LA CUGINA ARGENTINA
- Lo sai che sono scesa a sessantun chili? – disse Clara, imburrando una fetta di pane appena tostato.
- E’ per questo che hai smesso la dieta? – replicò Eugenio.
Clara guardò la fetta che stava avidamente mangiando:
- No, questo non è burro, ma margarina vegetale… – altro morso - … e il pane – gnam gnam – è di segale.
Eugenio sorseggiava il suo caffellatte. Guardò la bella cera della sua Claretta, che portava molto bene i suoi cinquant’anni.
Intanto lei era passata alla marmellata:
- Non mi guardare: è marmellata senza zucchero… aggiunto, un prodotto biologico che dovreste vendere in erboristeria, tu e Gianni!
Eugenio aveva terminato il caffellatte e sbocconcellava un grissino, ovviamente di segale. Intanto Clara aveva iniziato ad affettare un salame. Si giustificò:
- E’ salame nostrano, molto magro, sai?
- Troppo sale… e il sale genera ritenzione idrica! – le ricordò Eugenio.
- Non questo: è “quasi” privo di sale aggiunto, insaporito con pepe in chicchi, aglio e peperoncino. Lo vuoi assaggiare?
- Con la mia gastrite, quando vorrò suicidarmi, lo mangerò.
- Sei debole, di stomaco! Questo non me lo avevi detto…
Eugenio pensò che anche lei non gli aveva detto molte cose: la predilezione per i ristoranti, la passione per i profumi francesi e i gioielli… semplici, ma di valore; la contrarietà a far troppi figli (il loro unico pargolo era stato relegato ben presto in un collegio svizzero “per la sua educazione”), la tentazione dell’alta moda, la preferenza per le amicizie altolocate (“Frequenta chi è meglio di te e rimettici le spese!”). Bene, a Eugenio venne in mente la novità:
- Sai, Clara, dolcezza del mio cuore, tra qualche giorno arriverà una cugina mia e di Tea dall’ Argentina…
- Un’altra cosa che non mi avevi detto! Com’è che avete una cugina in comune e in Argentina?
- Veramente era mio cugino il marito. Invece per Tea è una prima cugina autentica. Non preoccuparti: andranno lei e Gianni a prenderla all’aeroporto e la ospiteranno. Il giorno dopo saremo a pranzo da loro.
- Che fa in Argentina? – chiese Clara.
- Vive di rendita, ma possiede anche un allevamento di vitelli: è ricca e ha pure un filo di sangue blu, non so.
- Forse lo so io: un nonno di Dora, che tu non rinunci a chiamare Tea, era un marchese, quindi anche lei ha lo stesso sangue blu, ma, modesta com’è, non lo dice mai.
In realtà a Eugenio tutta quella modestia non risultava.
- Che età ha? – chiese Clara.
- Credo sia sui cinquantacinque…
- Bene, credo che preparerò un ottimo dolce in casa, mentre tu comprerai i vini, tu sai quali, compreso uno dolce per il dessert: ti consiglio il Porto. Ah, naturalmente pagherai con la tua carta di credito! Io sono quasi al verde…
“Come al solito”, pensò Eugenio, ma tacque, perché desiderava che Clara accogliesse bene quella sua parente straniera. Cosa difficile, perché la sua Claretta era sempre diffidente nei confronti degli estranei.
* * *
Come volevasi dimostrare. Appena seduti in auto per recarsi da Tea (Teodora per l’anagrafe), Clara lo informò che dovevano prima andare a prelevare Maria, la cognata argentina di un amico in comune tra loro e Tea. Un’accortezza di Clara.
E così conobbero la simpatica Mercedes, subito ribattezzata Mercè da Eugenio. Poiché in Argentina aveva lasciato l’inverno, era in pelliccia, ma la regalò a Teodora:
- E’ quasi nuova, ma puoi anche darla ai poveri, se non ti piace, cara…
Poi cominciò a distribuire regali in oro e pietre semipreziose. A Eugenio andò un orologio d’oro e a Clara una collana di corallo. A Teodora i regali migliori, poi le porse una maglia interna di lana, un paio di calzettoni e un reggiseno per metterli in lavatrice alla prima occasione.
Soddisfatta, sedette a tavola, non senza aver prima aperto la cerniera della sua gonna di lana, realizzando un lungo spacco e mettendo in mostra una coscia ancora bella:
- Miei cari, mi sono dovuta alleggerire in aeroporto, appena atterrata, nel bagno pubblico, per il troppo caldo. Ora ho una fame da lupi: mi cambierò più tardi.
Eugenio notò che il suo seno prorompente traspariva un po’ dalla camicetta abbondantemente sbottonata su una pelle bianca, ma si impose di tenere lo sguardo lontano da quella stuzzicante beltà, anche perché Clara, a mo’ di minaccia, cominciò a sbottonare la sua, di camicetta. Invece il povero Gianni, in astinenza forzata da chissà quanto tempo, non riusciva a staccare gli occhi dalla cugina acquisita. Che ci stesse facendo un pensierino?
Maria iniziò una serrata conversazione in lingua straniera, socializzando con Mercedes. Era evidente che la cugina fosse autenticamente argentina. Alla fine le due nuove amiche decisero di esprimersi educatamente in italiano, anche se Mercedes spesso pronunciava parole dialettali della nostra regione.
