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la veglia funebre, recitativo

di Salvatore Solinas
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Pubblicato il 31/10/2013 18:02:36

                                                 Salvatore Solinas

 

 

 

                                      LA VEGLIA     FUNEBRE

 

                                                  RECITATIVO

 

 

 - Svegliati Attilio, è ora d’alzarti!

- Se non ha neppure suonato la sveglia!

- Ha suonato, ma non l’hai sentita. Dormiresti ancora, non è vero?

- Sì, dormirei ancora per un’oretta

- Così la smetterai di fare le ore piccole alla sera!

- Quali ore piccole, non sarà tardi se sono tornato a mezzanotte. Abbiamo giocato al bowling: io e Marco contro Luigi e Simone. Abbiamo vinto, li abbiamo sepolti.  Dovevi vedere com’era agitato Simone. Non gli va di perdere!

- Il solito malato d’orgoglio.

- Non so come hai fatto a starci insieme per cinque anni. Per tua fortuna sono arrivato io.

- Già, per fortuna sei arrivato tu! Sai benissimo che quando ti ho conosciuto mi ero lasciata con Simone da un bel pezzo.

- Devo correre, è tardissimo.

- Intanto che ti prepari ti metto su il caffè. Ricordati che stasera siamo a cena da mia madre.

 

 

- Senti Attilio, ho intenzione di cambiare macchina.

Una Ferrari rossa. La desidero da sempre!

- Rossa? Tutti hanno la Ferrari rossa

- Di che colore allora?

- Non so, forse nera.

- Nera? Già per il lavoro che facciamo si toccano le palle, figuriamoci se vado in giro con una macchina nera. No, la voglio rossa, classica.

- Fai bene. Gli affari vanno a gonfie vele, sei scapolo ed è giusto. Beato te che puoi godertela.

- E tu no? Mariuccia non è una che frena.

- Va bene, ma quando hai famiglia è un’altra musica. Non hai più la testa per certe cose: la Ferrari, i viaggi alle Maldive, a Cuba… Sono cose per scapoli.

- Già, non hai torto. Però se avessi Mariuccia nemmeno ci penserei alla Ferrari. Eh, non ti ho ancora perdonato che me l’hai soffiata!

- Scusa sai, eravate divisi da sei mesi quando ho conosciuto Mariuccia. Tu di sicuro non me la facevi conoscere. E’ arrivata in ufficio per caso ed è stato un colpo di fulmine. Ce l’hai forse con me?

- Non ce l’ho con te. Stavo scherzando.

- Cugino, ti devo ringraziare per oggi. Non ce l’avrei proprio fatta. E’ il compleanno di mia suocera, ottanta tre anni, non posso mancare. Così ti ringrazio che fai il trasporto al posto mio.

- Figurati! Non mi costa niente. A Proposito, prenderò il Mercedes. Quella è gente denarosa e mi pare che pretenda il lusso.

- Si, va bene. Col Mercedes faremo un figurone.

- I figli mi hanno chiesto di rimanere soli con la salma fino alla partenza. E’ contro le regole, ma in questo caso non ho potuto negarlo. La ragazza è proprio carina.

- Eh Simone, ti fai abbindolare dalla bellezza!

- Veramente, è carina e a vederla così triste è ancora più bella. Il fratello invece mi sembra un prepotente. Di quelli che credono che a loro tutto sia dovuto perché hanno i soldi.

- E non ha tutti i torti, al giorno d’oggi i soldi contano. Pure da morto. Guarda questo vecchio che va in Mercedes nuova di zecca per l’ultimo viaggio. Sei sicuro di saperla portare senza rischio?

- Tranquillo socio! E’ una macchina semplicissima che pure un minorato saprebbe guidare senza correre il minimo pericolo. Fa tutto lei! Vedrai che figurone. Ci chiameranno da tutta Italia per i servizi funebri, vorranno soltanto noi.

- Speriamo che sia così. Intanto tu mettiti l’abito nero.

