Pubblicato il 21/06/2018 10:53:35
Di Michele Amabilino Filosofia Il bambino cerca nella figura del genitore una protezione, lo riconosce come parte della sua esistenza, della sua origine. Quanto questo prinicipio si riflette nelle religioni? L’uomo cerca nel cielo un filo conduttore alle leggi della vita, cerca nel cielo protezione. Immagina un Essere, un Padre celeste, un creatore di tutte le cose. Questa visione, questa interpretazione delle cose è credibile nella vita, ma nell’ultraterreno è una visione problematica, soggettiva, sfuggente. Egli ne afferma l’esistenza senza spiegarne l’origine. E l’ateo quale riflessione porta a sostegno della sua teoria sulle falsità delle figure deistiche? Egli sostiene che nulla può definirsi eterno e che la regola della vita conosce un principio e una fine, una appartenenza ad una classe vivente, ad una specie e che essa ha mutevoli forme e dimensioni ma che conosce sempre un punto di origine: L’energia è materia ed essa si anima. Il credente invece afferma che Dio non ha origini, è eterno, è onnipotente, è il Creatore. Queste regole, queste convinzioni degli antichi padri si fanno forza sui pilastri dell’autoconvinzione, della speranza in un susseguirsi di ripetizioni atti a creare altri consensi soggettivi che, moltiplicandosi, formano poi una massa sociale di credenti. L’ateo non crede in un essere eterno ma in una forma di vita che parte sempre da un principio, la nascita per poi concludersi con la fine biologica. Egli dunque contempla la propria ragione e nega l’esistenza di Dio. Entrambe le teorie mostrano una zona d’ombra: La religione non riesce a provare l’esistenza di Dio, l’ateismo porta a forme teoriche, a ragionamenti accettabili dell’origine di tutti i viventi 2016.
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