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Recensioni e note: da Leunam a I luoghi sepolti

Argomento: Poesia

di Manuel Paolino
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Pubblicato il 13/09/2016 20:10:22

Voci e Recensioni

 

Una voce tutta propria e originale, che consente di mettere a frutto la lunga e paziente ricerca di una dizione ritmicamente sorvegliata e suggestiva, ben supportata da adeguati contenuti poetici e da una inesauribile vena ermetica laddove tracima un sottile, penetrante sentimento di distaccata, consapevole e anche amara contemplazione esistenziale.

 

Tito Cauchi

(Presidente della giuria del Premio Nazionale di poesia edita Leandro Polverini 2012, a proposito del libro Leunam)

 

 

Manuel Paolino è un visionario di poche parole. Le sue sono poesie con una dolce cadenza ritmica, dove l’eco dell’immagine poetica, risuona leggera nel resto della pagina bianca.

Un poeta dalle tinte pastello, che non ha bisogno di punteggiatura per scandire le sue espressioni poetiche mai banali e sempre eleganti e pregne.

Nelle poesie di Paolino, c’è tanta umanità, ma soprattutto un rapporto empatico con la natura, fedele amica di sogni e pensieri, sciorinati in vorticanti metafore. Come nell’ultima strofa della poesia A Legnoverde: «Mi appoggio/ sulla pietra amica/ e insieme al sole sogno/ piccola erba dorata». L’uomo e la sua anima poetica, diviene un unicum spirituale con la natura, che è maestra chiarificatrice.

Un raggio di sole, vale come mille parole e tanti discorsi. Sono sensazioni date dal ciclo naturale, che il poeta fa sue e rende magma d’inchiostro, pronto a ergersi ad atavica soluzione del nostro tempo e del nostro rincorrerci nel tempo.

In un contesto di visione d’insieme, i terrestri di Paolino, sono come anime sospese e «ci sono uomini/ e donne/ separati da montagne/ altissime/ come le promesse/ gridate al cielo».

Una silloge profonda e penetrante, da leggere in assoluto silenzio, per riuscire ad immergersi nelle candide atmosfere naturali del poeta triestino.

Calda, rossa, sfumata, cristallina, accogliente, leggera... è la poesia di Manuel Paolino.

 

Paolo Coiro

(Caporedattore di Aphorism.it, a proposito del libro Leunam)

 

 

Calda: molto. Rossa: forse no, forse più verde. Sfumata: assolutamente no, tagliente direi, piuttosto. Cristallina sì, davvero, di una trasparenza che permane anche laddove al lettore rimane il dubbio di non aver afferrato qualcosa. Accogliente sì, ma è un padrone di casa di quel tipo che si diverte a fare gli scherzi ai suoi ospiti. Leggera... per dirla con Kundera «l’assenza assoluta di un fardello fa sì che l’uomo diventi più leggero dell’aria, prenda il volo verso l’alto, si allontani dalla terra, dall’essere terreno, diventi solo a metà reale». Ed è infatti nella dimensione onirica che si svolgono le avventure di Leunam.

 

Alessio Marzi

(Storico, ricercatore, insegnante di sostegno)

 

 

Nella nuova silloge poetica di Manuel Paolino, dall’evocativo titolo di Prima del crepuscolo, si intrecciano numerose tematiche. Da un lato ci immergiamo nell’anima del poeta, nei suoi pensieri e nei suoi desideri più reconditi, dall’altro siamo portati a riflessioni più generali ed universali, che coinvolgono la vita dell’umanità intera.

In questa raccolta la poetica di Manuel si fa più intima, più sofferta, rispetto a quella di Leunam. Il più celestiale dei poeti, che non si curava dei numi, torna ora ad essere mortale tra gli uomini confusi, nella lirica Mani.

L’umanità di Paolino è un’umanità stanca, rancorosa, incattivita, come declama in Un nuovo giorno: «Ho incontrato uomini vecchi/ traballanti d’arroganza/ con rabbie trattenute/ in scricchiolii d’ossa insane».

Un’umanità guidata da esseri abietti, che saranno alla fine giudicati, come canta nella lirica L’ora del giudizio: «Voi/ che dell’umano potere/ avete fatto scempio (...) Ora al traguardo// Sarete giudicati».

Ma oltre queste oscurità e queste cattiverie c’è una forza che interviene nella vita dell’uomo, una forza che tutto supera e tutto abbatte, si tratta dell’amore.

L’amore che Manuel declama, con timore e tremore, nella lirica In un’anima: «Mai/ avrei pensato/ fosse così/ grande/ il mio timore/ d’un amor/ tanto profondo».

L’amore che accompagna dolce nel sonno di Verso Morfeo: «Infine/ m’addormento/ per mano/ accanto/ alla persona/ amata».

