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Testi poetici tratti da Livorno e Terra estrema

di Mauro Germani
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Pubblicato il 08/07/2013 09:48:05

da  “Livorno” (L’arcolaio, 2008 I ed; 2013 II ed.)

 

La morte che era nei Fossi

e quel futuro

quella parola nera

caduta per poco …

 

Restavano in silenzio gli anni

le cupole alte della notte

e le ceneri, gli avvisi

del tempo.

 

Restava così

la novella del mare

Livorno ed ogni voce

il mio pianto

in fondo al tuo nome.

 

*

Il duomo bianco nella notte

come un nome abbandonato.

 

E poi quel lamento del cielo,

i balconi accesi

nell’attesa,

sul precipizio del cuore…

 

Oh, lacrime senza volto,

fuoco d’esilio

e d’insonnia, congedo

di tutto l’universo!

 

Non c’era il tuo sguardo

a dirmi chi ero.

 

*

Chi ti rubava, chi ti sognava

quando nascondevi il tempo

e mi dicevi: “Resta ancora così,

resta in questa novella

bambino solo per me,

solo senza mondo,

attimo perduto della mia voce,

segreto del mio sangue.

Resta nel nulla che ami,

piccolo capitano del cielo,

piccolo fiore di vento …”.

 

*

Il mare che chiamò

nella Fortezza

e subito divenne battito

in nome del tuo nome,

voce d’acqua

assediata dal tempo

e sempre

sempre leggenda

viso senza dimora,

febbre alta

nel cielo scoperto.

 

*

Livorno così lontana,

così nuvola e porto

senza più case

e persone

al culmine del mondo.

 

Ma d’improvviso

un vento si alza

ed è sogno, terra

appena di luce

appena di vita

 

prima dell’onda.

 

 

 

da “Terra estrema” (L’arcolaio, 2011)

 

Là dove il corpo appare

nella fredda fiamma

del nulla

o più lontano in fondo

nel pozzo segreto

e senza nome,

ecco l’attrito

ecco

il lampo improvviso e vero

che dice adesso,

adesso è il destino,

guarda,

ancora trema

è qui, è in te

ancora per poco,

prima del buio.

 

*

La bellezza che non sai dire

e le vene, tutta l’infanzia, gli anni,

gli anni a capofitto

in questo

gettato divenire,

questo abisso che hai amato

in silenzio, tu

altro da te, altro nell’altro,

solo, a frantumi,

nello specchio rovesciato

del mondo.

 

*

Com’è il cielo dei morti,

la loro leggenda.

 

Come sono i lumi

allineati nell’ombra,

i volti lontani,

quegli addii senza parole.

 

Come tutto è fermo

negli occhi, tutto

nell’ora che chiama

e li sceglie, l’innalza

nel pianto per sempre

senza di noi.

 

*

Adesso che Dio non c’è

ed è senza nome

l’edificio del mondo

vanno vanno i fiumi

nell’ora che tramonta

soli nel loro

destino segreto

là dove anche il mare

è nulla,

bocca che inghiotte

ogni mistero

 

e tace.

 

*

E’ aria sollevata

la luce che colpisce

il mondo,

paura nei passi distinti,

occhi

che hanno la vita.

 

E’ taglio aperto

in un grido,

spettro del corpo

senza una casa.


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