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Lettera al mio papà

di Valentina Grazia Harè
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Pubblicato il 28/03/2014 18:48:45


Non ci sei più, ma il modellino della barca è ancora in piedi. Tutti i tuoi libri mi raccontano di te: li leggo come una seconda ondata della vita: ho da apprendere lo splendore di vivere dal ricordo del tuo sorriso e del tuo amare forte la vita, anche se avevi dimenticato le parole uscire, correre. Ma avevi lo studio arredato di ancore, timoni e altri piccoli avvii al sogno, che ti facevano un viaggiatore anche se apparentemente immobilizzato dalla tua malattia. Viaggiavi verso i cuori della gente, li conquistavi: eri il pioniere dei cuori vuoti, soli, di quelli che non vincevano mai. Tu posavi una luccicante corona sulla loro solitudine, tu ci stavi con la loro tristezza, la arricchivi col tuo sorriso.
E cosa dirti, Papà? Le mie amiche ti ricordano come l’esempio della forza di un eroico quotidiano, valoroso nel profondo. Psicoterapeuta per passione, padre per vocazione tenerissima e viaggiatore per conoscere tutto quello che c’è quando si chiudono gli occhi. Steso a letto mi parlavi di terre bellissime: quelle illuminate dalla sensibilità, quelle terre che sembrano giornate d’estate che durano e che non vogliono chiudere i loro occhi. Io ti ringrazio per avermi regalato tutto questo tesoro che non si spegnerà mai… Io lo parlerò, lo dividerò come il pane per far crescere la bellezza dei miei giorni e di coloro che amo.
Avevi un fare principesco che si inchinava davanti a tutti, forse per il semplice atto indimenticabile di dare una mano a chi non era stato mai ascoltato, né dalle persone, né dalla vita. La tua anima c’era per il loro dolore.
Sento lo sciabordio tenue delle tue parole, lo ritrovo nella riva dell’oggi che mi tocca i piedi e mi insegna che ogniqualvolta mi verrà voglia di ascoltarti, tenderò l’orecchio al mare e ti troverò, con i tuoi sogni azzurri e sfumati di lontananze, dove si perde la terraferma e si comincia a camminare tra nuvole felici.
Cosa mi dici dal tuo cantuccio caldo e celeste? Di certo sei felice perché sognavi di attraversare il blu del mare e ora attraversi il cielo. Questo cielo che anche da vivo portavi nello sguardo con quella bellezza che solo i piccoli dell’uomo hanno.
Leggo i tuoi libri e ti trovo in una data, in una firma, in una dedica… Questa lettera è una chiacchierata con te, ma non c’è una data perché tu sei sempre; non c’è la mia firma perché la mia firma sono queste piccole lacrime che ti inventano accanto a me. E la dedica è la mia vita: la volgerò alla dolcezza del tuo ricordo e la farò diventare incantato presente.
Caro Papà, e così è Natale senza di te… ma poi mi guardo attorno nel tuo studio e mi sembra tu mi sia di fronte e che tra un attimo mi abbraccerai come una volta quando ero spaventata dal mondo, una ragazzina ribelle e fragile: abbraccia ancora dall’alto questa ragazzina… e io sentirò le onde parlarmi del tuo amore perché in effetti la vera festa, quella che non ammutolisce mai e canta in me, è stata e sarà sempre averti avuto come papà

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