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L’era del delirio

di Giuseppe Silletti
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Pubblicato il 26/08/2013 01:55:02

Redenzione.

Siedo su di uno sgabello sistemato vicino alle vetrate che s'affacciano sul mare, soffiando il fumo della sigaretta di fuori. Una splendida visione di grattacieli che si slanciano sulle spiagge: da quassù, al tramonto, il semplice atto di osservare diventa un buon motivo per procurarsi un erezione. Mentre il fumo della sigaretta viene spinto dal vento verso l'alto, il sole scende dietro un grattacielo che si vede in lontananza. Le enormi spiagge si colorano d'arancio, come i palazzi costruiti in prossimità del lungo mare. La gente sembra così piccola da quassù, tanti puntini che passeggiano per le strade, nuotano in mare, giocano a palla sulla sabbia o si fumano sigarette da altre finestre. Non è la Spagna che mi immaginavo ascoltando Paco De Lucia. Siamo a Benidorm, nella Spagna del Sud e c'è una stupenda bottiglia di Vodka al caramello che mi aspetta. Proprio dietro di me.

Vorrei tanto carta e penna per appuntare qualche pensiero. Ma sarebbe inutile. Sono settimane che le parole sono timide e non s'affacciano dal mio cervello. La verità è che l'aria è così magica che i ricordi vogliono rimanere puri, isolati dal mondo esterno. Una specie di egoismo artistico: << Non ci avrete mai >> ribadiscono i ricordi. E come dargli torto?

Poco più tardi sono ancora nella stessa stanza, solo un po' più vestito e profumato, con un bicchiere di Vodka in mano. Francesco e Silvana sono i miei compagni di sbronza, Luigi e Tiziano sono nell'appartamento accanto intenti ad approcciare un gruppo di spagnoli in vacanza. Ma adesso non m'importa, siamo solo io e lei. Sarai mia, baby. La prima donna di questa sera, la più facile da conoscere, conquistare, mandare giù e portarsi a letto. Non c'è bisogno di lunghe chiacchierate, ma solo della mia bocca e delle papille gustative della mia lingua. Sarà bello scoparti su questo tavolo, far uscire i tuoi liquidi come se fossi eccitata e leccarli dal tuo collo in giù. Non ti preoccupare, non sarò geloso. Ci ameremo in due, tre o anche quattro. Realizzeremo un manage a troi con Franco e Silvana. Ti stiamo fottendo in tre, oh mia signora.

 

Un'ora dopo eravamo sbronzi e in cammino verso il quartiere inglese. C'è una strada piena di locali e paninari-merda. Due spogliarelliste mezze nude si esibiscono fuori di due disco-pub, cercando di persuadere i ragazzi ad entrarci. Lo fanno con un culo strepitoso. La cosa buona dei locali è che l'entrata è gratuita, ma l'alcol costa troppo. Oggi è il compleanno di Luigi e stranamente lo è anche delle prime tre ragazze che cerchiamo di approcciare. Vagamente capisco che una è inglese, ma dopo aver sentito una frase del tipo: “Kiss of the birthday” e aver visto Luigi penetrare la sua bocca.. Bè, io entiendo. E' sempre bello osservare certi fenomeni.

Entriamo in un pub, ma non c'è ancora nessuno, quindi ci sediamo ai tavolini li fuori. Tiziano approccia un paio di ragazze, oggi sembra un abile cacciatore. Non ci stanno, mission failed. Non ci resta che consolarlo, ci consoliamo sempre a vicenda. Come se avessimo perso una sfida importante.

<<Allora? Che ti hanno detto?>> chiedo. <<Nulla. Quella bionda non si sbilancia più di tanto. Lasciamo perdere!>> <<Perfetto. Cambiamo locale?>> <<Ok, finiamo di bere e andiamo>> Abbiamo tutti in mano una Desperados: birra più Tequila. Una cerveza mas fina.

Nel secondo locale c'è molta più gente. La musica è commerciale, mixata a pezzi di House Progressive. E' un genere musicale che non conoscevo, mi piace molto. Ogni musica ha un suo impatto emotivo, la musica classica mi fa sognare, il blues mi solletica lo spirito e la Progressive... bè la Progressive si infila dallo sfintere più in basso, ti dilata lo stomaco e salendo per l'esofago ti procura un orgasmo vocale. Mussorgsky ci va vicino con Lo gnomo, ma Reload di Ingrosso è tutta un'altra storia. Altra Desperados, altro ballo, altro giro.

