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Elegia crudele per mio padre

di Arben Dedja 

Proposta di Loredana Savelli »

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Pubblicato il 03/09/2013 23:52:11

1.
Ho lavato il mio babbo morto
una mattina di marzo con i geli
d’inverno ancora tra i piedi
e proprio dai piedi iniziai
– acqua e sapone – finché ebbe
odore di detersivo poi tra le cosce
ho sfiorato appena i testicoli in quella
occasione per la prima volta svelati
lo vestii con camicia e abito
il migliore tenendogli ben ferma
la testa che non cadesse sul petto
lo sdraiai quel-senza-orologio-e-senza-anello
gli pettinai i capelli bianchi lo rasai
a secco ansimai con le scarpe
nuove tre-manici-di-cucchiai-cavati e
alla fine gli misi la cravatta dopo
aver fatto prima il nodo sul mio
collo.

2.
Padre mio quando tu moristi
ti tenemmo per ventiquattr’ore
non seppellito a farti gli ultimi
onori una lunga veglia
ma intanto l’inverno lasciava
la terra e così a mezzanotte
spegnemmo il riscaldamento tra noi
raggomitolammo mentre qualcuno
spruzzava con profumi la stanza
il corridoio la cucina l’altra stanza
il mondo intero…

3.
Compianto padre mio quando moristi
fu impresa difficile
farti scendere per le scale strette della palazzina
costruita con i lavori forzati nel periodo
hoxhiano un cugino di settimo
grado arrampicato sulle sbarre
della finestra del vicino si occupò
a dirigere le operazioni il falegname
del quinto piano stramisurò
con un metro gli angoli del calvario
qualcuno martire mise la schiena
sotto la bara ma comunque
la spaccammo lo stesso la lampada
delle scale scalfimmo
l’intonaco mentre tu dentro ti muovevi
sacco di noci ti addossavi sulla testa
che secondo l’usanza
doveva uscire per prima.


Elegji mizore për babanë

1.
E lava babanë e vdekur
një mëngjes marsi me cikmat
e dimrit ende nëpër këmbë
dhe pikërisht nga këmbët ia fillova
– ujë e sapun – gjersa mori
era myshk e pastaj rrëzë kofshëve
sa ia fshika herdhet me këtë rast
parë për herë të parë
i vesha këmishë e kostum
më të mirin duke ia mbajtur
herek kokën mos ngjeshej për gjoksi
bukur e shtriva të paorë të paunaza
i kreha pastaj thinjat e rrova
në të thatë zor e pata me këpucët
e reja tre-bishta-lugësh-shkulur dhe
në fund kravatë i vura pasi bëra
më parë nyjen në qafën
time.

2.
Ati im kur ti vdiqe
të mbajtëm njëzetekatër orë
pa varrosur të të bënim nderet
e fundit një përgjim të gjatë
por ndërkaq dimri po e linte
tokën ndaj e fikëm ngrohjen
në mesnatë ashtu te njeri-tjetri
kruspulluar tek dikush spërkaste
me parfum dhomën korridorin
kuzhinën dhomën tjetër gjithë botën...

3.
I ndjeri ati im kur ti vdiqe
ishte sipërmarrje e vështirë
të të zbrisnim shkallëve të pallatit
me punë vullnetare të kohës
së enverit një kusho
i shtatë kacavarur te telat
e dritares së komshiut u mor
me drejtimin e operacionit marangozi
i katit të pestë i stërmati
me metër këndet e kalvarit
dikush dëshmor vuri shpinën
poshtë qivurit por prapë
e thyem që e thyem llampën
e shkallëve skërfitëm
suvanë teksa brenda ti lëvizje
thes me arra ngjisheshe pas kokës
që sipas zakonit
duhet të dilte përpara.




http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/poesia/kuma13dedja.html

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