Pubblicato il 03/06/2009 20:32:19
Io, sulla mia croce
Anche l’ultima candela si è spenta poi Col fumo che sale sinuosamente in alto Verso quell’immensità che provo ad acchiappare, io Come un bambino che vuole quel che vede Eppure le mie mani restano vuote – sfiorate dalla silenziosa solitudine Che riempie questa stanza, invisibile tuttavia percepibile Le mie mani restano lì allora,come impalate in aria Mentre l’ultimo fumo si dirada definitivamente – come un addio mancato E lacrime di malessere colano improvvisamente Al richiamo strozzato d’affetto o d’amore o di quel che sia Un richiamo che proviene da quel vuoto stesso Che dentro di me m’ha stretto violentato e ucciso Eccomi dunque, un fantasma che si ostina a blaterale ancora – rendendosi ridicolo Mille bugie che mi hanno donato un vestito di cartapesta Con cui coprirmi in quei grigi giorni di desolazione Ma eccomi nudo, invece – mentre tremo Crocifisso su legno grezzo o diamanti appuntiti – tanto non v’è differenza Per non volermi piegare al volere del destino Quel destino che mi ha rubato persino l’ultimo afflato di fantasia Eppure una storia è già stata scritta per me – a prescindere che io sia d’accordo o meno Una storia destinata a mescolarsi ad altre mille e mille ancora Per poi ritrovarsi sempre ed inesorabilmente da sola Sotto pallidi soli o solitarie lune – come pensieri fuggiti oltre la percezione Al pari di me, su quella croce – là, da qualche parte tra straniere nebbie Quante domande senza risposta E quante risposte vane o inutilmente attese Che bruciano là – non molto lontano dalla verità Senza poter avere nuove possibilità Non c’è mai una seconda volta Specialmente quando non c’è mai stata la prima E le preghiere non servono a niente E appaiono come parole di fumi puzzolenti soltanto Rintocchi di campane severe mi spaventano E pianti dimenticati tornano a farmi visita – in questo presente sfocato Mischiandosi a sacrifici che si levano al cielo Per divenire lotte contro le oscurità della mia anima Come pugni battuti su porte chiuse Lasciando impronte che sanno di sangue Che restano lì, anche nel domani – disegnando figure contorte Che solo il cuore avrebbe potuto interpretare Ed io Io continuo a battere i pugni contro quelle porte Alle quali s’accompagnano grida dal mio animo Che fanno emerge quell’animale solo e ferito che c’è in me Come di chi sta per morire E vuole lasciare un ultimo lamento Che il mondo – quel mondo così lontano e sconosciuto per me Possa ricordare un giorno qualsiasi Lotto e combatto e mi ritrovo sempre allo stesso punto Come un angelo ancora lontano dal trionfo Perso nelle supposizioni evanescenti di un amore proibito E contornato da mere superstizioni umane Dove niente ha senso – neanche il mio nome Perché solo la pazzia sfiora quella cecità indotta Nella quale vivo perennemente, io Dove le scuse pungono con i loro aghi delicati tutto quel che è rimasto Tramite le proprie recriminazioni inespresse E quelle condanne che m’hanno torturato già Mi sfondano il cuore una volta per sempre, in maniera così desolata Che non posso non farmi uccidere una seconda volta – sperando sia l’ultima E la strada, la mia strada – di asfalto bagnato È ancora lì, vergine – in attesa di essere percorsa da me Ma io Relegato nell’ angolo più tenebroso della mia stessa prigione Fuggo da tutto e tutti perché niente ha più un significato per me Niente è più in grado di farmi restare attaccato all’ultimo filo di vita Che mi sta abbandonando, oramai Come un aquilone perso che vola verso nuvole distanti e famigliari Dietro ad ogni cosa vedo inganni soltanto E dietro gli inganni ci sono solo perfidi ghigni da pagliacci Che seguono lo scoccare delle ore – ore che passano, semplicemente E allora non mi rimane che appassire sulla mia stessa croce Per l’incapacità di accettare di attendere e di piegarmi Per non essere capace di recitare una parte che non è la mia Io, come il primo dei veri peccatori – o l’ultimo, forse.
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