L’ INSORGENZA DEL SUONO
Per un ascolto plasmabile e rigoglioso
di Anna Laura Longo
L’insorgenza del suono è il titolo dato a un ciclo di labirintici incontri basati sul tema dell’Ascolto, con particolare riferimento a quelli che sono gli aspetti multisfaccettati e dinamici della contemporaneità, da vedersi nelle sue molteplici declinazioni. Parlare di contemporaneità, attraversandola, vuol dire collocarsi a ridosso di una specificità di materiali, linguaggi, espressioni, ma vuol dire anche riscontrare delle peculiarità intriganti e mutevoli negli aspetti collettivi del vivere, facendo i conti con la fluidità o magmaticità del reale.
I destinatari e le destinatarie degli incontri suddetti sono stati invitati/e a compiere, nell' insieme, passi di approfondimento non soltanto sul piano puramente sonoro e musicale ma, più ampiamente, sul piano della percezione e dell’interconnessione tra forme e pratiche artistiche, con il desiderio di sviluppare possibilità integrate di approccio allo studio, seminando- avventurosamente - ipotesi di “aperture sul mondo”.
La necessità di affacciarsi sull’oggi è affiorata come una necessità libera e cogente al tempo stesso. La spinta, dal punto di vista della riflessione, è stata offerta dalla volontà di stabilire una correlatività significativa e intensa tra l’individuo odierno e la complessità delle sue produzioni (produzioni artistiche nella fattispecie ), affondando i passi per l’appunto nella tipicità e nella salienza del presente, di cui noi stessi siamo in fondo degni e degne rappresentanti , figure in vario modo - e a vario titolo - compartecipi.
Del resto è compito di una formazione allargata e improntata a varietà e pienezza sopperire a quella tipica tendenza di impostazione educativa che va a muoversi, soprattutto e purtroppo, per offuscamento, eludendo quindi interi periodi, figure e argomenti, circoscrivendo in pratica il raggio d’azione intorno a tematiche statiche e talvolta meramente replicative .
Dal punto di vista musicale il lavoro prospettato è stato animato da un’idea basilare : quella di volersi ritrovare a indagare e fare esperienza di come il suono possa , volta per volta - e con magnifiche differenze - insorgere e manifestarsi, all’interno di specifiche composizioni, ma altresì nella fluidità dei paesaggi e nella plasticità degli ambienti esterni.
Ciò che appare a mio avviso attraente nell’espressione “ insorgenza del suono”, impiegata nel titolo, è il fatto che essa possa far riferimento al primo, improvviso e inequivocabile, manifestarsi di un sintomo. Trasferendo dunque, con elasticità, la riflessione nell’ambito propriamente artistico essa è facilmente servita a esprimere e indicare il primo manifestarsi del sintomo di un’idea, di un’intenzione o forma-pensiero trasformabile, per l’appunto, in fatto musicale riconoscibile ( quindi ascoltabile, analizzabile e variamente degustabile).
L’esigenza prioritaria è stata di certo quella di abbracciare la tematica dell’ascolto seguendo un criterio decisamente perlustrativo, trasformando l’ascolto stesso in una vicenda corposa e vivida, oltreché perlustrativa.
Accanto alla necessità di provvedere a una connotazione generale e aperta dell’ascolto stesso, per ciascuno/a si è fatta spazio l'occasione di individuare e far propria quell’unicità che circonda il Tempo d’ascolto, da vedersi come tempo di profondità possibile.
Soffermandosi soprattutto su quest’ultimo aspetto è stato possibile invero approdare a un’ipotesi – anzi a una formulazione - di una personale plasmabilità.
È importante sottolineare infatti come il Tempo d’ascolto possa farsi a tutti gli effetti plasmabile, rivelandosi denso e maneggevole, affiorando, in quanto tale, come tempo scalpitante e vivo ma, in parte, anche “ mirabile” poiché disgiunto o non troppo sfiorato dal rischio incombente dell’ordinarietà.
Tempo dunque non soltanto approfondito e accurato ma, aggiungerei, rigoglioso.
