Nonna, i nostri posti sono foto di
bottoni: tutti lì, fossa comune,
nella scatola blu del borotalco,
spurgo vintage delle asole,
i cordoni variopinti tagliati senza
cura, bava asciutta di orfanezza,
di giovane ripudio, monete a
quattro fori, altre storpie, veterani
ad una gamba, tavoli miniati
evocano gli spiriti.
Nonna, Assergi è un gufo
arrugginito dal tramonto e
sulle sue spire stanno le rocche,
il pennacchio argento della nevicata,
Montazzoli la bugia di un bambino.
Avezzano sta tutta in un paio di scarpe:
il calzolaio fece un buon lavoro quell'inverno.
Nonna hai fatto anche tu quelle scale e
svoltato a destra fra la Chiesa ed il portale
svenduto e detestato? Ora so perchè il
mio ventre non vuole sale e perchè a riva
la mia onda è sempre nebbia, perchè
cerco l'incornata dei temporali.
Io sono la tua bambina, i calzettoni
strozzati sotto il ginocchio, sono
la coccarda, la prima campana di
Agnone, le interiora massaggiate
col prezzemolo, il ruoto ustionato
dalle castagne. Sono l'uva passa
e la candela, il rosmarino evitato
dal gatto e la consolazione.
Nonna che dici il tuo dialetto,
nonna che non dovevi cadere qui,
ma dormire nella neve.
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