I muli - Lattari dormono anche
stasera, la fredda colata è nera
e dalla punta di tutte le punte
si muove discreta
un'anca più chiara: il morticino
Luna ci prova a fiatare, ma poi
subito smette ed il ricordo è
martirio. Più sopra, dove
l'abitato è afono, stanno le
tane di chi ha traslocato: bionde,
bruni, giacche ed ombrelli, pari
e dispari, troppo presto o longevi.
Sui miei nonni non ci sono nomi:
la Croce è il nano di due cumuletti
smemorati, la terra una gobba,
il boa digerisce ex bambini
sotto coperta, arca che ruba
alle case con buio rintocco.
I miei nonni sono spenti
in quel letto da anni: papà
volle che fossero zolle senza
mai marmo, i fiori sparsi,
coriandoli anche post martedì grasso.
Ogni tanto un tafano ronza intorno
e li prega. E racconta, piccione
furioso, i giorni di chiusura e
quelli di concerto, il mio ventre
ancora sfitto e l'abito che mi corre
davanti, bianco poltergeist sacro.
E di me in catene che, sciocchina
e sudata, da tempo gli
tendo il patetico agguato.
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