Canzone della morte e degli organetti
Cominciando da qualunque più antica luce
capace di accecare,
caddi nel creato pozzo non d’acqua ma di vento
come la chitarra di Diego.
Ed ecco fucilate di suoni:
sonoro osso grigio di corde dal tallone spuntato
ai buchi d’un nero abissale,
coi proiettili nel pugno pronto
a lanciare lungo il cammino di Granada.
Soldati eseguono la guerra incivile;
giallo giullare balla con gli occhi lontano,
gli organetti cantano dall’eterne fessure;
si chiude il sipario.
Burattinai muovono l’ultimo accordo;
fili svenenti di corvo gitano.
Quello che Lorca non disse
Lo specchio
si raccoglie
come una conchiglia di luce
nelle tenebre.
Chi sarai domani?
Su quale acqua – nuovo –
ti formerai?
In quali riflessi si poseranno
la tua anima, e il tuo cuore –
se ne conservi uno?
Cadrai come Narciso?... Oppure no?
(...)
Guarda, guarda quell’uccello giallo!
Ay, ay.
Lasciala stare!
Ay, ay, ay.
Lascia in pace – ay –
la Poesia!
Ay, ay attento!...
Lo specchio
si desta
come la piuma di un cigno
sopra la radice di una rosa.
Canzone del fiume e dei semi d’arancia
Stavo sulla riva col vecchio,
tra me e me un pesce morto
a pancia in su con una rotonda
capriola di luna spinse la corrente
con la coda fino a tuffare le ali
da una palpebra all’altra del chiarore
di vino rosso al fondo nero
dei nostri occhi in fila:
i miei e quelli di Mieses che come
i suoi versi pareva dipinto con tinta
di stelle, d’alghe, di una pena bianca
che lassù nel cielo non era la luna;
sputavamo semi d’arancia nel fiume,
il suo sorriso era dolce
come quello dell’arcangelo bambina
che voleva essere sirena salata
e non si mangiava le unghie.
Quanto ho amato la cristalleria
sorta da quelle labbra di raggi
doloranti!
Sputavamo parole rotonde
nell’acqua del fiume:
– mi insegnavi a costruire
la statua di me stesso sul tempo.
La melodia del corvo
Flagellata col vento dalla gioia;
noia veli il volto col fianco dell’odore
nero, giunge fiero il solco del candore
feroce in armatura.
Cela il mio braccio ch’apre l’ombra;
gesto di fulmine, abbaglio
vince ancora il lampo ammiccante
dell’incappucciata falce;
scura piuma dipinta che cola in piume,
corvo sbircia da uno spiraglio.
Era sveglia del corvo, nel corpo melodia
per chi non dorme mai, finchè non muore.
Quello delle donne pure
L’alito dei diavoli
puzza di sangue, olive e cenere;
quello dei draghi
odora di fumo e lame di parole;
quello dei guerrieri
di olio, di formaggio e di vento;
quello delle streghe
di fiori viola e d’erba bruciata;
quello dei poeti
di sale e di fonti;
quello delle donne pure
odora del proprio riso.
Note
La poesia «Canzone della morte e degli organetti» si riferisce alla morte di Federico Garcia Lorca: rifiutatosi di lasciare la Spagna allo scoppio della guerra civile, Lorca si recò a Granada dove fu arrestato. Venne fucilato lungo la strada verso la vicina Viznar dalle milizie nazionaliste, all’alba del 18 o 19 agosto 1936. ‘Diego’ è Gerardo Diego, autore della lirica «Chitarra» e caro amico di Lorca.
La poesia «Quello che Lorca non disse» si ispira alle liriche «Capriccio» e soprattutto «Narciso» di Garcia Lorca.
Nella poesia «Canzone del fiume e dei semi d’arancia» ‘Mieses’ è Franklin Mieses Burgos, poeta dominicano appartenuto alla corrente della Poesia Sorprendida. La lirica si ricollega in particolar modo a due suoi componimenti: «Cancion de la niña que queria ser sirena» e «Cancion del sembrador de voces».
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