 

 

- Sono in pensiero. Non capisco perché Simone non abbia chiamato. Di solito, quando ha finito, telefona o manda un messaggio: missione compiuta! Ha la mania dei film di spionaggio. E’ sempre in missione. Figurati che razza di missione trasportare un morto.

- Simone è un ragazzino. Non è cresciuto. Era così a quindici anni ed è così adesso. Per questo ci siamo lasciati.

- Stai dicendo che sei stata tu a lasciarlo perché era infantile?

- Non esagerare. Non era infantile. Gli piaceva giocare a fingere d’essere qualcun altro. A me alla fine dava sui nervi. Non ero serena. Un uomo è quello che è, non gioca a camuffarsi, a nascondersi. Forse si vergogna del lavoro che fa.  Ma, dico io, lo avete ereditato dai vostri genitori, se proprio non vi piace, non fatelo! Si può trovare un altro lavoro più normale.

- Mio padre mi portava in azienda fin quando ero piccolissimo e mi  spiegava tutto: i legni pregiati, il rivestimento di seta o di cotone, gli arredi funebri. “Vedi, mi diceva, il lavoro non manca mai perché Signore Iddio ci ha fatti in certo modo che prima o poi dobbiamo morire. Noi li accompagniamo in modo degno alla casa definitiva. Se no, sarebbero come gli animali che vedi rinsecchirsi nei campi” Ascoltavo affascinato e mi dicevo che da grande avrei fatto il suo lavoro. Così mi piace quello che faccio e non mi vergogno come Simone. Quello è un complessato.

- Diciamo pure che Simone è un ragazzo sensibile e delicato mentre tu sei un rozzo contadino.

- E’ meglio che spegniamo la luce, perché cominci a offendere e poi va a finire che si litiga e non si dorme per tutta la notte.

- Ti offendi per nulla tu. Sei diventato di un permaloso! Mi domando se mi ami ancora.

- Ci siamo! Sai benissimo che ti adoro!

- Adoro! Non vuol dire niente. Se si ama, si ama con lo spirito e col corpo. Tu è un mese che non mi tocchi.

- Se l’abbiamo fatto tre giorni fa. Oggi, siamo appena rientrati dalla cena di tua madre, che ce l’ho tutta sullo stomaco. Sai quanto burro ci mette tua madre? Per digerirlo non mi basterà la giornata di domani.

- E’ meglio che dormiamo. Tanto tu mi rifiuti sempre.

- Dai, ci siamo. Spengo la luce e ne riparliamo domani. Buona notte!

- Che buio che hai fatto, mi fa paura.

- Mariuccia, il telefono!

- Prendilo tu, è il tuo cellulare.

- Già, ecco, accidenti, dove l’ho messo

- Se non ti sbrighi!

- Pronto! Simone, sei tu?

- Cosa stai dicendo?

- Sono dentro la bara.

- Sei impazzito? Come sarebbe a dire che sei dentro…

- Ti dico: mi hanno stordito e mi hanno messo dentro la bara.

- Chi ti ha messo, come mai? Deve avere bevuto.

- Sta dicendo che lo hanno messo dentro la bara?

- Sono dei criminali. Non c’era il morto. La bara era piena di pacchi di cocaina. Io ci sono capitato per caso.

- Dove sei capitato?

- La stavano svuotando e ho visto tutto. Non c’era il cadavere.

Qualcuno mi ha dato una botta in testa e mi sono ritrovato dentro la bara. Aiutami, chiama la polizia, fa presto perché non so quanta aria mi rimane.

- Aspetta! Respira piano. E’ incredibile. Ora averto Gennaro

- Fa prestissimo per favore! Questi sono degli assassini!

- Ora chiudi. Ti richiamo io.

- Cosa sta succedendo? Simone…

- Stai calma pure tu. Ora chiamo il commissario.

- Dio mio, povero Simone mio

- Pronto, Gennaro! Scusa dell’orario. C’è che Simone è rimasto imprigionato dentro una bara.

