Abbasso piano la serranda
sul box che custodisce l'auto
e sulla nostra storia esangue,
che lentamente va spegnendosi:
si spegne pure, all'improvviso,
la luce a tempo del garage,
precipitandomi nel buio
di solitudini rimosse.
Avanzo cauto a braccia tese
per incontrare qualche appiglio,
tra i muri un tempo familiari
dell'infanzia - e rassicuranti:
ci si giocava tutti i giorni
e li sapevo palmo a palmo,
con le lamiere come reti
e i labirinti immaginari.
Appoggio il dito sopra al tasto
con incredibile aderenza,
e mi stupisce indovinarlo
ancora adesso al primo colpo:
lo premo per intravedere
remoti aspetti di me stesso,
per ritrovare confidenza
con la mia intatta identità.
Illumina l'interruttore
il mio cammino nel futuro:
e lascia in ombra il nostro amore,
mentre rasento il vecchio muro.
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