A un tratto Clara la vide soppesare distrattamente un cucchiaio d’argento, di quella posateria che Dora metteva in tavola per le grandi occasioni. Sentendosi osservata, Mercedes disse che stava ammirandone la decorazione. A Clara sembrò che la decorazione fosse molto semplice.
La bella cugina distribuiva sorrisi a tutti e metteva in campo tutti i suoi ricordi di quarant’anni prima, stupendosi che molte cose di allora fossero cambiate.
Mangiò, si rifocillò, poi chiese di ritirarsi in camera perché morta di sonno dopo il lungo viaggio e per l’ora legale “mooolto” diversa.
Mentre Clara sparecchiava e si accingeva a riempire la lavastoviglie, i due cugini presero a elogiare la gentile e affascinante argentina, compiaciuti che avesse avuto la benevolenza di voler venire in Italia a ritrovare i parenti quasi dimenticati.
Da parte sua Maria garantì che la gentile signora era realmente argentina e aveva vissuto lì per moltissimi anni.
Tutti riguardavano e ammiravano i preziosi regali ricevuti, in particolare Gianni che “in effetti era un estraneo” e invece era stato trattato molto affettuosamente, specialmente quando la ritrovata cugina gli aveva chiesto di aiutarla a togliersi gli stivaletti dai piedi gonfi e doloranti. Gianni si era prestato e si era anche proposto per un massaggio ai gentili e nobili piedini, subito inibito da uno sguardo furente di Teodora.
A sera Mercedes non aveva fame, ma seppe ugualmente apprezzare gli squisiti manicaretti approntati dalla cugina “del mio cuore”, così ribattezzata da lei. Gianni stava per commuoversi.
Lodi sperticate furono elargite a Eugenio per il suo gusto raffinato in fatto di vini e a Clara, per la sua finissima arte pasticcera. Ovviamente tutti furono più volte invitati in Argentina, nel suo comodo ranch in mezzo alle pampas.
Poi tirò fuori il discorso della “degna sepoltura” del consorte: occorrevano duecentomila dollari, circa centosessantamila euro. Lei ne aveva quaranta, altri quaranta erano stati donati o prestati dai parenti suoi. Potevano i gentili parenti italiani concederle un prestito? Gianni disse subito di sì, seguito da Eugenio e Teodora.
Questa si propose per un prestito sulla parola di ben cinquantamila euro, al che Eugenio, in un afflato di simpatia e generosità, promise ventimila euro. Un’occhiata terribile di Clara lo fece ripiegare su diecimila subito e diecimila dopo un mese, a seguito della riscossione di alcuni crediti.
La cugina se ne compiacque, affermando che avrebbe trovato i rimanenti diecimila sul suo conto, al rientro in Argentina, quali proventi della sua attività di allevatrice di bestiame.
Il mattino seguente alle nove e trenta due assegni, di cinquantamila e di diecimila, furono versati in banca per un bonifico sul conto argentino di Mercedes.
Quando Eugenio disse a Clara che si era vergognato per aver prestato così poco in confronto a Teodora, Clara lo fulminò con uno sguardo. L’argentina peraltro ebbe la finezza di rilasciare due ricevute ai cugini, debitamente firmate.
I banchetti proseguirono per alcuni giorni, sino al sabato. L’abbigliamento della cuginona era sempre più elegante e leggero. Arrivò persino a prendere il sole in terrazza nel suo stringato costume da bagno brasiliano (“lo indossava solo a quello scopo e solo tra parenti”, precisò).
Gianni smaniava sempre più, mentre Eugenio divenne più focoso, con Claretta:
- Cara, ti piace la nostra simpatica cugina?
- Mmah! – rispondeva Clara.
Per la domenica la cugina aveva chiesto un pranzo semplice ed economico: la pasta con le sarde. Mentre le donne pulivano pazientemente le sarde freschissime procurate da Eugenio, gli uomini poltrivano in terrazza, guardando con nostalgia la sdraio ove le belle membra aveva posto la simpatica argentina. Gianni arrivò persino ad accarezzare delicatamente lo schienale.
Il sole era alto, ma la bella dormigliona non si alzava.
- Colpa del fuso orario! – la giustificavano gli uomini.
A un tratto Teodora chiese:
- Dove hai messo l’argenteria, Clara?
- Non l’ho riposta, Dora: l’ho solo tolta dalla lavastoviglie, asciugata e messa sul tavolo. Solo tu sai dove la conservi.
Teodora era perplessa:
- Io non l’ho conservata…
Clara lasciò la sardina a metà, si pulì rapidamente le mani, nel silenzio di tutti, poi salì da Mercedes. Bussò più volte e infine si decise ad aprire: la camera era in ordine e vuota.
* * *
Non fu possibile in alcun modo recuperare gli assegni o reperire la presunta cugina, che tra l’altro pare fosse deceduta insieme al marito in un incidente.
I gioielli risultarono di ottone placcato oro, le pietre di ottimo vetro colorato e la collana di corallo di pessima qualità. Naturalmente la pelliccia si rivelò “ecologica” e di cattiva fattura.
Teodora per rabbia le suonò a Gianni, Clara pretese la restituzione dei diecimila da Eugenio:
- In fin dei conti la “cugina” era tua e tu ti sei sciacquato gli occhi a guardare le sue nudità!
L’amicizia con la pericolosa Tea (adesso anche Clara la chiamava così) fu messa da parte per un po’ ed Eugenio fu temporaneamente cacciato dall’alcova matrimoniale.
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