- Come ha fatto a caderci dentro?

- No, non c’è caduto. Ce l’hanno messo al posto della droga.

- Scusami, ma non ti capisco.

- Ha trasportato un morto a Verbena e mi ha riferito che avrebbe assistito del tutto involontariamente allo svuotamento della bara, che non conteneva il cadavere del vecchio, ma buste di cocaina. Allora gli hanno dato una mazzata in testa e buona notte. Quando si è svegliato s’è trovato dentro la bara. Figurati che fifa, poveraccio. Quelli stanno aspettando che muoia asfissiato.

- Come hai fatto a sapere tutte queste cose?

- Mi ha telefonato poco fa. Si vede che per fortuna non gli hanno tolto di tasca il cellulare.

- Dammi il suo numero, lo chiamo io e vediamo se riusciamo a capire dove si trova. Intanto allerto i colleghi di Viterbo.

- Il numero è…Marietta dammi il numero

Tre, tre, otto, cinque quattro otto due sei, anzi, sette.

- Sei sicura?

- Ma si.

- Fammi sapere

- Sta tranquillo, ti terrò aggiornato.

- Poveretto. Se non muore asfissiato, quello muore di paura

- Povero piccolo mio! Simoncino mio.

 - Vedrai che lo trovano

- Come vuoi che faccia Gennaro a trovarlo. Poi bisogna che arrivino in tempo.

- Di aria ne ha poca perché la cassa è piccola: il vecchietto era rattrappito.  Anzi, ora che ci penso, il sospetto m’era venuto che non fosse morto da poco. Sembrava strano, come fosse stato di carta pesta.

- Fai il numero di Simone, fammelo parlare!

- Nemmeno per sogno. Intralceremmo la comunicazione con la polizia.

- Ma lui ha bisogno di sentire la voce di noi! Sono queste occasioni che scopriamo che abbiamo bisogno di qualcuno che ci vuole bene. E lui non ci ha nessuno al mondo.

- Mi pare che abbia te! Mi domando perché non te lo sei sposato e sei venuta a rompere i C. al sottoscritto.

- Cosa dici, Che c’entri tu?

- E come che c’entro! Figurarsi, la moglie che piange il suo ex e il marito dovrebbe stare accucciato e zitto. Come un cane.

- Ti sembra il momento di fare il geloso? Quello è dentro la bara che sta morendo e tu dai con la solita solfa!

- Lasciami perdere che è meglio. Se penso che quel viaggio lo dovevo fare io…ma di sicuro non andavo a curiosare, a vedere cosa stavano facendo quelli là.

- Simone è intelligente, ma non è furbo. Se no non andava a mettersi in questo pasticcio

 

- Simone, sono Gennaro. Stai sveglio e respira piano. Tieni il cellulare acceso così possiamo localizzarti. Dove hai portato il morto?

- A Verbena

- Questo lo so già. Dove a Verbena. Lo sai l’indirizzo preciso?

- Non lo so perché seguivo la loro macchina. E’ uno stradello con ghiaia fine, poco prima di entrare in paese, a destra, e in fondo il cancello di una villa moderna, tutta vetri.

- Sta tranquillo che lo troveremo.

- Fatte presto perché qui mi manca l’aria

- Respira più piano che puoi e non t’agitare, tanto non serve a nulla. Ci sono i carabinieri e tutta la polizia sulle tue trace. Adesso chiudo. Ci sentiamo poi.

 

- Attilio! Abbiamo rintracciato la villa ma è vuota. Non ci sta nessuno. Dalle impronte sembra che il vostro automezzo ci sia passato. Non sappiamo altro per ora.

- Santo Dio! È un po’ poco. Quello ci muore là dentro se non fatte presto.

- Sto andando a Verbena in elicottero. Tra pochi minuti sarò sul paese.

Calmati pure tu. Facciamo del nostro meglio.

- Cosa dici, andiamo pure noi a Verbena?

- Sei matta?  Sono tre ore di macchina.