 

La mia miopia è aumentata a causa dell'alcol in circolo. C'è meno equilibrio. C'è meno udito. C'è meno tatto. Pronuncio le parole facilmente, con coraggio. Rischio di cadere, traballo.

Non so come. Non capisco come sia possibile. Che adesso mi ritrovi a parlare con tre norvegesi. E' una strana sensazione. Sembra di essere uno spettatore e attore allo stesso tempo. Mi compiaccio della mia impresa e penso a qualche stronzata per continuare il discorso. Non ne capisco il motivo, di tutto ciò. Penso ai più comuni slogan femministi: La donna non è un oggetto!Strumentalizzazione della donna! Emancipazione della donna! E' così scontata la strada che voglio prendere. La donna non è un oggetto! Strumentalizzazione della donna! Emancipazione della donna! Puntare ad avere un contatto fisico. La donna non è un oggetto! Strumentalizzazione della donna! Emancipazione della donna! Potrei sentirmi un maschilista. O una sotto-specie di pervertito. Io so solo che un chiodo ha bisogno di un martello per essere fissato al muro. Altrimenti come appenderemmo i quadri?

Franco dialoga con la norvegese bionda, alta, occhi azzurri. Una bella ragazza. Io con la mora, media statura, occhi castani, non sembra norvegese ma ha un qualcosa di pazzo nei suoi atteggiamenti che mi attira. Carina. C'è la terza, bionda e bassa che interviene occasionalmente sussurrando parole nel mio orecchio o in quello di Franco. Parole sporche, credo. Finché Luigi non la rapisce e propone di andare a bere qualcosa dentro. Geniale.

Ho sempre pensato che sarebbe stato bello nascere nell'era romana, con i loro culti pagani, le orge e gli stati orgiastici. Alcol, musica e... istinto, puro istinto sessuale, naturale, genuino. Così ho scoperto che la Progressive accompagnata da una danza sensuale potrebbe essere un ottimo metodo per un eutanasia indolore.

“Oh hai comprato un lecca lecca..”

E così ubriaca che non risponde.

“Oh hai comprato un lecca lecca alla fragola?”

Niente.

Mi sento un ballerino professionista. Beato alcol.

<<Vado in bagno>> dice.

Ed è proprio in questi momenti, che posso dar ragione a Freud. Il disagio della civiltà. Quello che provo in questo momento. Mentre lei riappare abbracciata alle amiche e mi saluta da lontano ridendo. Hasta Luego, Amalie.

<<Mi dispiace Peppe>> E' la solita consolazione.

 

Fame nevrotica. Compro un kebab vegetariano dal locale turco sulla strada. Kebab vegetariano senza kebab. Geniale. Nel frattempo accanto a me degli italiani si strattonano con un inglese. Non capisco il perché, ma il tutto si conclude con un paio di spinte. Il Kebab non kebab è pronto. Primo morso. Secondo morso. <<Che facciamo adesso ragà?>> <<Andiamo sul lungo mare, c'è gente ancora>> <<Va bene>> Imbocchiamo la strada del ritorno. Ad un tratto una fitta intensa al fianco destro. <<Cristo>> <<Tutto bene Giusè?>> <<No! Ho la nausea>> “Swooooosh” Vomito tutto, pezzi interi di rucola e pomodori freschi. Il caramello si mischia all'odore delle salse nella Pita e incoraggiano altri conati di vomito. <<Cazzo!>> Una pozzanghera di schifo è ai miei piedi. Sorrido ad una ragazza disgustata che sta osservando la scena. Mi spiace baby. “Swooooosh” Sto creando un nuovo lago qui a Benidorm. Lago di Vomito. I succhi gastrici arrivano a completare l'opera. Ho la bocca acida, puzzolente. Tossisco ripetutamente sputando per terra gli ultimi residui di kebabnonkebab che stavo mangiando. Mi incuriosisco vedendo un pezzo a forma di occhio. <<Oh, guardate! Ho vomitato un occhio! Ah Ah>> Luigi si avvicina a guardare con disgusto. Ha un espressione orribile. <<Giusè, è un occhio!>> <<Cosa?>> <<E' un occhio, guarda tu stesso>> <<Si concordo>> dice Franco guardando anche lui. Mi avvicino piano. <<Ma che cazzo?>> Era un occhio, con tanto di ciglia, pupilla, iride. Un occhio color azzurro. <<L'alcol fa brutti scherzi eh? Ahah. Tiziano guarda tu, sei sobrio!>> dico spingendolo verso la pozzanghera. <<Giusè, è un occhio!>> Istintivamente mi tocco i miei, di occhi. Sono li al loro posto. <<Oh cristo!>> Nel frattempo una folla si è creata intorno al neo-lago Vomito. <<That is an eye!>> riesco a sentire dalla bolgia. L'occhio inizia a chiudersi. Come se ci fossero delle palpebre. <<Oddio, oddio, oddio>> Ed ecco una bocca. L'altro occhio. Un naso. Delle sopracciglia. Un mento. Un collo. Un essere disgustoso fatto della stessa sostanza delle mie secrezioni sta nascendo davanti agli occhi increduli di tutti. Oh Benidorm. E' un umanoide. I suoi tratti sono sempre più chiari. Ha una forma ormai. Sembra una donna. Sta cambiando colore. Sta mettendo su peso. Sta cedendo alla forza di gravità. E' nata una donna dal mio schifoso vomito.

