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il curvo del quartiere

di Vlad
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Pubblicato il 03/01/2014 14:57:57

 

Sui divani  freddi del ricordo, mi riguardo

la pellicola del “non dimentichiamo  cimai”

 

-  primo refuso  del nostro rapporto-

Ma mi sono perso l’ultimo tempo.

 

Cosa sarà successo.   D’accordo

non c’è un dividendo nell’obbligazione

di una parola non c’è guadagno

 

 ; siamo qui solo per riempire  le pagine

 

 muoverci dar ragione

al tempo per combattere

la quantistica dello spazio,

 

darci uno  slancio per l’illusione di contenere

qualcosa . Lo capisci da come  si muove

la gente dal portamento  eretto.

 

Recita  un avviso:  chi conosce la ragione

farebbe bene  a non portarsela mai  

 

a letto.  Ma per quelli

che vogliono imparare  qualcosa 

basta il curvo del quartiere,  

uno sguardo – provaci –

suona  come un contrabbasso

 

- ed una corda esce  controvento,

l’ho visto, sai,

mentre solfeggiavi il suo  lamento.

 

 Il  vero  pensiero

 

abita nello scantinato del  concetto,

 non si ferma  alla porta, e soprattutto

 

 

 

 

non ha l’ansia della parola.

La gente guarda in superficie

 E senti che scava.

 

quando cade  acqua dalle  radici, è solo lì,  

che apro l’ombrello.

 

Ora di nuovo l‘ortica del tuo desiderio ha grattato

Il naso della mia notte, e mi sento un groviglio

di giornali e stracci. Mi dicono che allora

 

posso credere ad un dio.   Wird gemacht.

 

Credo al dio sìssì ci credo, padre nostro

 che sei nei ciechi

Ma non trovo  le consonanti del verbo

che cuce le zolle  del nostro galoppare eterno.  

 

Saranno  quelle di arare,

a far distendere  la fatica degli occhi,

ad alleggerire la fuga del vento?

 

se  le palpebre applaudono all’ora   di cena

camminerò piano per raggiungere il palco

dove la  notte prova i costumi del cielo.

 

Le  orecchie hanno sete di parole

Che poi deglutiscono  In fretta.

Ma gli occhi ancora urinano

 

quelle di  un tempo. non cede  mai,

 l’ultimo bottone del tuo sorriso

che ancora  preme  forte

 

sul petto delle mie meraviglie.

 dolore è  donna

- se neanche finisci di pronunciarla

e  già ti mordi due volte la lingua –

 

e l’uomo, ovunque coglierà le occasioni

per masticare suono

nel guscio di uno spazio

 

vuoto.

E allora niente.

 

Lascia pure perdere l’ultimo tempo.

Siamo soltanto strumenti per delle suole,

e i pensieri sono solo lacrime di luce

 

che singhiozzano

                     nello spazio delle parole.

 


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