- Per tuo cugino potresti anche farlo. In fin dei conti potevi esserci tu là dentro.

- E va bene! Vestiti che andiamo. Saremo là alle cinque. Speriamo che per quell’ora lo abbiano liberato.

 

- Dobbiamo stare qui tutta notte a vegliare questo, che neppure è morto!

- Cosa dici se facciamo un caffè?

- Non sarebbe male. Ma c’è un fornello?

 - Sopra quel tavolo. Non è la prima volta che mi tocca sorvegliare che un poveraccio muoia veramente.

- Allora sei pratico. Per me è la prima volta. Se ci penso, mi viene da vomitare.

- Le prime volte fa impressione, poi ci fai l’abitudine.

- Quel poveretto è dentro la bara, vivo. Muore lentamente mancandogli l’aria. Ha paura e gli viene l’affanno, e più respira e più gli manca l’aria.

- Proprio così. Più respiri…

- A momenti manca l’aria pure a me. Non era meglio sparargli in testa e farla finita? Così pure noi potevamo essere al caldo nel nostro letto.

- Si, qui c’è fresco. Vuoi una coperta da buttarti addosso?

- No, non la voglio.  Sai che giorno è oggi? E’ il quattro d’Ottobre.

- Ebbè?

- E’ il compleanno di mia moglie e io sto qui mentre dovrei essere a letto con lei a farla contenta.

- Pazienza, vorrà dire che la farà contenta un altro!

- Sta attento! Non c’è da scherzare su queste cose.

- Non prendertela. Si fa per passare il tempo in qualche modo.

- Quello là il tempo lo passa peggio di noi.

- Già. Guarda come s’agita. Non durerà molto a fare così.

- Meglio per lui. Piuttosto che morire bruciato vivo nel forno crematorio…Non so perché quei due devono essere così crudeli:

 fratello e sorella. Secondo me li ha fatti un serpente velenoso.

- Stiamo attenti a quello che diciamo

- Chi voi che ti senta qui. Quello lì dentro la cassa? Non avrà tempo di dirlo a nessuno.

 

- Ti sei addormentata?

- M’è caduto il cuore.

- Fortuna che per strada non c’è nessuno e si va bene

- Ho sognato della cacca liquida. Non stronzi. Gli stronzi vogliono dire tanti soldi, ma la cacca liquida, non lo so.

- Forse che sono soldi liquidi

- Non scherzare. Potrebbe essere una disgrazia. Povero Simone. Quanto ci vuole a Verbena?

- Un’ora, un’ora e mezza.

- E’ il tuo cellulare.

- Prendi tu che io sto guidando

- Pronto! Simone, sei tu, dove sei?

- Dove vuoi che sia! Sono sempre qui. Se non esco tra poco sarò morto!

- Mio Dio, Simone, non dire così! Vedrai che la polizia ti tira fuori. Gennaro è a Verbena.

- Lo spero che mi trovino. Ma perché ci mettono tanto. Senti, Mariuccia, posso parlare con Attilio?

- Ora sta guidando. Metto il viva voce così potete parlare.

- Attilio, mi senti?

- Si, Simone, ti sento

- Ti ricordi quando eravamo bambini e tu eri rimasto imprigionato nel capanno del giardino?

- Si, fammici pensare, mi pare di si.

- Sono passato vicino e sentivo battere sulla porta e gridare. Al momento rimasi impaurito pensando agli spiriti e non so a quale altra fantasia bambinesca, poi, con fatica, ho spostato l’asse che sprangava la porta e sei uscito tu, pallido, tremante, e piangendo mi hai abbracciato.  “Sei mio fratello!” dicevi

- Certo che mi ricordo

- Adesso io ho la stessa paura che avevi tu. Mi capisci?

- Altroché se ti capisco! Ma ora stai calmo, per favore. Sto venendo a Verbena. Questa volta sarò io a liberarti, così avrò ricambiato il favore.

