Manuel Llanes nacque a Santo Domingo il 5 maggio 1899. Dopo essere appartenuto alla corrente del postumismo si integrò al movimento della poesia sorprendida insieme al poeta e amico Rafael Américo Henríquez. La sua produzione più importante fu El fuego (Collana La Isla Necesaria, 1953); in essa le fonti, che probabilmente coincidono con la Bibbia, si trovano mescolate e fuse con grande proprietà all’interno di un nuovo contesto letterario; il risultato coincide con la creazione di una lunga poesia considerata una delle più caratteristiche e originali della nuova estetica sviluppatasi in Repubblica Dominicana. Venne definito per il suo carattere e per la sua poetica come uno dei poeti maggiormente spirituali della sua epoca, tanto da essere soprannominato ‘Buda viviente’. Morì il 4 maggio del 1976 a Santo Domingo.
EL FUEGO
Y otro ángel salió del altar, el cual
tenía poder sobre el fuego, y clamó
con gran voz al que tenía la hoz aguda,
diciendo: Mete tu hoz aguda, y
vendimia los racimos de la tierra
porque están maduras sus uvas.
Apocalipsis: 14-18
Escucha las indeterminadas palabras:
¿Quién sabe de ti? ¿Quién eras aún?
Llegas desde una vez y trasciendes fugaz para siempre.
A solas permea tu luz fría, en clara gestación
del cielo y loado sea tu espíritu en el fuego celeste.
En ese andén de las incontables sombras,
¿cuál eres?
Ni tú ni yo lo sabemos. Pero dime,
aún antes de que seas signo:
¿Por qué sonó la voz de Dios desde donde te tiendes
y detuvo la primera pareja en las volantes hojas?
¿Qué será de mi dolor sin una eternidad?
¡Oh, fuego! Levanta adversa tu frente
a la soledad que nos traen las primeras angustias,
a las clementes candilejas, temblorosas, en el aire,
pues sólo existes para mí en una divisa,
porque de mí a ti, con tus demencias quizás,
me haces tu intercesor.
Acabarás, inconsolable, una breve escala de oro
para que hasta mí bajen los ángeles encendidos.
Tu culpa es sola, se sostiene, apenas se siente
trayéndonos la sangre entre gritos y cadenas,
y es un entrechocar de danzas, de cantos y banquetes
donde se ven los que vienen delante,
no los de atrás.
(vv. 1-25)
Cuando tú gritas a un túmulo desesperadamente,
Dios tiene las alteraciones de su fiebre,
y empiezan las descargas de las tronadas
para vernos en los solsticios.
Yo sé que la luz es igual: mata en una porfía,
y admitamos, hermano fuego, el trueque
de las grandes radiaciones
de esa luz que vuelve a la tierra en menos tiempo
que la alondra;
quien puede ahora alcanzarte no lo sabe aún decir,
por la integridad de las ánimas que me causan terror
mientras persigo las hurentes tizonas de los fuegos fatuos,
cuando alguien ve delante a las bestias heridas
en la hora de los atontecidos, para correr a prisas.
Es que tú tocas un clave que arde,
interrumpes un concierto, muchas veces, de voces.
Y la casa, ¿en dónde? Vuela. Ella no nos pertenece.
Así estoy seguro que se aparta, puedes decirme:
ahora que están aquí, no está nadie conmigo
y la vida tuya y la mía continúan calladas,
en una meta,
al levantarse el orto y acostarse el día, en el ocaso.
Salgo y voy como un pájaro enigmático y sombrío
a buscarla en un reino.
Escuchamos formarse un acto en el fuego de los aires.
(vv. 99-123)
IL FUOCO
E un altro angelo uscì dall’altare, il quale
aveva potere sul fuoco, e chiamò
a gran voce colui che aveva la falce affilata,
dicendo: prendi la tua falce affilata, e
raccogli i grappoli della terra;
perchè sono mature le sue uve.
Apocalisse: 14-18
Ascolta le indeterminate parole:
Chi sa di te? Chi eri ancora?
Arrivi una volta e penetri fugace per sempre.
Da sola la tua luce fredda impregna, nella chiara gestazione
del cielo e sia lodato il tuo spirito nel fuoco celeste.
In questa piattaforma di innumerevoli ombre,
quale sei?
Né tu né io lo sappiamo. Ma dimmi,
ancora prima di essere segno:
perchè è risuonata la voce di Dio da dove ti stendi
e ha trattenuto la prima coppia tra le foglie volanti?
Che ne sarà del mio dolore senza un’eternità?
Oh, fuoco! Alza la tua fronte avversa
alla solitudine che ci porta le prime angustie,
alle clementi luci, tremanti, nell’aria,
allora per me esisti soltanto in una veste,
poichè tra di noi, con la tua demenza forse,
mi rendi il tuo intercessore.
Terminerai, inconsolabile, una breve scala d’oro,
in modo tale da far giungere fino a me gli angeli accesi.
La tua colpa è sola, si sostiene, si sente appena
portandoci il sangue tra gridi e catene,
ed è uno spingersi di danze, di canti e banchetti,
dove si vedono coloro che stanno davanti,
non quelli dietro.
(vv. 1-25)
Quando gridi disperatamente sopra un tumulo,
Dio stringe l’alterazione della sua febbre,
ed iniziano le scariche dei temporali
per scorgerci nei solstizi.
Io so che la luce è uguale: uccide con ostinazione,
e ammettiamo, fratello fuoco, il baratto
delle grandi radiazioni
di quella luce che torna alla terra in meno tempo
dell’allodola;
chi può adesso raggiungerti ancora non lo sa dire,
per l’integrità delle anime che mi causano terrore
mentre inseguo i tizzoni ardenti dei fuochi fatui,
quando qualcuno guarda oltre le bestie ferite
nell’ora degli afflitti, per correre più in fretta.
È che tu tocchi una chiave che arde,
interrompi un concerto, molte volte, di voci.
E la casa, dov’è? Vola. Lei non ci appartiene.
Così sono sicuro che si allontana, puoi parlarmi:
ora che loro sono qui, che non c’è nessuno con me
e la tua vita e la mia continuano in silenzio,
verso una meta,
dalla sveglia dell’orto all’andare a dormire del giorno, nel crepuscolo.
Salgo e vado come un uccello enigmatico e cupo
a cercarla in un regno.
Ascoltiamo formarsi un atto nel fuoco delle arie.
(vv. 99-123)
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