Vorresti dragarmi con quel tuo modo
sapiente di prenderti le cose:
non facendoci caso.
Ma tu, giocoliere, hai il
tuo angelo custode a cui non
metto una coda in finale
per non sciuparne la santità.
Ha dormito più notti con te
della notte stessa e perfino
guardandoti adesso, in piedi
od orizzontale non farebbe
differenza, ne avverto l'odore
e la sua ombra dorata,
opalescente testuggine,
pampino d'età indecifrabile,
ti segna irrimediabilmente le
spalle. Tu vorresti guarirmi,
proporti come garum consolatorio
ed anestetico propiziatorio di
tagli necessari, ma puoi solo
offrire un pacchetto di torsoli
dalle date di fame confuse,
parure di rimasugli spolpati
da corazzate vittoriose, un'ispida
dadolata di bionde contestazioni,
di affinità superiori e sabbie
che io non tollererei mai.
Quindi, davvero, non importa:
lasciami alla fanghiglia e all'inverno,
ai nodi ed al torace serio dei
castagni. Le strade che conosco
non fanno mai rima con le sue
e, se anche ci fossimo incontrati
allora, scommetto che un dislivello
da niente o forse perfino la virata
balorda dell'insetto destinato all'impatto,
ci avrebbero fatti bersaglio di indifferenza
mentre infilavamo la vita nella stessa
direzione ma con la faccia piantata
nel panorama di un estraneo.
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