- Fai presto, perché impazzisco. A proposito, devono esserci due che sorvegliano.  Li ho sentiti parlottare. Ho fatto di tutto per comunicare con loro, ma non è possibile. A stento posso muovere un braccio. Accidenti, come le facciamo strette queste casse!

- Cerca di stare calmo, magari di riposare e aspetta che stiamo arrivando.

Chissà come gli è venuto in mente di quella volta. Forse perché dicono che chi sta per morire rivive tutta la sua esistenza

- Credi che Simone morirà?

- Ho paura di si. Il fatto che Gennaro non si sia ancora fatto vivo è un brutto segno.

 

- Hai sentito? Bussano alla porta

- E’ lui che batte contro la cassa. Ci ha sentiti e vuole richiamare la nostra attenzione.

- Poveraccio. E’ proprio necessario che muoia in questo modo? Non  possiamo farlo scappare?

- Sei impazzito? Se lo facessimo, quei due metterebbero noi nella cassa da morto. Stai attento a quel che dici. Non vorrei che m’incaricassero d’ammazzarti. Lo farei a malincuore, te lo dico, ma lo farei. Pensa a tua moglie. Hai pure bambini. Cosa sarà di loro se il padre muore come un Giuda. Che fai adesso, piangi?

- Ti sembra giusto che per amore della mia famiglia mi tocchi fare questa infamia?

- In fin dei conti non sei tu che la fai. Semmai sono quei due spietati. Tu statene qui buono buono a vedere. Ora ha smesso. Forse muore prima del previsto. Ma tu perché ti sei messo al servizio, non mi sembri il tipo adatto.

- Quando mio zio era in punto di morte mi ha mandato a chiamare e mi ha detto che mio padre era stato strangolato da Vito Alfonsi. Mi ha fatto giurare sul Vangelo che lo avrei vendicato.

- Tu non sapevi di tuo padre?

- No, avevo solo sette anni quando è morto e mia madre mi ha tenuto nascosto tutto per paura che entrassi pure io nella mala. Così sono andato dalla famiglia dei Minchioni e mi sono messo al servizio. Ho parlato con il vecchio. Non avrei mai creduto che il bastone di comando sarebbe passato a quella vipera della figlia.

- Era meglio se te ne stavi a fare il bidello. Tua moglie lo sa che sei al servizio?

- Non le ho detto nulla, ma lo immagina, perché non mi ha fatto domande. Nemmeno questa volta mi ha domandato come mai non ero in casa. 

- Dai retta a me. Stattene buono. Per fare vendetta ci vuole altra stoffa che tu non hai.

- Ho giurato sul Vangelo!

- Vito Alfonsi è peggio di questi due. Se viene a sapere che tu lo cerchi per tuo padre, ti fa a pezzi e ti da in pasto ai maiali.

- Ecco che ricomincia. Dio mio, che pena!

- Lascia perdere. Tieni, beviti il caffè che ti da coraggio! Ricordati che fine fanno i Giuda! E fosse solo per te, ma i tuoi figli. E’ come se fosse la tua stessa mano a stringersi attorno al loro collo. Sei tu che li strangoli! Hai capito? Che età hanno?

- Gianni ha otto anni, e Luca, il più piccolo, ne ha cinque. Gianni va a scuola ed è pure bravo. Mi piacerebbe che diventasse dottore. E’ intelligente. Il piccolo…si vedrà!

- Non è che faranno come te, che entreranno nella mala per vendicare il  padre?

- Meglio morti!

- Allora era meglio se tu te ne stavi a casa. Altro che vendetta. Rischi di finire nella cassa come quello lì.

- Io quello ce l’ho davanti agli occhi finché campo!

 

- Non mi hai mai raccontato di questa storia del capanno.

- Me ne ero completamente dimenticato.

- Non mi hai detto tutto di te.

- E’ una cosa senza importanza. Figurati, ero piccolo, cosa vuoi che capissi! Ho avuto paura. Ho sentito qualche cosa muoversi sotto la paglia. Forse un topo.