L’amore nella poesia Un uomo, un amore che è capace di superare anche la morte: «Ascolta il suo grido/ madre/ perchè se c’è una cosa/ che nessun vociare/ né alcuna morte/ può cambiare/ è l’amore/ che sana/ le cadute/ su quei cammini rovinosi/ di cui ancor non vedi/ i petali sommessi».

Quest’amore sembra essere il preludio ad un amore più grande, quello di un sole che non tramonta, ma anzi, abbraccia l’uomo in tutta la sua luce.

Così canta Paolino nella lirica Prima del crepuscolo, che dà il nome alla raccolta: «Scorgo/ la mia vita/ tra quelle montagne/ disegnate con le loro curve/ sul tiepido abbaglio/ in discesa/ di un sole/ a metà// Prepotente ora/ dal cielo emerge/ e mi vince/ in un abbraccio di luce».

 

Fabrizio Bandini

(Scrittore, poeta, saggista, Direttore della Midgard Editrice)

 

 

Prima del crepuscolo è la seconda raccolta del pluripremiato Manuel Paolino. Il titolo della silloge è preso da una poesia contenuta nell’opera, che ci introduce nell’animo e nelle parole a cui l’autore dà vita: «Scorgo/ la mia vita/ tra quelle montagne/ disegnate con le loro curve/ sul tiepido abbaglio/ (…) e mi vince/ in un abbraccio di luce», il sole sembra essere l’inizio e non la fine di un incontro che riscalda il corpo.

La raccolta è composta da trenta poesie, tutte hanno un elemento peculiare quale la sofferenza, che è vista però sotto molteplici aspetti come in Le mie domande: «Non c’è spazio/ né condanna/ non ci sono suoni/ né perdono/ i sospiri tacciono/ nel tempo/ scandito/ da queste foglie/ che si sbriciolano», tutto è in un continuo avvenire, e in un lento progressivo esaurirsi, tornare alla terra. Altri versi ancora ci introducono al concetto di fine, di esaurimento di speranze: «(…) In questo/ varco/ spalancato/ le profezie/ galleggiano/ su felicità/ interrotte».

Attraverso due percorsi il poeta ci apre i sentieri del verseggiare, uno più intimistico, che è portavoce di sogni, speranze, desideri (forse mai diventati realtà), e l’altro più arioso, aperto, conviviale per ogni possibile intimo ritrovarsi. Intimità e sofferenza diventano pure un tutt’uno: «Esplodono/ alle spalle/ cadono/ incessanti/ (…) in posa/ per il finale// Fu solo pioggia».

C’è spazio anche per sprazzi di eterea speranza, di gioiosità in scadenza: «Si mischiano/ con le pietre del fiume/ i piedi degli angeli/ (…) Siamo figli/ superstiti/ feriti/ fra cortine/ di speranza».

Ma quel guizzo di labile felicità, trova conferma nel più alto, onesto, gentile, ma anche strano, indecifrabile, aguzzo sentimento che da tanti anni muove la mente, il corpo, la vita: l’amore.

Testimonianza di ciò l’abbiamo in Un uomo, ma non solo: «(…) Ascolta il suo grido/ madre/ perchè se c’è una cosa/ che nessun vociare/ né alcuna morte/ può cambiare/ è l’amore/ che sana/ le cadute/ su quei cammini rovinosi/ di cui ancor non vedi/ i petali sommessi/ (...) Non c’è più notte/ dietro lo specchio/ della quale tu possa/ aver timore».

Versi per sognare, per decidere, per lasciarsi naufragare in un mare in tempesta, che risuona al dolce frastuono dell’ingannevole semplicità.

 

Gino Centofante

(Scrittore, poeta)

 

 

Il poeta ha la forza poetica dei cantori greci. La sua bravura lo porta sull’Olimpo di una Poesia eccelsa e incoronata dall’alloro dei miti del passato. Manuel ha la grandezza di un vate che non si sperava di trovare nei nostri tempi. Figlio della fine di un decennio che lo illumina ancora di giovinezza è straordinario e commovente. 

 

Antonella Griseri

(Scrittrice, critico letterario, dopo aver letto le poesie CalipsoLa piccola Christelle, RichiamoL’urlo)

 

 

Dopo Leunam e Prima del crepuscolo Manuel Paolino ci presenta la sua terza raccolta poetica: Calipso.

Un titolo evocativo che raccoglie in sé il senso profondo della sua poesia. In questa nuova raccolta difatti le tematiche del viaggio e del mare vengono fuori in maniera preponderante.

Viaggio, che è in sé il viaggio della vita, che ognuno di noi compie, ma che è anche il viaggio del poeta, che attraversa nuovi territori lirici e nuove opere. Il mare, inoltre, è già di per se stesso simbolo di viaggio, di attraversamento dell’ignoto, per giungere infine nello sperato porto o a casa, come il prode Ulisse.

Le figure di Ulisse e Calipso si impongono in questa raccolta in maniera naturale e quasi necessitante.

