così lascio i fiori in rovina
al silenzio delle scarpate
il mio sangue è la somma d'infinite aurore e sa di mare che viene da lontano
moriremo forse di troppo dolore,
con un arcobaleno infilzato nella schiena
o del vino avvelenato che scorre a fiumi
quando a tarda notte si festeggia la morte nel suo velo migliore
ma, al di là di ogni dire
io sarò più bella a fuggirle incontro la mia sfida con la neve nei capelli
e tutta nuda
che danzo, le gambe lucenti d'acqua
su una foglia di vento, per salire più in alto del cipresso
scagliata in un volo obliquo ad interrompere le risonanze del pianto
curva su una mezzaluna di gesso
che sigillla l'inverno
dentro il grido di un gabbiano
e quel che resta poi, sarà solo polvere di luce che si scioglie nella pioggia
e un seme d'occhi neri sepolto tra le ginestre