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Una esperienza d’amicizia

di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 05/12/2007

Pubblicato sulla rivista "L’area di Broca" - Amicizia/Cooperazione - 75, XXIX, gennaio - giugno 2002.


Dice Kyrilla Spiecker: ”Vedere Dio costa la vita”. Forse vedere Dio significa soltanto porsi l’interrogativo serio della sua esistenza e del rapporto con Lui. Questo interrogativo, posto anche una sola volta, può costare un’intera vita?

Dio. Basta questo nome a far accapponare la pelle, è un nome serio, inscindibile dall’impegno, dall’amore, dalla fratellanza...dall’amicizia. Chi lo conosce dice: “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici”. Bisogna essere amici per amare; per diventarlo, c’è da amare: ”Ama il tuo nemico”; cioè diventaci amico.
E’ stato un giorno qualunque mentre passeggiavo per strada con Davide, un compagno di studi universitari. Eravamo un po’ spensierati, un po’ pensosi – in quell’età dei vent’anni in cui frullano per la testa i più grandi sogni, che per me erano veri e propri ideali. A un certo punto Davide dice: “Entro un attimo in chiesa”. Una piccola chiesa che non avevo mai visto prima, lo giuro, di quelle incastonate tra le case, che non si notano. Di certo non ero un frequentatore di chiese, ma lo osservo bene per un attimo e dico: “Ti accompagno”. Entriamo, ci sediamo, dopo poco, su quel silenzio tipico, fatto di navate e altari, inizia la lettura del Vangelo. Non sapevo chi era Lui, quello che chiamavano Gesù, non che ora lo sappia, ma una cosa è certa che la sua parola, se sua è, quel giorno e in quell’ora precisa, mi ha attanagliato alla gola, offuscato i pensieri residui e ingarbugliati di pochi istanti prima, indicandomi una direzione, uno scopo: l’amore universale e particolare. Che cosa voglia dire non lo so, sono di quelle idee che entrano fisse e non ti mollano più. Non nego che è uscita anche qualche parola dal cuore, penso che si chiamino preghiere. Però non ho pensato molto. L’unica cosa che ho detto, una volta fuori di chiesa, è stata: “Chissà chi avremo pregato, forse noi stessi?”, e poi silenzio, fino a casa.
Comunque sia ho aderito immediatamente a quelle parole, ammagliato e circuito dal mio stesso cuore che da allora ha iniziato, per un caso fortuito, a stringere un’amicizia tutta particolare con Cristo; non ho potuto non credere che Cristo è il Figlio di Dio.
Mi son chiesto: “E ora? Che cosa faccio?”. Perché non si esce indenni nell’esigenze di azione dopo aver letto le più belle parabole del Vangelo.
L’umanità, il primo pensiero, il dolore, la prima vocazione, la gioia di poter scegliere di stare tra i poveri, un po’ come faceva Gesù. Come potevo non vedere “coloro che non hanno”, gli emarginati, i ghettizzati, gli affranti, i vecchi i “parcheggiati”, gli oppressi dall’ingiustizia e, di contro, gli oppressi dalla giustizia, i carcerati.
Ricordo Angela, un’anziana signora che viveva in una casa di riposo. Nessuno l’andava a trovare, almeno non ho mai visto nessuno andarci; eravamo contenti quando ci vedevamo. E’ morta sola, con me che piangevo. O Primo, che di storie della sua vita me ne ha raccontate, grazie al cielo, ora sono sicuro che è in Paradiso, perché se lui non ci va, i santi non ci sono di certo. E Italia, una vecchietta dagli occhi azzurri e dal sorriso di mamma. O Franco, ergastolano studente che un giorno non aveva voglia di studiare e mi ha raccontato tutta la sua vita, quante lacrime.
Penso che qualsiasi strada noi prendiamo nella vita, sia necessario avere dei compagni di viaggio, amici o nemici che siano. Non nego che ho avuto la fortuna di incontrare molti amici.
Poi, un giorno, ho conosciuto alcuni giovani che aderivano alla spiritualità del Movimento dei Focolari, proprio quando l’esigenza di vivere insieme con altri la mia esperienza spirituale e umana di cristiano, si faceva più forte. Penso che questa sia una esigenza tipica di tutte le religioni ed in particolare lo debba essere, e lo è, per un cristiano. Infatti Gesù diceva: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”, oppure: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. Volevo e dovevo avere qualcuno con cui condividere l’amore, l’agape, per generare la presenza di Cristo fuori di me, in mezzo a noi. E così è stato.
Il fuoco dell’amore era tra noi, un fuoco che ci ha fuso, non senza difficoltà legate soprattutto alle nostre diverse personalità e culture, al di là della nostra umanità stessa e nella più totale diversità, persino religiosa. Un Ideale potente, lo stesso che aveva animato Gesù fino alla croce, vivere e morire per l’unità, fino alle estreme conseguenze del grido assurdo di un Dio crocifisso: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
E’ un grido misterioso che ha squarciato l’indifferenza della storia ponendo decisamente Dio dalla parte degli ultimi. E se Cristo ha vissuto questa orrenda divisione penso che sia stato per indicare una direzione, una sua presenza in un luogo determinato dello spazio-tempo: proprio lì, negli ultimi, nei divisi, nei sofferenti, nei senza luce, è lì che ha deciso di stare Gesù, ed è lì che abbiamo cercato e non è presuntuoso dire che abbiamo trovato il mistero luminoso del Paradiso...e c’è da crederci che vedere Dio costa la vita.

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