 

<<Ciao!>> mi dice la ragazza nata dal mio vomito. Non riesco a dire nulla, sono completamente paralizzato. <<Che c'è? Hai uno sguardo strano>>. Non poteva essere altrimenti. Credo di soffrire di allucinazioni, ma guardando la faccia di chi mi sta intorno capisco che è una visione comune. <<T-t-u... c-c-hi sei?>> balbetto. <<Vodka!>> <<Ti chiami Vodka?>> <<Si, bel nome vero?>> <<Ahah, ti chiami VODKA?>> <<Non è divertente>><<Scusami, Vodka>> Si chiama Vodka, lei. Dovrebbe essere l'incarnazione di ciò che ho buttato giù poche ore fa. Vodka mi prende per mano e mi trascina con se, lontano dalla folla ancora incredula. Sono spaventato, ma anche eccitato. <<E' stato bello>> mi dice. <<Cosa?>> <<Quello che è successo prima tra di noi, all'appartamento>> <<Ah, cioè?>> Vodka abbassa lo sguardo, triste, delusa dalla mia amnesia. Mi indica il fegato con l'indice della mano destra e sento una fitta proprio lì. Cado in ginocchio dal dolore. <<Che cazzo fai?>> Non risponde, ma vedo l'indice della mano sinistra che sta per essere puntato contro di me. <<No no, non farlo baby>> Questa volta lo punta sulla mia fronte. Un dolore atroce mi attraversa la testa. Sembra che stia per scoppiare. <<Vodka finiscila! Ora mi ricordo! Ti ho scopato sul tavolo con Silvana e Francesco>> Vodka sorride. Vodka felice. <<Aaah... Ora mi dici cosa vuoi da me?>> <<Vieni con me>> La seguo.

Arriviamo sul lungo mare, dove la gente è ancora tanta e intenta a passeggiare lentamente. I più giovani si stanno già ritirando alle case e i più ritardatari si affrettano a raggiungere la movida. Vodka ha un passo veloce e nelle mie condizioni stento a tenerlo. Non so dove siamo diretti. Ci fermiamo al KU beach. Entrati dentro Vodka mi prende il braccio e mi strattona fino al bancone. Ci sono un paio di ragazze ed un ragazzo. Questo parla con loro, le abbraccia e le fa ridere. Vodka si avvicina al ragazzo e lo invita a girarsi. <<Oh cazzo, ma quello...>> <<Shhhhhhhhhh, non dire una parola!>> <<Ma è identico a me!>> <<Ho detto stai zitto!>> Davanti a me è apparso un mio sosia. Non sembra far caso alla mia presenza. Mi avvicino in silenzio e cerco di incrociare il suo sguardo. Quando questo accade la sua faccia si fa cupa. Mi guarda impaurito, come se fossi un pericolo. Mentre parla con Vodka i suoi occhi sono rivolti verso di me, senza sosta. E' davvero inquietante. All'improvviso si gira di spalle e si accorge che le due ragazze con cui prima stava chiacchierando sono sparite. Si rigira verso di me e mi lancia uno sguardo assassino. Va via.

