoni e falle!
Due spalle salgono i gradini
tramortiti; anche io, come loro,
mi sono spenta, una cassa nella
mente ben imburrata dal morto
che sorride, grigio - nera poggia
la pioggia sui ciottoli, seppie
travestite, acciambellatura di
vermetti padroni dell'umidità,
liquirizie piediformi, rotelle
in congedo dallo svitato
che gestisce oggi il cielo.
E se urlo il nome, il nome
mi si ritorce contro: ciò che si
recide è reciso, non si riattacca
la santa camicina imboccatrice,
la pancia esplosa non riprende
mai indietro il benedetto innesco.
Conto pagato.
E tutto ciò che mi manca è quasi
sempre fra due tronchi ed un
precipizio: altalena-carota
all'asino baratro.
Gioco micidiale del malato.
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