- Che schifo! Però ammetti che hai paura del buio e pure un po’ di claustrofobia.

- Può darsi.

- Quella volta che sei rimasto chiuso in ascensore ne sei uscito che eri bianco come un panno.

- Pure tu adesso vai a rinvangare

- Povero Simone. Te lo immagini solo, dentro la bara. Che coraggio deve avere per non diventare matto!

- Si, lui è coraggioso ed io sono un fifone. Questo vuoi arrivare a dire?

Che fai, piangi? Lo ami non è vero? Non rispondi, non dici niente. Vuole dire che ho ragione. Mi domando perché mi hai sposato. E pensare che fino ad oggi ti credevo innamorata. Perché? Questo almeno puoi dirmelo! Volevi fare ingelosire Simone? Oppure volevi farlo soffrire? Adesso ti dico una cosa: Simone è ancora innamorato di te, me lo ha detto ieri mattina. Mi ha detto che se avesse avuto te non avrebbe desiderato la Ferrari.  E tu ora piangi. Adesso che forse è morto. Così hai perso il marito e  il moroso in un solo momento.   Arrivati a Verbena sarà bene che ciascuno prenda la sua strada.

- Ma dai Attilio, non ti ho visto mai così arrabbiato!

- Non sono arrabbiato.  Amareggiato si, Potevo accorgermene prima. Che stupido sono stato!

- Non perdi occasione per farmi una scenata di gelosia. Ma ora hai passato il limite. Sai cosa ti dico? Vai per la tua strada e non farti più vedere. Non ti voglio più vedere. Mi basta la metà della tua parte dell’azienda, per il resto vedremo. Ma questi sono affari che tratteranno gli avocati.

- Metà dell’azienda? Ma lo sai che quella è frutto di sacrifici di mio padre e di mio zio? E dovrebbe finire nelle tue mani che non hanno mai lavorato?

- Va bene, tieniti i tuoi soldi allora, ma sappi che ti sputtanerò per bene: sapranno tutti che sei un impotente!

- Tu sei matta da legare!

- E poi sappi che io ho amato moltissimo tuo cugino. Simone è sensibile, delicato, esile di corporatura. Tu eri alto, robusto, quei capelli neri, ricciuti, mi hanno fatto impazzire. Tu non capisci niente. Amo Simone perché è il mio passato. M’intenerisce, è la mia giovinezza, l’ingenuità di allora. Tu, ti amo al presente. Sei mio marito. E’ un’altra cosa.

- Allora ne ami due?

- Si, si può dire anche così. In modo diverso.

- Pronto! Mi sentite?

- Si Gennaro, ti sentiamo bene

- Si è perso il segnale. Non sono riusciti a localizzarlo prima. Credo che Simone abbia il cellulare scarico!

- E allora?

- Allora, che Dio lo protegga. Ho paura che non possiamo farci nulla.

- Come sarebbe a dire?

- Continuiamo a cercare, ma sarà difficile arrivare in tempo perché Simone starà esaurendo la riserva d’aria. Trovarlo è cercare un ago nel pagliaio. Ci vuole molto tempo e parecchia fortuna.

- Allora è proprio spacciato?

- Temo di si. Mi dispiace!

- Hai sentito Mariuccia?

- Ora posso piangere? Dovresti piangere anche tu!

 

 

 

- Ha smesso di battere. E’ morto

- Meglio per lui. E’ l’alba e tra poco mettono in funzione il forno crematorio

- Santo Dio! E’ morto soffocato.

- Può darsi. I più, secondo me, muoiono dalla paura. Lui era giovane e ce ne ha messo di tempo. Intanto noi tutta la notte qui. A cosa serve secondo te? Forse che escono dalla cassa, così sigillata com’è?

- Questo è il modo peggiore di morire, già dentro la cassa.

- Non pensarci più. Tra poco sarà un pugno di cenere, anzi nulla, perché nemmeno la raccolgono.

- E i parenti del vecchietto?

- A quelli daranno una scatola piena di sabbia.

