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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Precauzione inutile

Narrativa

Marcel Proust (Biografia)
Passigli Editori

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 10/07/2009 00:03:00

Ai nostri giorni, quando un autore vuole presentare al pubblico, ed agli eventuali lettori, un libro pubblicato, si presenta a quanti più programmi televisivi riesce, mostra alle telecamere la copertina del libro e cerca di fare più sensazione possibile, sul contenuto dell’opera si sorvola, a parte qualche breve accenno, per concentrarsi sul titolo – che il lettore/consumatore deve ricordare – e sull’immagine della copertina che deve essere il più ammiccante possibile. Se l’editore del libro crede veramente nel “prodotto” si fa in modo che vinca anche un bel premio letterario e così il libro avrà la sua bella stagione di gloria, in molti lo acquisteranno e, forse, ma è una inutile inezia, leggeranno, se poi al lettore piacerà conta assai poco, ma ciò che conta ancor meno è come il libro è scritto: grammatica e sintassi sono inutili orpelli, simpatiche decorazioni, ma non bastano a trasformare l’opera in danaro. In altri – migliori e rimpianti – tempi, in cui l’odiosa televisione non esisteva come avrebbe potuto uno scrittore costretto a letto ed immerso nella macchinosa scrittura di un romanzo-cattedrale, che cresceva a dismisura sotto la sua febbrile penna, far conoscere la sua opera (preannunciata dalle precedenti) ai lettori? Non saprei dire come fecero altri, di Proust, invece, lo so, da tutto il materiale con cui stava creando “La fuggitiva”, scrisse – e pubblicò – un “estratto”, questo “Precauzione inutile”, che non è un riassunto, o una parte, ma un romanzo compiuto, una specie di assaggio per il lettore impaziente, e dovevano essere molti. Il contenuto di molte pagine è ovviamente sovrapponibile a “La fuggitiva”, soprattutto nelle parti meditative e più segnatamente relative al rapporto con Albertine, mentre è emendato delle parti mondane e dei ricevimenti dei Verdurin e dei Guermantes, tuttavia il parallelo con “La fuggitiva” rimane saldo sino all’ultima pagina con il lapidario annuncio di Françoise a chiudere entrambi i libri. Ciò che è narrato è quello che si potrebbe definire il dramma della gelosia, il Narratore torna precipitosamente da Balbec e porta con sé la amata Albertine, per toglierla da un ambiente che la potrebbe indurre al vizio ed averla tutta per sé tra le pareti domestiche, credendo di vedere sopita quella gelosia che aveva reso angosciose le giornate a Balbec. Ma per Proust amore e gelosia sono inscindibili, e ad ogni profferta o dichiarazione d’amore e sincerità da parte di Albertine, al Narratore si schiudono nuovi e terrificanti scenari in cui l’amata si concede ad altri uomini, forse anche donne facendo riaprire e sanguinare ferite che il Narratore pensava dimenticate per sempre. Con un meccanismo analogo a quello messo in atto da Swann con Odette, il Narratore tenta di carpire informazioni sulle frequentazioni di Albertine con mezze frasi buttate quasi casualmente, ma in realtà ben studiate, per dimostrare scarso interesse all’amata e far sì che ella confessi le peggiori nefandezze. E lo stratagemma funziona, gettando l’innamorato nello sconforto e nel dolore. La narrazione prosegue mostrando le giornate di un uomo costretto a letto più che dalla malattia fisica da quella sentimentale, le cui giornate passano all’insegna del sospetto e della sofferenza. Egli giunge a far accompagnare l’amata Albertine dalla migliore amica o dal fidato autista per farsi poi riferire tutti gli spostamenti e gli incontri della “prigioniera”, ogni accenno ad un incontro che potrebbe indurre la ragazza nel vizio e una fitta nel cuore del Narratore. Viceversa nei momenti in cui il protagonista è sereno e sente di poter stare tranquillo perché la ragazza non può commettere infedeltà, il suo amore svanisce velocemente ed egli si dice che in fondo non valeva la pena soffrire così per una ragazza, fa il proposito di lasciarla, intraprendere un viaggio, lavorare, insomma lontano dalla gelosia e dall’amore può condurre una vita reale. Ma appena le fitte della gelosia si fanno risentire, improvviso torna a sorgere anche l’amore e con esso la sofferenza, il desiderio di legare ancor più a sé la ragazza anche con regali iperbolici, quali una Rolls-Royce o addirittura un aeroplano.
Nel corso della narrazione la vita nell’appartamento – immagino Boulevard Haussmann, 104 - viene descritta come probabilmente lo fu realmente, da un lato con tutte le piccole manie di Proust, sulle ore di riposo, sul divieto di fare rumore sino al suo risveglio, e dall’altro con la grande sofferenza d’amore che lo scrittore provò molto probabilmente per il suo fidato autista-segretario, Agostinelli, la cui vita si sovrappone in molti punti con quella di Albertine.
In questo volume, così come ne “La prigioniera” Proust dispiega agli occhi del lettore la sua enorme capacità di indagine psicologica, egli sonda con abilità e precisione chirurgiche il cuore del geloso innamorato, già come aveva iniziato a fare in “Un amore di Swann”, ci presenta quelle alternanze, quelle famose intermittenze proustiane, di un cuore innamorato, che alterna attimi di calma illusoria ad altri di terribile sofferenza, in cui la gelosia analizzando ogni minima frase od atteggiamento si auto-alimenta. Ma la gelosia nell’alimentarsi dà vita anche all’amore, che per Proust è inscindibile dalla gelosia, potremmo addirittura dire inimmaginabile senza gelosia.
Leggere un testo di Proust è sempre un’esperienza sensoriale, dalla lettura la mente evoca gli altri sensi e le frasi hanno via via un profumo, un gusto, un loro aspetto tattile che rende la lettura unica, ed in questa sorta di estratto, di miniatura di una più ampia opera tutto questo gusto resta intatto, la stoffa è quella del capolavoro, anche se qui proposta in scampolo, di fronte a “Precauzione inutile” ci si sente come quando si osserva un piccolo battistero, accanto ad una imponente cattedrale, esso ci appare minuscolo a confronto dell’edificio maggiore, ma ad una attenta osservazione esso è creato dallo stesso architetto, costruito nello stesso modo e decorato dagli stessi mirabili ed insigni artisti.

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