La follia che rianima le ossa
a spada tratta
gonfia i petali del fiore che ha preso il largo
lasciando il suo nome sulla sponda
smemorata del prato
come vele di seta azzurra
non lo chiamerà nessuno rispettando la sua fretta
di rggiungere il luogo dove sua madre lo diede al mondo
senza che il mondo fosse una cosa diversa dai suoi occhi
o prima che fosse pronto ad aprirli
una scheggia una saetta il suo volteggiare
spargendo i semi della sua paternità prossima
al vento prematuro nelle sue presunzioni d'innocenza
chi ti ha colto? chi t'ha dato il dono del volo?
una mano una ragazza riccia
colpevoli di troppa parsimonia
hanno contato i lati ad un cerchio
inesperienza a suffragio universale
il tentativo di sapere dell'amore
da un numero dischiuso di versi
lo stelo come un timone tra le dita fragili
a cavalcare l'aria ancora poche zolle inossidabili di distanza
una bolla di sapone la corolla un volante
a combattere col caso la scelta della propria direzione
le unghie che forniscono la spinta necessaria al primo graffio
poi un soffio e la prospettiva che cambia dall'alto
un testimone dice ho visto tutto
ero io solo un po' più giovane
più magro e con i polsi integri
è stato il suo polso a cogliere quel fiore
ma la mano non l'ho vista
è uscita di scena quando l'ha passata tra i capelli
belli come un mare mosso
scostati dalla fronte per soffiare meglio e attraverso
la flessione dello spazio che comportava
il suo temporaneo abbandono
a quei pensieri per cui ci si scopre fragili
se qualcuno ci osserva di nascosto
e lo si coglie sul fatto
e allora è meglio chiudere darci un taglio
e tornare ad indossare le consuete maschere
perchè gli occhi hanno bisogno della luce
quanto dell'ombra per poter mettere a fuoco
e l'occasione fa la donna ladro quanto l'uomo
lo sto mandando esattamente dove voleva andare
le tue parole con quella voce speciale
che si fa ascoltare come lo scroscio di una piccola cascata
la destinazione ultima la raggiunse
proprio oltre il mio sguardo
in un campo perfetto
per accoglire un fiore smarrito.
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