La poetica di Ninnj Di Stefano Busà (poesie tratte dalla raccolta inedita, vincitrice del Premio IL PORTONE, Pisa, 2013)
a cura di Roberto Carifi
Una distanza tra il grido e la ferita: la poetica di Ninnj Di Stefano Busà.
Quasi tutta l a sua opera si affaccia sul silenzio percorrendo tutte le strade del dolore e dell’assenza.
Del resto i poeti, quelli veri, giungono all’ultima parola dopo aver
percorso fiumi «di dolore e di destino». L’autrice sa cos’è il lento
dipanarsi della vita, «la distanza tra il grido e la ferita» e sa
come attraversarli, come portare la sua croce, e tuttavia sa come
si spegne «la nuda realtà della sete». La realtà della sofferenza
(del dukkha, per dirla con il pensiero buddista) è in quasi tutte
le poesie di Ninnj Di Stefano Busà per superarlo, per raggiungere
il silenzio, la pace. Tuttavia bisogna viverlo il calvario della
vita, fino in fondo, fino all’abisso, fino quasi a scorticarsi l’anima.
«Ogni piccolo filo d ’orizzonte / si ritrae, si ripete la meraviglia / che
serve alla cecità / per estinguere il suo pianto». Versi alti, di una
poetica che resta ai bordi della sofferenza, persino del male dettato
dal destino. Il tragico, ricorda Hoderlin, ha più fato e virtù
atletica, rispetto a ciò che è dùsmoron, privo di destino.
Ma Ninnj Di Stefano Busà vuole liberarsi dal destino, preferisce il silenzio, la libertà, l’apertura d’ala.
La sofferenza è il sottofondo della sua scrittura, ma la liberazione è lì,
a portata di mano. La poesia di Ninnj Di Stefano Busà è bagnata da quella forza contemplativa che ha in sé la rivelazione e il dono è accostabile al ringraziamento che fa di ogni lingua poetica una pietà del pensiero. A volte si ha l’impressione di sentirla quasi respirare, offrirsi all’esterno, all’aperto, all’infinito, essere tutt’uno con la libertà che caratterizza in fin dei conti, la sua poesia.
Roberto Carifi
Sembrano prendersi gioco dell’ora
le sciabolate di luci imminenti.
Ti corre un brivido fragrante di felicità,
quello che s’insinua tra le tamerici e il nulla,
il frutto acerbo era la giovinezza.
Così spalmo l’ineguagliabile acqua serena
sulla fronte del dio, profetizzo altri templi
e sentieri con la stagione del miele,
mentre le salmastre acque
si fanno opalescenti e sorridono al cielo.
***
Nel grido del sole c’è lo splendore
autunnale, stupiscimi col tuo nettare acerbo,
declina i tuoi lembi azzurri
sul portale di memoria
che ci è appartenuta come emozione,
ora radice dilapidata e sofferto dolore.
M’incanta l’ebbrezza, un lungo brivido di pioggia,
le ombre nei riflessi dorati della giovinezza.
con te ritrovo quel doloroso miele dell’abbraccio.
***
Momenti d’erba scioglie la sera,
un desiderio che stringe il mondo
nel suo oscuro moto,
e respira venti di tempesta il suo stupore,
perdendosi nel folto della siepe,
tra ali di ortiche e aquiloni.
Un sentiero di luce costeggia
il sereno dei tuoi occhi.
vi è il respiro frale del giorno,
la salsedine delle marine assolate,
le mareggiate notturne, nel gioco delle trasparenze.
Noi siamo lì con la spietata illusione:
le palpebre chiuse e quella poca argilla
tatuata in seno – ombre celate tra la resina e la pelle –
***
Raggiungere il confine,
misurarne il suo perimetro di pietra,
il tempo che trasmuta in appunti
di diario necessari a immunizzarsi:
ai silenzi, ai tempi, ai luoghi
che si travestono di passato
per escluderci.
***
Può venire solo dal labbro
la parola amata, a piegarci,
senza l’ombra di peccato,
oppure volgere lo sguardo al bene prezioso,
alla tenera notte che artiglia la tenebra,
a custodire quel tuo sorriso
come un sole sbucato dall’inverno,
o regalare la neve come un giorno felice
che arrossisce alla luce.
Di ogni cosa resta la fitta malinconia
sul filo del tempo, a riparo dalla sorte.
***
La notte ha occhi seducenti,
dal sogno evoca l’oro di memorie,
si fanno lente come clessidre vuote
all’ombra delle attese le ore,
alzano vessilli d’alba, reti di dolore,
sfilano come lame sul velluto
le giostre colorate dalla luce,
preparano il giorno al sangue già versato,
agl’immemori presagi della resa.
Sarà ancora dubbio questa disarmonia
di canti? Artiglio delle favole incompiute
scioglie la nera uniformità notturna.
Ogni silenzio è guado in mare alto,
vena di attracco lungo il bordo scuro,
riarso dei ricordi.
E non vorremmo migrare in altri luoghi
che quelli di un cielo di cobalto.
uccelli migratori ora smarriti
non sappiamo chi ci salverà.
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