Giri di Lune (dal ‘diario di un sognatore’)
‘Luna,
luna, luna, luna,
lu-u-u-na..’ (F.Garcia Lorca)
Più volte
dopo essermi assopito per un breve istante
apro gli occhi e mi chiedo
se non sia già l’indomani o se invece
non sia il prolungamento astrologico di ieri
tanto i giorni hanno per me
lo stesso colore e il medesimo incanto.
Quale che sia l’ardore per la bellezza perseguita
o inconsciamente suscitata
evapora al sole sostituita
da ore d’incolmabile astrazione
e nulla più m’importa se l’orologio
al posto del ‘tempo’ scandisca la sola luce
o l’oscurità che l’attende.
Giunto ormai alla fine del giorno
credo di possedere quella certa cognizione
cui ad ogni sorgere dell’alba
segue un voluttuoso tramonto che
a un ultimo abbaglio di luce
s’accompagna al buio di un’oscurità ignota
che mi spaventa e affascina allo stesso modo.
Vedo così spalancarsi
davanti ai miei occhi attoniti
lontani spazi di profondo chiarore
abbagli di un’aurora appena intravista
e ancora inviolata
che nel suo profondersi dentro la notte
mi restituisce all’opale chiarore della Luna.
La mia ferma aderenza alla realtà
non recupera alla dissimulata voce
la sua chiarezza oggettiva
la prospettiva del passato nel presente
onde la vita finisce per essere intimamente avvolta
dell’immensità che mi sovrasta
nell’assenza totale di alcuna congiunzione.
E non m’importa più
dar seguito all'illusoria essenza del passato
né di contribuire ad affermare il presente
"effimero perché passeggero"
quanto di addentrarmi nel profondo
d’una nuova identificazione
con la Luna che mi viene incontro.
Le parole s’affacciano labili alla memoria
e presto svaniscono sulla scia di un abbaglio che
pian piano si dissolve negli spazi inviolati
di un possibile 'altro' ch’è in me
nel costante sdoppiamento di un ‘io’ diverso
che si dissolve nella polvere cosmica
di un vortice astrale che coinvolge e stravolge.
Di quella Luna che da sempre mi rivela
la mera possibilità di valicare l’invalicabile
il desiderio fisico di guardare oltre
attraverso gli uadi segreti del Tempo
e oltrepassare lo spazio infinito
seppure io non ignori che da qualche parte
dev’esserci una fine per quanto imprevedibile sia.
L’immediato desiderio
di spalancare il velo ignoto del cielo
spazia nella mia mente nella ricerca vana
di catturare la segreta essenza del Tutto
“nel prolungamento inconscio della vita conscia”
in cui molteplici 'altre' Lune vanno a spasso nell’universo
quasi da poterle toccare, se solo lo volessi.
Ma nel timore d’infrangere
la pacata immensità di quel cielo
là, dove l’anima talvolta s’invola e rivela a se stessa
la propria grandezza e la propria iniquità
non oso svincolare il mio pensiero
dal seguire la sua vocazione di perdersi
nella vastità che si dilata a dismisura.
Che pure s' 'apre' a una lenta genesi
dove la materia si presenta nuda davanti all’invisibile
onde accecato quasi dall’incedere estenuante
d’una Luna nuova
che incombe nel segreto della mia esistenza
vengo proiettato in una vaga sensazione di prosieguo
che sfugge alla materia corporea che mi compone.
Solo allora la mia immagine di 'uomo' riemerge
nella consapevolezza di quel silenzio infinito
che porta alla solitudine estrema
nel vuoto assoluto che precede il vago sentore dell’eternità
e sono sul punto di occupare ogni spazio
dentro e intorno a me
per approdare alla pura essenza del divino.
Almeno per un istante
credo di assistere al precipitare
delle forme oggettive dello spirito
di ciò “che non è mai ma che è per sempre”
come di un precipuo concetto di bellezza che trascende
nel divenire del sogno e dell’immaginazione
dalla vacua realtà del nulla nell’arte.
E mentre tutt’attorno ogni cosa
si mescola impercettibile
discopro nell’intimo timore che mi coglie
l’estensione di un’altra Luna immaginifica e misteriosa
immensa come il ‘gran teatro del mondo’
la vecchia e sempre nuova Musa
dell’innamorato e del poeta.
