Brillano gli occhi chiari di ricordo
se mi chinassi verso la fotografia
li sparpaglierei come lucciole sottili
alla fine dell'estate
che s'addormenta sotto l'albero del tasso
con le braccia lungo i fianchi. Lei risale
tenendosi alla vita un mezzo giro
su se stessa
col battacchio della ciotola fa il suono
e mentre dura a lungo sta sospesa
con fatica, con fatica estrema
sollevando un ramo innominabile
quando tocca terra ed è già tutto
in piena luce nel suo pettoscuro
a coprire generazioni di dolore
una pressione che la sfonda
sullo sterno
una fitta lenta nel diaframma
ferma il mondo
con l’aiuto di nessuno- dove viene
con la neve che si ferma, che s'allenta
con la pena -ancora viva-
succhia il verde ultimo di vita
come fosse un albero la cima
non è più dato piangere sull'urna
della sera
si sono fatti segni di una ruggine
che delineano un sorriso in fondo al cerchio
e due viti sopra i bordi nel risplendere
sembrano i suoi occhi che si vedono..
sfioro quella madre che contiene
otto ninive scritte con la cenere
i suoi gioielli ancora dentro, una magia
fa vacillare in tempo
il tempo
facendosi di carne tra le dita
finchè le mani passano. a far male
un'altra volta
leggera come un'anima
la tocco
come se avesse della vita adesso
deciso il perchè si muore
dove finisce il suono nella ciotola
è l'ora del mio passo che la porta
al punto in alto della prima luce
io mi abituo al buio che ricavo
nel rosso della gola fino a sera
quando un gesto nuovo si propaga
e vi immerge profondo il suo sorriso
per Noi, non è cambiato niente.
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