Il temporale si allontanava
con gli ultimi colpi di coda
come uno che ha fatto la sua sfuriata
e mentre se ne va ripassa a mente
quello che ha detto
e ogni tanto si ferma, voltandosi indietro
per mandare qualche ultima minaccia,
ultimatum, avvertimento, prima di richiudersi
la porta alle spalle e scomparire.
Noi ce ne stavamo in silenzio a letto
che è un’azione pesante
perché più lo nutri il silenzio
più questo ingrassa e il suo peso
diventa intollerabile
se non sei macrosplancnico come lui.
Il problema era che lo avevamo fatto
già alcune volte e non restava che
riposare sull’oblìo degli orgasmi
che d’oblìo sono fatti a garanzia
della loro fattoriale moltiplicazione.
La stanza però era giusta e così la casa
e venivamo da una mattina di merda
da una situazione di merda, in una città di merda,
tanto per fermarci alla storia più recente,
e la realtà mostrava nocche e muscoli superbi
contro le nostre schiene disfatte
o più in generale le nostre disfatte.
In questi casi sempre si fuma un po’
e dopo un po’ ci si interroga
sul perché delle sigarette e si conclude
che è più facile smettere un amore che il vizio
e si vuole stare male e tossire da perdere gli occhi
perché quella casa che sogni da una vita
l’ha comprata uno che mangia bambini a colazione.
Anche quella che è con te c’ha i suoi problemi
e li vede sullo schermo del soffitto
su cui scorrono come divi dell’accanimento
e sotto la sua pelle la cellulite sta avendo il suo
progressivo trionfo e le rughe non dovrebbero
accampare diritti vista la non vissuta giovinezza.
Qualcosa quindi si dovrebbe, potrebbe fare.
Mangiare bambini a colazione, p.es., rapinare
uno diventato ricco e famoso anche se o forse perché
canta con la voce di un’anatra e pagarsi una beauty farm…
Ma stanze come questa sono fatte apposta
per mantenere lo status quo.
Sono a buon mercato, sotto la finestra
hanno una sedia, un tavolino dall’unico cassetto
istoriato coi ‘ricordo’ di quelli di passaggio;
uno è persino scritto in un alfabeto fatto di
asterischi e forse della stanza ne parla bene.
Stanze come questa alle pareti esibiscono
le opere di tizi che nella sua infinita fantasia
la morte elesse giovinetti per coglierli alla fine
nell’estrema estenuazione del delirio d’essere artisti
e possiedono, se la sai vedere, la dignità di chi
per contrasto svergogna alto nel tribunale del cielo
il disonore di tutto il resto.
Stanze come questa sopravvivono al cataclisma
di ogni giorno e sono abitate dall’indispensabile.
Un tizio, una tizia e la visita di un temporale che
fa tanto rumore perché non ha niente da dire, perché
di stanze come questa non sopporta il silenzio e il fatto
che qualcuno le possa abitare senza lamentarsi.
Così ci massaggiammo un po’ la schiena
a vicenda, immaginammo di fare una doccia,
ne fumammo un’altra e con cautela lo facemmo
un’altra volta mentre dalla finestra il preistorico
odore della terra bagnata ci riportava a un altro
dopo-temporale come questo, ma dell’infanzia,
ormai sepolto sotto l’oblio nostro e quello del mondo intero.
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