Pubblicato il 12/11/2013 15:19:21
Incontrammo in un sogno le calendule e le spine dei cardi, nelle veglie ribellate al flagello di quei tarli del cervello e dei travi di loggiati crollanti mentre donne d'asfalto tratteggiate di quel bianco impazzire delle gambe sconcertavano il nero dei flautisti nei campi. Sono sempre le stesse, le muraglie che s'innalzano in mezzo alle carezze troppo attigue ai minuti ed alle stanze allora stringi forte i miei silenzi e spalmati sui globi delle dita. Pensarti sarà sempre a volte toccheremo ciglia e vette noi due, colori e rotte. Sappiamo che la somatizzazione del precario si annoda alla fortezza del sentire, soffiamo sulle lacrime asciutte del costato cascate giù tra foglie di castagni a sgranocchiarci l'anima. Abbiamo soste e spiagge per amarci e certo sgretolare i nostri pugni dimentichi di drappi e frange dolci. Forze sospese restiamo tesi e stesi sulle frasi sicure della fune che unisce costa e piana. La donna che ti parla ti ama e tace l'impeto che sgrana la sua sanguigna pura per disegnare teche di reliquie inabissarle rifrangerti il sapore delle labbra velo e perle su un filo d'eterno
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