La casa è mondata: chicchirichì,
osanna! La novellina sguscia
fresca dalla pula, più pulita,
la piccina, di un budello ben
sgasato. Comignolo sturato.
Tutta vergine ed ignara dall'anta
alla cucina: le finestre, tese, imeni,
ombrelli intatti, tube - tunnel,
asciutti sai ave- nodo.
La porta un geco, un prepuzio:
innocente, pia lumaca con la testa imbavagliata.
La casa è battezzata: via il maligno!
Alle tende irrorate con suffumigi, candeggi
ed esorcismi, vanno appese ostie, non liquirizie.
Sui comò dicono Messa, tra i divani il
confessore: tutto splendido e leggiadro,
pù del pranzo, della Domenica, della
ciambella affumicata, Polifemo lievitato.
La casa è spurgata: complimenti.
Clinica dallo smalto perfettissimo,
i muri in tulle, rigidi cigni, il cemento
è smontato a neve. Passa ancora
un turno di straccio intriso di
benedizione, ha lo sguardo d'ispettore
e lo scarico dell'astronave: lì
vanno le stelle, nel cestello,
nella trave, nella fossa, nell'armadietto.
Ma sono io l'orchestrale che dirige
il bianco ospizio con un mostro in fondo al secchio.
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