La bimba, fuori dalla placenta,
gheriglio che si scopre,
accaldato dalla custodia,
ecco già avvizzisce.
La bimba, con o senza trecce,
meritava certo altra finitura.
Si industriarono sui nomi, sulle
cure, le movenze, il baco che
non fa seta è piuttosto paradossale.
Meglio allora lo scarafaggio,
nero ed indurito sterco primordiale,
fiorito dal pavimento come un bocciolo
di catrame. La bimba, e tu la conoscevi,
ti reclamava già per se: iridiscente
quanto una stagnola, lucertolina
castana dalla voce in technicolor
e dalle mani già curiose; polipai
intorno ai giochi ed ai parenti,
sette scatole di mattoni e cantieri
di ossa in feroce allungamento.
La bimba adesso è stesa ed
inodore nel suo sudario di
previsione, sogno e supposizione:
non le ronza intorno più di una mosca.
Lei correttamente spenta, perchè non
fumi, come il canale che va oscurato.
La bimba: che bella invenzione!
Arti e pelle appiccicati con vinavil
e date, due lampare dentro gli occhi
da questo mare a quella cava,
lei organo e tendinite.
Adesso tace nella forma
che prendono i muti a cui
mai fu imboccata una parola.
Dimenticavo: mia madre non
spara a salve. Qui, sotto i suoi no,
c'è più sangue che in un'arteria.
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