Ogni volta che si manifesterà una qualche disponibilità a immergersi in una valorizzazione temporale di tale natura automaticamente si sarà propensi a rivolgere un'attenzione specifica verso interessanti forme di "responsabilità", riguardanti per l'appunto il soggetto ascoltante.
E a ben vedere tra tempo d’ascolto e sua plasmabilità potrà collocarsi la produzione di un adeguato assestamento o auto-assestamento, per un’intensificazione non solo dei risultati ma, più in generale, dello stare .
In ogni caso tornando alla questione della plasmabilità del tempo d’ascolto, mi piace aggiungere che essa tenderà quasi sempre a includere anche un aspetto ulteriore e quanto mai rilevante, quello della DESIDERABILITA' di quel tempo specifico o quanto meno una componente minima di predisposizione verso una permeabilità possibile.
Per meglo specificare direi una volontà (o atteggiamento ) di permeabilità, tale da lasciarsi lambire e attraversare.
Altra cosa sarà tuttavia il vero e proprio abbandono, vale a dire l’affiorare di componenti squisitamente emotive, di cui qui non parleremo diffusamente.
Ma in definitiva, l’avvicinamento a un concetto di desiderabilità potrebbe lasciar trapelare una sorta di “ fame d’ascolto “?
Non siamo lontani dal prospettarlo. Anzi restando in una costruzione di metafore legate alla magia del sensoriale non sarà fuori luogo suggerire o immaginare anche un possibile aroma o SAPORE d’ascolto. Com’è evidente viene in questo modo ad essere sviluppata una sottolineatura della pista degustativa e attrattiva dell’ascolto stesso.
D’altra parte poiché la prospettiva – ascolto può segnatamente ampliarsi, ma di contro restringersi, diremo anche che, sul lato opposto di una desiderabilità e permeabilità possibili, troveremo invece quelle soglie blande di avvicinamento al suono e ai materiali sonori, che si configurano come "soglie di attutimento" o indebolimento, responsabili probabilmente di semplici parvenze di ascolto.
Stiamo parlando di quei casi in cui potrebbe effettivamente registrarsi un’inclinazione o impoverimento dell’ asse d’ascolto, non solo sul piano della dimensione attentiva, ma anche su quello dell’effervescenza qualitativa.
In ogni caso la questione di una personale plasmabilità del Tempo d’ascolto porterà chiaramente alla ribalta un ben noto passaggio: quel passaggio che conduce dall’esistenza di un tempo d’ascolto da vedersi nei suoi aspetti assolutamente generali alla corposità e consistenza di quello che potremo definire “ il mio “ o “ tuo “ tempo d’ascolto, soggettivabile, vale a dire riferibile a una singolare e soprattutto non neutra o vaga esperienza.
La parola corposità ben si addice al delinearsi di una reale soggettività ed esclusività e difatti esclusivo è il corpo, le sue tracce e le sue plurime esplicitazioni.
Scrive Oliver Sacks in Risvegli ( Biblioteca Adelphi - pag. 263 ):
“ Non c’è nulla di vivo che non sia individuale: la nostra salute è nostra, le nostre malattie sono nostre, le nostre reazioni sono nostre, non meno nostre e individuali della nostra mente e della nostra faccia. Salute, malattie e reazioni non possono essere capite in vitro, da sole; possono essere capite solo se riferite a noi, quali espressioni della nostra natura, del nostro vivere del nostro esser –ci ( Da-sein )”
L’interesse di Oliver Sacks ( neurologo, chimico e prolifico autore ) è notoriamente rivolto verso fini e scopi terapeutici, pertanto è prevalente nei suoi scritti un riferimento alle modalità di manifestazione, sviluppo, cura e sensibile lavorio nel terreno della malattia e dell’ uomo. Si potrà trascurare questo aspetto, che esula dai nostri peculiari interessi, tuttavia sarà utile fare riferimento e affidamento alle forme di reattività, di cui egli offre interessanti spiegazioni e delucidazioni, frutto di pratiche sperimentali.
Ad ogni modo la questione nodale resta proprio quella dell’esser-ci, del ritrovarsi.
