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Varchi del rosso di Rita R. Florit
Nel maggio arioso avrei pensato
un cielo allontanato dal biancore
surfactante, in interiore celeste tessuto,
in cerca di una quieta via di bruchi,
di insett’assalto ai pollini dorati,
d’onnipresente cinguettar dell’aria
in disperati morsi al cuore delle attese.
Nel centro avviluppante della luce
è il senso vellutato delle rose muscose e
variamente inclini a spudorata offerta
ai varchi più funamboli del rosso;
fiammanti più che roghi circoscritti,
esili nel levarsi fil di fumo
d’antichi cori funebri e cinerei…
Altro senso, alto, affinato, pago di curvature,
in folto percorribile carminio, rorido,
mai sazio di lucore in lembi e stami,
in sghembe arricciature a risaltare
nell’umido lunare delle notti.
Avrei deciso che sommesse crespe volute
districarsi potessero dai nidi del colore
più accanito, guizzare di sinaptiche scintille
a scatenar vitalità ebbre e stillanti,
dai vinti artigliassilli liberate.
Che acuminate dalie m’attirassero nei vuoti
vortici di ben setosi aculei, quasi metalliche
scarlatte lame non supposi; che gonfie
ortensie roteassero in stelle piluccanti oltre
i giardini, estese in solitudini boschive
non sapevo; né che cerulei sentori oltremare
travalicando i muri ad occidente stabilissero
di lì abitare, e in rosso trasmutarsi.
Dalle serali inclinazioni frangenti
sillabai con cautela i riflessi…
Appresi che il segreto delle porpore
è il rintanarsi in pozze di clamori,
in mormoranti buche e avvallamenti,
sonorità minori e accattivanti.
Strariparono infine i miei passati
intendimenti ché i varchi sanguigni
dalle tue proprie vene emanano.
Precipitarono nei baratri cromati del
giallume, negli steli in fiato corto
di calure, negli infinitesimi brillii d’ali
vetrose, multicolori iridescenze inferte.
Preludio di amnistie autunnali
mi rifugiai in scrigni vermigli melograni.
La mia dimora estiva s’instellò cerata,
poi carta velina gonna papavera,
mattiniero squillo di tromba in sordina, q
uasi asfissia d’arancio furente.
Nel latte e sangue dei gigli marini rinvenni,
in candore di garze riposati occhi straziati,
polsi e caviglie sprigionati, dagli scoscesi dirupi
immersavvolta in sonno tiepido m’arresi.
Allertate rose settembrine attesero, minacciose
d’insinuar varchi del rosa… addirittura…
Testo di Rita Regina Florit
Voce e immagine di Enrico Frattaroli
Calligrafie di Elizabeth Frolet
Riprese Angelo Melpignano
Montaggio Claudia D'Elia&nbs
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