 

<<Vodka, ma chi era?>> <<Eri tu, sei forse cieco?>> <<Emh, non dovrei più sorprendermi di nulla ormai. Sto parlando con la vodka che ho bevuto. Ok ti credo. Che problema ha?>> <<Nulla. Vuole ammazzarti!>> <<Perfetto. Cosa?!? Perché mai?>> <<Perché mi hai fatto tornare in vita, lui mi odia>> <<Cosa hai fatto?>> <<Diciamo che.. Sono un brutto ricordo>> Non mi va di insistere con le domande. Ho solo intenzione di trovare Giuseppe, cioè di trovare me.

Usciamo dal locale e iniziamo a cercare ovunque: nei locali vicini, sulla spiaggia, sul lungo mare. Nulla, sparito. Torniamo al quartiere inglese, è l'ultimo posto dove vedere. Eccolo lì, seduto su una sedia a chiacchierare con una ragazza. Sembra una conversazione molto intima. Lui (o io) la accarezza con dolcezza, le starà dicendo parole dolci. Le solite chiacchiere per arrivare ad un contatto fisico. Ora sono così vicini che non sarebbe strano vedere dietro due ragazzi fare il tifo. Mi avvicino piano, indifferente, sperando di non essere visto. Ma il suo sguardo si posa sul mio e il suo viso si inasprisce. Sussurra qualcosa nell'orecchio della ragazza e prendendola per mano la porta dentro. <<Vodka, ti sei scopato pure lui?>> <<Oh no, non è il mio tipo>> <<Come? Cos'ha di diverso da me?>> <<Bé, lui è astemio>> <<Ahah, certo, come no!>>. Li seguo dentro il locale.

Entrati si sente un odore forte, dovrebbe essere l'aria condizionata. C'è bolgia ed io ho una gran voglia di pisciare. Mi dirigo verso il bagno, utilizzo i pisciatoi sul muro mentre un nero mi guarda e cerca di dirmi qualcosa con lo sguardo. Vuole dei soldi. <<Non ho nulla, mi dispiace..>> Dice qualcosa in inglese che non capisco. E' insistente. Lascio perdere e vado via, sentendomi colpire da dietro da un paio di parolacce. Tornato in pista appare lui, cioè io. Ha qualcosa in mano, forse una bottiglia di Desperados. La agita verso di me colpendomi sulla fronte. <<Cristo, che cazzo fai? Vuoi ammazzare te stesso?>> <<Tu non sei me, capisci?>> <<Bé potrei guardami allo specchio e pensare subito il contrario>> <<Ah si? Fallo>> mi dice indicandomi una parete specchiata. Eccomi li dentro, con il sangue che cola dalla fronte. Le labbra screpolate, gli occhi gonfi. Le occhiaie nere e profonde. <<Bé, sono te un po' più brutto>> Mi colpisce un'altra volta, questa volte in testa. <<Guardati ora!>> Mi rigiro verso lo specchio. Ho dei vetri conficcati in testa. La mia faccia è piena di sangue. Inizio a tossire e vomitare. Solo succhi gastrici, ho già dato. <<Vodka, aiuto!>> Vodka è su un divanetto a pomiciare con un tizio. <<Brutta....>> Non termino la frase, sono piegato a metà per il dolore allo stomaco. L'altro me mi ha infilzato con la bottiglia rotta. <<Brutto ba.....>> Mi piego in ginocchio, sfinito. Tossisco e sputo sangue. Guardo Vodka correre verso di me. Le tossisco sangue addosso. <<Vodka, perchè? Cosa centro io?>> Tossisco.

<<Dovresti saperlo>> Tossisco ancora. <<Dovresti saperlo>> Cristo che tosse. Di nuovo nausea. Mi giro su di un lato e cerco di sboccare. Un qualcosa sta salendo nella gola e mi soffoca. Tossisco e tossisco. E' qualcosa di grosso. Coff Coff. E' terribile. Coff coff. Sembra di star a partorire dalla bocca. Coff Coff COFF. Vomito un pezzo marrone. <<Oh Cristo ma quello è....>> <<Si, è il tuo fegato>> <<Oddio>> Coff Coff. L'altro Giuseppe me si avvicina, lo prende e se lo porta alla bocca. Tira un morso e lo ingoia di gusto. Coff Coff. Io sto morendo, questo è sicuro. Coff Coff.

 

Fine.

 

In quegli ultimi istanti Vodka si dissolse e rimase un pozzanghera per terra. L'altro me, quello buono, scomparve. Rimasi li, con la testa in quella pozzanghera puzzolente, mezzo morto o mezzo vivo. Questa è una vostra scelta.

 

 


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