Pubblicato il 07/02/2013 09:37:03
Poeta albanese, vincitore del Premio Montale, vive in Italia. Ha pubblicato in italiano alcuni volumi di poesie, tra i quali Corpo presente (1999) e Antologia della pioggia (2000). Le poesie qui presentate sono tratte dalla raccolta inedita Stigmate. I.
Lascio questi versi come un addio inghiottito dalla nudità della memoria sapendo che il mondo non ne ha bisogno Del mio saluto con la mano che trema giù nel fondo stellato nessuno si accorge. Orizzonte precario mi appoggio alla tua acqua fredda e scavo la tua fronte di cielo oscuro
abbandonato nella nebbia fitta non so da dove vengo e dove vado assedio nevi che mi assediano in balia di neri uccelli voglio sapere chi mi separa da una terra impazzita e che fine faranno la mia Ombra oltre l'acqua la pioggia che cade nella pioggia e gli Dèi fra gli alberi
in fila accanto al freddo e al destino attendo che mi chiamino all'alba dalle pietre volti pallidi di voci arrochite
il mio nome è una linea che divide la luce dall'oscurità il mio corpo misura tra la sabbia e il cielo
II.
Quanto siamo poveri. io in Italia vivo alla giornata tu in Lushnje non riesci a bere un caffè nero
la nostra colpa: amiamo la terra la nostra condanna: vivere soli divisi dall'acqua buia
ritornerò in autunno come Costantino mentre sulle colline natali tu già hai raccolto l'origano da portare nella mia stanza ancora sgombra ora vivo al posto di me stesso lontano da un paese che divora i propri figli
III.
Ho girato su e giù per le strade di Roma per vendere il mio Corpo Presente è l'ultimo giorno dell'anno santo come posso giungere a festeggiare con te dopo otto inverni in Occidente il viaggio costa venti volte il prezzo del mio libro di poesie e nei tuoi occhi la mia assenza diventa più profonda sulle tue labbra secche il mio nome è pronunciato più spesso alti sono i muri d'acqua che ci dividono e sotto le loro ombre cresce spaventata la nostra vita
IV.
Io non vi rubo né ricchezza né gloria non voglio possedere altro che il mio corpo è scritto anche nella polvere delle arene da cui provengo e nella memoria degli alberi che mi circondano le mie strade non ritornano all'acqua la mia stanza ogni sera prende fuoco in attesa da anni e non aspetto nessuno che giunga nella mia dimora la mia anima è specchio spezzato uccello caduto nella pioggia accanto ai ciechi per questo cerco nuovi sentieri per fuggire con il segreto che sanguina
V.
Ogni giorno creo una nuova patria in cui muoio e rinasco quando voglio una patria senza mappe né bandiere celebrata dai tuoi occhi profondi che mi accompagnano per tutto il tempo del viaggio verso cieli fragili in tutte le terre io dormo innamorato in tutte le dimore mi sveglio bambino la mia chiave può aprire ogni confine e le porte di ogni prigione nera ritorni e partenze eterne il mio essere da fuoco a fuoco e da acqua a acqua l'inno delle mie patrie è il canto del merlo ed io lo canto in ogni stagione di luna calante che sorge dalla tua fronte di buio e di stelle con la volontà eterna del sole
VI.
Per voi uomini dell'Europa che vi arrangiate ogni giorno Per voi donne dell'Est che lavate per terra o accompagnate a prendere aria i vecchi d'Occidente Per voi immigrati che dormite sulle panchine e vi svegliate con un'immensa nostalgia Per voi barboni che non volete padroni e vivete in pace con l'universo Per voi prostitute che offrite il vostro sesso a negri bianchi gialli fino al sangue Per voi malati e disoccupati come solidarietà e misericordia Per voi missionari che portate tenerezza ai deboli prima di morire Per voi contadini che fate pascolare il gregge e arate i campi da nord a sud Per voi folli che ci insegnate gratis la follia Per voi che siete soli e fuggite come me scrivo questi versi in italiano e mi tormento in albanese
VII.
Sogno spesso di tornare un giorno sulla nostra collina di siliquastri e di vivere accanto a te ben venga la povertà ma soltanto accanto a te sono trascorsi anni da quando mi hanno costretto ad andare via cosa fai? cosa pensi? ci salveremo in questa vita? è duro il destino dei poeti ieri per la dittatura eravamo pericolosi oggi per la democrazia siamo inutili se avessi amato una donna del villaggio non avrei sofferto così tanto per le città che uccidono dove ogni secondo mi devo difendere scrivimi se hai sentito il canto del cuculo nella ginestra fiorita.
(http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/poesia/Gezim_Hajdari.html)
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