L’assoluta slegatura del componimento da una qualsiasi realtà che non sia quella del poeta prima, e in una fase più evoluta quella soltanto della stessa poesia, esistente in quanto viva, scatenatrice di bellezza, corpo e forma ormai distaccatasi non solo dalla realtà esterna ma anche dal suo stesso creatore: ecco il mio approdo al creazionismo di Huidobro e di Diego. A quel sublime ‘da taschino’, surreale e fantasioso, che fa dell’armonia poetica di numerosi elementi, di numerosi piani, la sua grandiosa essenza. Il paradiso perduto, l’ignoto, si trovano ora nella stessa poesia, sopra e sotto le sue braci estetizzanti.
La poesia non ricerca più il divino ma diventa essa stessa il proprio culto, non per un rifiuto, ma per necessaria deviazione. Se il poeta era un simulacro di carne capace di compiere un’evoluzione attiva, fino a controllare il proprio dono, ora gli effetti dello stesso hanno dato vita ad un nuovo soggetto animato, mobile, quindi autonomo, un altro da sé in quanto in sé.
Queste cinque liriche tratte dalla mia silloge La poesia sorpresa vogliono essere qui un omaggio al creazionismo, filtrato da una poetica in cui, nella sete di ricerca che la contraddistingue, gli argini estetici, di linguaggio e di contenuto, finiscono dunque col fondersi all’interno di uno specchio indissolubilmente legato alle tappe passate, e presenti, di un personale e sempre nascente discorso poetico ed esistenziale.
Altazor
Sui fili d’erba del cielo
vedo scritto il mare
Rema
Il cielo cieco sotto l’erba dei fili
Si squarcia il sesso della parola
Altazor
ENTRA
Nel minuscolo regno siderale
Esce il gioco che si feconda
Che inonda
Che circonda
Che al mulino sorride
Che si siede sulle palpebre per vederlo
varcare
Il miracolo dei lupi
pende
Da una campana Di una stella
A una campana Di un'altra stella
Pascola il poeta sull’altra faccia
Della luna e
cade
cade
cade
Fino al pascolo affacciato sui remi
Rotti del mare
Ed ESCE
ALTAZOR
Come un re gigante sulla pianura
Sognata dai nani
Le palpebre allungano le gambe
Impolverate di farfalle
Ombre di gioco
Sentiero mobile
Gioco di greggi ignote
Note greggi giocose
Piume di note
Silenzio Caduta
Vedo scritto IL MARE
Dal ritorno
MURO DI NEBBIA
Furia ed acque trasparenti
Divine incantatrici
salvatrici
Capezzoli di petali e sale Facce di diamanti
Ade veggente
Tentacoli
delle sette teste
Achille triste
Agamennone
tradito
I massi atroci dei giganti
Schiene d’oro della sabbia Circe viola
La fame infame
Sole che bruca incendiati mari
Le voci Sulle labbra
Intrecciate Appuntite
Delle sue donne Dei seni più salati
Ancora il remo
sulla spalla
__
Lei
Per comprendere la purezza di LEI –
che come ebbi già modo di dire perfino
gli alati araldi bianchi invidiano –
basti pensare a quel suo esser sbalordita:
mi servirebbe un giorno intero per raccogliere
tutte le sue rotonde riflessioni!
Ma ce n’è una che ora mi impressiona
in modo particolare.
LEI odia la Chiesa, i Papi, i vescovi,
la Messa; afferma con sdegno sorpreso,
e domanda a se stessa, come un uomo possa
ritenersi rappresentante di Dio. Come può
tale arroganza essere accettata?
LEI non l’accetta. Eppure c’è una circostanza
nella quale il suo cuore trova la pace.
Un aspetto, soltanto uno.
LEI ama il silenzio delle chiese;
sedersi, da sola, all’interno
di una grande chiesa vuota:
LEI, la quiete, e Dio.
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Essere e creare
Sento quel bronzo splendente ESSERE
esplodere dal mio corpo;
succede di notte, quando il sonno
col sogno si avvicinano,
quando la lingua cerca
le sue foglie secche,
la mandibola e la mascella
le proprie piume, e la saliva
aspetta la calma.
Succede quando le ante del cancello
cominciano a tremare:
sento quel bronzo splendente
esplodere dal mio corpo –
o così vorrebbe – tanto da io dover
tenere con le redini la mente.
Penso a Álvaro de Campos, CREARE
a Ricardo Reis,
a Alberto Caeiro,
a Coelho Pacheco,
a Bernardo Soares.
Penso a Pessoa.
PENSO A TUTTE LE STALATTITI DELL’ANIMA.
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Storia di una maledizione
CONFESSO:
Ho bevuto alla fonte dell’Eterna Giovinezza.
Non domandatemi dove si trovi;
Per arrivarci,
Ho dovuto chiedere in prestito
Le ali ad Icaro
il sole
Non le strinse fra le fiamme:
Bruciò i miei occhi.
CONFESSO,
Ho fatto un Patto con il Diavolo:
Eterno fascino e bellezza,
In cambio della vista.
Non chiedetemi quando sia accaduto;
So
invece,
Che forse dovrei cercare e uccidere
La Strega che mi ha maledetto.
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