[ Intervista a cura di Anna Guzzi e Giuliano Brenna, la fotografia è di Francesco Berni, Milano 2009 ]
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DOMANDA.
Chi è Nicola Lecca?
RISPOSTA.
Nicola Lecca è uno scrittore viaggiatore che a 33 anni ha già visitato 200 città.
DOMANDA.
Com’è iniziato il suo percorso nella scrittura? Qual è stato il primo stimolo e cosa le ha fatto capire che la sua professione sarebbe stata lo scrivere?
RISPOSTA.
Ricordo che, fin da bambino, quando cominciavo a raccontare si faceva un certo silenzio tutt’attorno e le persone ascoltavano con piacere. Raccontare non lo si impara a scuola o dai libri. E’ – credo – una dote innata.
DOMANDA.
Chi l’ha maggiormente influenzata nello stile e nella metodologia narrativa? Chi considera suoi “maestri” di scrittura?
RISPOSTA.
Stig Dagerman, Thomas Bernhard, Marcel Proust, Ingeborg Bachmann e Malamud
DOMANDA.
Quali sono i suoi contemporanei che apprezza di più?
RISPOSTA.
Mario Rigoni Stern, Sergio Maldini e Giovanni Raboni
DOMANDA.
Cosa sta leggendo in questo momento? E quale libro tiene sul comodino?
RISPOSTA.
Sto rileggendo “Il commesso di Malamud". Gran libro. Sul comodino ho “Federica. Morte di una figlia”, di Fausto Gianfranceschi. Una lettura da poco conclusa, ma che necessita approfondimento.
DOMANDA.
Secondo lei dove sta andando la letteratura italiana? È vero che gli italiani leggono sempre meno? Qual è la sua percezione?
RISPOSTA.
Io abito all’estero dal 2000 e non mi piace parlare in generale delle persone. Ognuno è un caso a sé. Dunque non so rispondere alla sua domanda.
DOMANDA.
È stato scelto a rappresentare l'Italia a bordo del Literaturexpress, un treno patrocinato dall'Unesco – con a bordo 100 scrittori di 46 paesi – che, nell'estate del 2000, ha viaggiato da Lisbona a Mosca. Vuole raccontare ai lettori de larecherche.it la sua esperienza a bordo del Literaturexpress? Pensa che la letteratura sia in grado di abbattere definitivamente i confini nazionali e creare un sentire comune fra le genti d’Europa?
RISPOSTA.
E’ stata un’esperienza straordinaria, soprattutto perché, all’epoca, avevo 24 anni. La letteratura ha, secondo me, tre possibilità: informare, incantare e intrattenere. In questo dimostra la sua varietà e anche il suo potere.
DOMANDA.
I suoi romanzi “
Il Corpo odiato” e “Ritratto notturno” sono ambientati a Parigi mentre “
Hotel Borg” e “Ghiacciofuoco” in Islanda: questi sembrano essere luoghi che lei predilige, come mai? Inoltre, esiste una similitudine tra due isole che per lei sono importanti: la Sardegna e l’Islanda?
RISPOSTA.
L’Islanda e la Sardegna sono due isole profondamente diverse, così come profondamente diversi sono i sardi e gli islandesi. Ho vissuto a lungo in Islanda e ne conservo un ricordo ancora emozionante. Quando le balene entravano in porto le navi non partivano per paura di disturbarle. Parigi la conosco bene e la frequento spesso: ma ho vissuto per più lungo tempo in Austria, Svezia, Spagna e Ungheria. Tra i miei luoghi prediletti c’è senz’altro l’isola di Gotland e ci sono Innsbruck, Zagabria e Sarajevo.
DOMANDA.
Nelle sue opere descrive paesaggi nordici, ghiacciati. Ma ci sono ancora spazi incontaminati o luoghi in cui l’arte possa attecchire nel mondo contemporaneo?
RISPOSTA.
L’arte esiste nel momento stesso della sua creazione. L’arte non manca. Manca, semmai, il pubblico.
DOMANDA.
I suoi racconti, soprattutto quelli di “Concerti senza orchestra”, hanno spesso come protagonisti giovani di talento insidiati dalla follia, dal tormento psicologico. Penso a Veronique, al genio folle di “Angoscia di un genio”, ecc. Perché sceglie proprio queste persone?
RISPOSTA.
Sono affascinato dalla profondità della mente umana proprio come un subacqueo lo è dalle profondità marine. La complessità mi ha sempre incuriosito e, nei miei libri, ho cercato di ridurla ai minimi termini e di raccontarla semplicemente. L’amore per i viaggi include anche quelli nelle stanze buie della coscienza.
DOMANDA.
Come è nato “Il corpo odiato”? Come mai è stato scritto in forma di diario?
RISPOSTA.
Il corpo odiato nasce dalla notizia del suicidio di un modello che si vedeva brutto. Penso che oggi l’esteriorità abbia un’importanza molto più grande che nel passato e molto più grossa di quanto meriti. Ho sentito il bisogno di chiedermi il perché e di rispondere. Troppe persone entrano in guerra con il proprio corpo e si odiano senza motivo. Lo trovo inconcepibile. Eppure è così.
DOMANDA.
Le sue opere sono pervase dalla musica classica. L’ultimo racconto, Ascoltando Schumann, parla di uno scrittore che sogna di esibirsi in teatro. C’è una frase che dice «purtroppo, però, sono un creativo, la musica è parte integrante della mia vita, ma io non posso suonarla, non ne sono capace». Cosa significa? Qual è, per lei, il rapporto tra narrazione e musica?
RISPOSTA.
La musica è ritmo. Anche la narrazione lo è. La musica usa le note: la scrittura le parole. In questo musica e scrittura hanno molto in comune.
DOMANDA.
Sempre in questo racconto, nel sogno in cui lo scrittore si immagina musicista, il teatro, a un certo punto, resta vuoto e da un palco laterale rimane solo un giovane spettatore che saluta levandosi il cappello, con un gesto raffinato. Che valore ha questo spettatore? Rappresenta un tipo di pubblico?
RISPOSTA.
E’ difficile per uno scrittore capire perché ha scritto ciò che ha scritto. Credo che sia compito del lettore interpretare in maniera personale le incognite del libro.
DOMANDA.
Mi ha molto incuriosito il saggio “Di quasi tutto non ci accorgiamo” e mi spiace che sia scritto, mi pare, solo in olandese. Ci sarà un’edizione italiana? Intanto me ne può parlare?
RISPOSTA.
E’ strano: certi miei lavori sono assai più popolari all’estero che in Italia. E’ il caso di questo piccolo saggio filosofico che invita a fermarsi e a scoprire che proprio accanto a noi c’è l’incanto: e non è nemmeno nascosto. E’ proprio lì, ma spesso non abbiamo il tempo e la curiosità per accorgercene.
DOMANDA.
Quali sono i suoi progetti per il futuro e il fatidico “sogno nel cassetto”?
RISPOSTA.
Sono una persona che ama realizzare i propri sogni e, fin da quando ero bambino, ho cercato di realizzarli anziché tenerli nel cassetto. La determinazione e la disciplina credo siano due bei modi per andare incontro alla felicità. Non trova anche lei?
DOMANDA.
Quali consigli vuole donare a chi si accinge ad entrare nel mondo della scrittura?
RISPOSTA.
Siccome sono certo che i redattori della Recherche.it siano persone di spirito, consiglio per esempio non usare mai il verbo “accingersi” perché è un po’ notarile e stona molto quando lo si legge a voce alta.
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Grazie. Invitiamo a visitare il sito web ufficiale di Nicola Lecca:
www.nicolalecca.it