- Pure quelli sono fottuti!

- Che importanza vuoi che abbia se dicono la preghiera davanti a un sacco di cenere o di sabbia? Sempre nulla è.

- Ci riduciamo proprio a niente.

- Tu pensa ai figli tuoi e non fare fesserie. Come t’ho detto, lascia stare la vendetta. Toglitela dalla testa, non pensarci nemmeno. Anche se giurasti, tuo zio adesso è con tuo padre, oppure non sono da nessuna parte tutt’e due.

- Senti? Ha ripreso a battere. Non dirmi che è ancora vivo!

- Può essere. Peggio per lui.

- Ora ha smesso di nuovo. Forse è stato un risveglio del momento.

- Meglio per lui che lo bruciano che è morto.

 

 

 

 

- Piangi ancora?

- Senti, io lo chiamo. Non risponde: numero inesistente o momentaneamente fuori uso. Poveretto!

- Se è morto, è una disgrazia grandissima per noi. Lui non ha più da soffrire.

- Scusiamoci così!

- Cosa vuoi dire? Non avrai sensi di colpa per quello.

- Con i tuoi discorsi di prima mi hai fatto pensare a quanto l’ho fatto soffrire. Quando ci siamo lasciati ha pianto come un bambino. Era talmente sensibile.

- Va bè, in amore capita che ci si lascia e qualcuno ha pure da soffrire.

- Tu non soffriresti così tanto. Non sei abbastanza sensibile!

- Lasciamo perdere queste cose adesso. Se penso a Simone…siamo stati come fratelli. Da bambini giocavamo sempre insieme. Io ero più forte e lo proteggevo, lui mi leggeva i giornalini a voce alta. A me piaceva guardare le figure.

- Non sei stato mai un gran intelligente tu. Lui era istruito.

- Cosa se ne fa adesso di tutta quell’istruzione mi domando. Cosa fai?

- Gli mando un messaggio: Ti vogliamo bene. Mariuccia e Attilio.

- Pronto, mi sentite?

- Si, Gennaro

- Ce l’abbiamo fatta, appena in tempo!

- Cosa vuoi dire?

- Simone è vivo! L’abbiamo trovato appena in tempo. C’erano due banditi, ma non hanno opposto resistenza

- Signore ti ringrazio!

- E’ stato un colpo di fortuna che ci è venuta l’idea di controllare i forni crematori. Lo volevano cremare. Se non fossimo arrivati in tempo…

- Dio mio, che orrore! Si può parlare con lui?

- No. E’ ricoverato in Rianimazione. Lo tengono in coma farmacologico.

- Siamo allo svincolo. Veniamo in ospedale.

- Io sono lì. Ci vediamo tra poco allora.

- A tra poco!

- Signore ti ringrazio! Quanto ho pregato!

- E noi che credevamo che fosse ormai morto!

-Tu lo credevi. A me sembrava così impossibile! Cosa è questo coma farmacologico?

- Vuole dire che lo tengono addormentato con i sonniferi perché il sonno ripara i danni subiti dal cervello.

- Per quanto tempo lo terranno così?

- Non so. Hai fretta di vederlo, non è vero? Uno, due giorni, una settimana.

- Per guarire il cervello a te non basta un anno di coma farmacologico!

Attento al cane, frena, frena!!!

- Non l’ho visto. Ci voleva anche il cane.

- Hai distrutto la macchina.

- Mi dispiace. Questa notte…Simone nella cassa, sono frastornato. Girati, non guardare. Ci sono due sull’asfalto che fanno impressione.

- Ma siamo noi quei due. Madonna santissima, come siamo conciati!

Allora vorrà dire che noi… tutta questa gente che ci stringe la mano, sono tutti morti!

- Aspetta, forse non siamo morti del tutto. Ci stanno dando l’ossigeno.

- Non sarà che ci tocca di rientrare nei nostri corpi e soffrire il dolore di tutte le ossa rotte?

- E magari svegliarci in ospedale a fianco di Simone.

 


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