Dove, ci chiederemo? Nel nostro caso lo scopo è stato e sarà quello di ritrovarsi adeguatamente intenti e intente a dare corpo e sostanza a una RILEVANZA personale dell’ascolto e del nostro Tempo - spazio d’ascolto. Tale attribuzione di rilevanza non coinciderà esattamente con un “ riconoscimento di qualità “ nel tempo d’ascolto medesimo, ma se ne farà tuttavia, in parte, garante.
E diremo anche che una rilevanza in tal senso non soltanto è possibile, ma è da considerarsi nettamente disgiunta e distinguibile dalla mera dimestichezza o abilità ( abilità col suono e con le sue pratiche, con le sue caratteristiche e manifestazioni ).
Il tutto, lo ribadisco, a patto che si voglia esser lontani da un’ipotesi di ascolto che sia acerbo o addirittura “ friabile “ , dunque indebolito nei suoi aspetti nutritivi e penetrativi.
Dare quindi delle coloriture sostanziose, anzi un vero e proprio spessore all’ascolto, può voler dire porsi nella condizione di cogliere, altrettanto sentitamente, le coloriture e lo spessore che sono insiti nella pagina musicale o nell’opera in generale, anche extra - musicale, s’intende.
Di conseguenza può voler dire abituarsi a imbastire e generare forme egregie - e perché no memorabili - di vicinanza. Una piacevolezza nella vicinanza.
Ma aggiunge poco più avanti Sacks nel suo saggio :
“Noi abbiamo un carattere nostro, ma partecipiamo anche del carattere del mondo: il carattere è monadico e microcosmico, mondi dentro mondi dentro mondi, mondi che esprimono mondi”.
Non può essere dunque elusa la necessità dell’affioramento di un potere espandibile, un potere di allargamento, che sottenda un modello di congiunzione possibile per l’appunto tra la (o le ) suddette soggettività e quelle che sono invece le ampiezze del mondo o dei mondi sonori possibili, racchiusi e individuabili proprio nel novero dell’ascoltabile o dell’udibile .
Questo passaggio consentirà fattivamente di dare un’estensione non irrilevante al tema in questione, una sorta di reale amplificazione.
Di pari passo verrà spontaneo osservare come, a seconda dei casi e sulla scorta di quanto finora detto, possa emergere per ognuno dei soggetti in ascolto un buon grado o gradiente di scorrevolezza. Sarà anzi auspicabile ipotizzare volta per volta una garanzia di scorrevolezza dinanzi al prodotto sonoro, una scorrevolezza che riguarderà da un lato il materiale musicale vero e proprio, ma dall’altro e per l’appunto l’ esperienza in sé, il vissuto legato all’eterogeneità e ricchezza del flusso d’ascolto.
A ciò si aggiunga infine la possibilità di aderire strada facendo a un compito non trascurabile : quello di essere cogeneratori e cogeneratrici di una costante e agile evoluzione dell’ascolto stesso, evoluzione in grado di offrire segnatamente incidenza alla composita configurazione del gusto estetico- musicale ( su questo fronte contano di gran lunga le fatidiche influenze esterne ).
Non ho affrontato invece la questione del potere di cattura del suono che va ad unirsi all’importanza e al senso di pervasività dell’opera musicale giacché l’attenzione, in questo caso,voleva esser portata non sull’ ingranaggio sonoro vero e proprio, ma sul ruolo e sulla responsabilità che possono e potranno avere i numerosi e variegati costruttori e costruttrici dell’ edificio- ascolto.
Il discorso nella sua articolata e vibrante complessità punta a raggiungere un’ideale AMPLITUDE, termine di lingua francese che contempla evidentemente una vastità di prospettive.
Ovviamente il coraggio di una amplitude da dare al proprio ascolto potrà coincidere con un’ amplitude da donare anche a se stessi/e.
Stando così le cose non è escluso che il nostro personale percorso, anche esistenziale, avvalorato da adeguati tragitti e esperienze, possa essere toccato da connotati o segnali di una qualche pregevolezza o bellezza.
(Gli incontri incentrati sul tema dell'Ascolto, con particolare riferimento alle ricerche compositive e strumentali della contemporaneità, hanno avuto luogo presso lo studio-atelier Territorio di stimolazione sonora/ Polo di ricerca e formazione artistico musicale in Roma )
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