Indulgi mia follia, mia ombra e mia compagna -
nel farmi l'occhiolino tra torve stalattiti
di chi per solo passo conosce lo sterminio -
sussurrami all'orecchio ritornelli, antiche eco
di un canto ormai perduto e cristallino.
Le luci colorate, la porta appena schiusa,
i doni che sapevi sul dorso del mistero -
slittavano sul legno le punte dei tuoi piedi.
"Vieni!"
Tremavi nella gioia dell'oltrepassamento,
dove era soglia al divieto sorridente
di chi ti amava, riamare senza condizioni.
Divina notte gravida di virginei incanti,
divina veglia - già certezza del domani,
dove è frusciante carta il battito del cuore.
Ora dorme su rovine pietosa - e splende -
quella stessa luna, fantasma lo svanire
nella cieca mente - ma tu indulgi mia follia,
divinamente!
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