Onde senza ch’io mi renda conto dilago smarrito
entro una possibile verità 'altra' che
posta "al di sopra di ciò che sono"
porta all’intima essenza di quell’io che vaga
leggero fra le stelle più lontane
partecipe silenzioso del mistero dell’universo
e della sua tranquilla infinitezza.
Nell’impossibilità di condurre lo sguardo
oltre lo scintillio del firmamento che mi compete
vado alla ricerca di quella misura astratta che
anzitempo deve aver visto l’umano
immergersi nel movimento cosmico degli astri
eppur rimango a contemplare il fuoco di ramaglie
al di sotto della grande cupola della notte
. . .
sospesa nell’immutabile certezza del creato.
‘Luna,
luna, luna, luna,
lu-u-una..’ (F. G. Lorca)
Turns of Moons (from the 'a dreamer's diary')
'Moon,
moon, moon, moon,
mo-o-on..’ (F. G. Lorca)
More times after being me drowsy for a brief instant I open the eyes and I wonder me if were already the next day or if instead is not the astrological prolongation of yesterday so much the days have for me the same color the same enchantment.
What that be the ardor of the beauty it persecutes or unconsciously aroused it evaporates to the sun had been replacing for times of unfull abstraction and nothing more I care if the clock to the place of the 'time' it articulates the only light or the obscurity what it attends him.
Comes that am by now at the end of the day I think to possess a certain knowledge what to every to rise some dawn it follows a voluptuous sunset what to a last glare of light the dark of an unknown obscurity is accompanied what it frightens me and it fascinates.
I see so to open wide in front of my amazed eyes distant spaces of depth light glare of an aurora just and anchors unwarted what in his to lavish inside the night it returns me to the opal light of the Moon.
My firm adherence to the reality it doesn't recover to dissimulates voice it's objective clarity the perspective of the past in the present whence life ends up being intimately wound from the immensity that it overhangs me lacking of conjunction of any obviousness.
Suddenly I don't care to give succession to the vain search of the past neither to contribute to affirm a present ephemeral as momentary as to penetrate me in the depth of a new identification with the Moon that meeting comes me.
Yet the words lean out transitory to the memory and soon they fade away on the wake of a glare that plain it dissolves in the spaces unwarted of the knowledge of a possible "other" that there is me in the constant splitting of a 'me' poet that he allows to drag from the cosmic wind to admire the attractive intensity of the lunar light.
Of that Moon that for a long time for me it means the mere possibility to cross the impassable one the physical desire to look at the most distant possible through the secret uadi of the Time what I go beyond the endless space even though I don't ignore that from some part also has to be one some elegant there even if this is not predictable.
The immediate desire to open wide the unknown veil of the sky it spaces in the vain search to capture entirely the secret essence "in the unconscious prolongation of the aware life" in which manifold "others" Moons they go for a walk in the universe what I could almost touch her if only I wanted it.
But in the fear to break the peaceful immensity of that sky there, where the soul is sometimes stolen and it reveals to itself his own greatness and his own inequity I don't dare to release my thought to follow his true vocation to lose his in the vastness that dilates his to excess.
I assist to a slow genesis where the subject he/she introduces him naked in front of the invisible one whence almost blinded to advance weary of the full light of a new Moon that impends I feel me projected in a vague feeling of advanced what it escapes the bodily subject that composes me.
Only my image of man resurfaces then in the awareness of that endless silence what it brings to the most extreme loneliness in the absolute void that precedes the vague sign of the eternity and they are on the point to occupy every space inside and around me to land in the pure essence of the divine one.
At least for an instant I believe to assist to fall in my head of the objective forms of the spirit of this "that it is never but that it is forever" as of a principal concept of beauty what it transcends in his becoming of the dream and the imagination from the vacuous reality of the nothing in the art.
And while all around everything imperceptibly mixes him I discover in the intimate fear that gathers me the extension of another Moon crafty imaginary and mysterious immense as the 'big theatre of the world' the old one and always new Moon of the lover and of the poet.
Whence without I return me account I spread lost within a possible truth "other" that mail "above what I am" hands to the intimate essence of that self how vague light among the most distant stars silent participant of the mystery of the universe and of his calm infinity.
In the impossibility to conduct my look over the sparkling of the firmament to the search of that abstract measure what early it owes to have seen the human one be to bathe in the cosmic movement of the stars I confine me to contemplate the fire of the bush under the great dome of the night
. . .
suspended in the unchangeable certainty of the creation.
'Moon,
moon, moon, moon,
mo-o-on..’
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