scomposta, nel cerchio
addosso ai muri
suoni lunghi di neve, di salmastro un arco
mi sorregge gli occhi all'altezza del nero
è un canto che rincorro, sanguinando
una via in ombra che si confonde di vento
troppo sottile, la rotta dei gabbiani
non mi appare, perduta nei crateri di troppe lune
dilatate
nella notte che mi scivola sui fianchi,
inutilmente
fuggendo un destino, la voce nuda
su rami di sale
e di me che resta, se non una vaghezza in controluce all'orizzonte
distante dalla costa, non mi salverò toccando il mare
morirò così
con la pioggia battente sul petto, qui
tra le radici divelte dell'inverno,
e ancora mi strazia a memoria
il verso del sole che non posso baciare.
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