Ulisse è il viaggiatore, è l’uomo che attraversa il mare della vita, siamo tutti noi, ed è anche il poeta, l’uomo che riflette sullo scorrere della sua esistenza e sul mondo che lo circonda.

Calipso è la ninfa dell’isola, che si innamora di Ulisse, che lo imprigiona, durante il suo errare, durante il suo ritorno a casa, ma è anche la Poesia, con cui il poeta intrattiene un rapporto stretto e a tratti travolgente.

La riflessione poetica di Paolino si avviluppa tutto attorno a queste figure, al viaggio e al mare, sprofondando alla ricerca di significati e di verità ulteriori, ancora più nascoste, in un incedere che sembra non avere tregua.

Ma infine c’è il ritorno a casa, il ritorno al porto natio, in cui il poeta/Ulisse infine approda, portando con sé l’amore per la sua donna, per la sua musa ispiratrice.

In questo caso è Empera, la moglie di Manuel, che con lui ha attraversato il grande Oceano, da Santo Domingo a Trieste.

Un ritorno in qualche modo similare, ma anche molto diverso, di quello narrato nell’Odissea. Così come tutti i viaggi degli uomini sono similari, ma sono anche unici ed irripetibili.

 

Fabrizio Bandini

(Scrittore, poeta, saggista, Direttore della Midgard Editrice)

 

 

Una raccolta di poesie è sempre un viaggio nella mente e nel cuore di chi le scrive. Il poeta si mette a nudo, lascia cadere le sue difese e rivela la sua parte più nascosta. Proprio per questo, le raccolte di poesie sono, a mio parere, le più difficili da recensire. Come si fa a rencensire degnamente un insieme di emozioni così profonde e personali? Permettetemi e scusatemi pertanto se le poche parole che scriverò non renderanno giustizia alla bellezza di ciò che ho letto e riletto in queste sere.

Si dice che i numeri siano infiniti, mentre le parole no, però le parole si possono usare un infinito numero di volte per esprimere innumerevoli sfumature: paesaggi, immagini, stati d’animo. C’è anche chi dice che una poesia non è tale se non è in rima, lunga e prolissa.

Il poeta Paolino, con questa collezione, dà prova di riuscire a trasmettere al lettore svariate emozioni e ci dimostra anche che a volte basta poco per descrivere tanto. La poesia, ripeto, è nel cuore, nell’anima del poeta e Paolino, in poche righe, riesce dipingere l’universo che è dentro di lui.

Da una manciata di versi, selezionati, ponderati e strutturati con estrema cura, esce un’opera d’arte, una scultura – come accenna l’autore stesso nell’introduzione alla raccolta – che è completa nella sua semplicità.

Sono versi disarmanti. Alle volte ci tolgono il respiro, altre volte ci danno filo da torcere per comprenderli, ancora ci scuotono profondamente, e sempre e comunque risuonano dentro di noi come una eco che non ci vuole lasciar andare.

Mi piace pensare alle poesie di Paolino, e dei grandi poeti in generale, come a un buon rum davanti al caminetto in una sera d’inverno.

Alla fine la poesia è un sorseggiare le parole e godere del retrogusto che esse ci infondono in funzione dello stato d’animo in cui ci troviamo, sia esso felice, malinconico o anche infuriato. Qualsiasi emozione scaturita da una poesia, in positivo o in negativo, è fondamentalmente un brindisi all’arte. Salute!

 

Katia Guido

(Redattrice di Aphorism.it, a proposito del libro Calipso)

 

 

Nel suo ultimo lavoro letterario, Manuel Paolino, che nella precedente raccolta Leunam si era fatto esplicitamente profeta e cantore delle estensioni dell’Accanto e dell’Altrove, scoperchia, dal punto di vista poetico, una nuova dimensione attorno a cui far ruotare i suoi versi liberi, alternativa ma complementare allo Spazio: il Tempo.

È questo il risultato di una ricerca (historia) da lui definita, paradossalmente, di luoghi sepolti.  

Il rivelarsi del divenire (accanto all’essere) come una «clessidra nella pelle» è invece un’epifania poetica che, per Manuel Paolino, ha il valore di una scoperta scientifica.

A farla da padrone nella raccolta, a dispetto del titolo, è quindi il Tempo, protagonista assoluto e narratore in prima persona degli scenari apocalittici rivelati nel poemetto intitolato Il giorno in cui il Tempo distrusse i sepolcri.

Manuel Paolino sembra voler qui sperimentare assieme alla durata, il ritmo e la distribuzione geometrica. Il poemetto è infatti ripartito in due canti, ciascuno composto da sette stanze di otto versi. Eppure, in questa piccola cattedrale matematica e gotica, segnata dal «male dantesco», è consapevolmente inserito un elemento perturbante che ne fa traballare l’intera architettura.

È infatti un singolo verso libero, slegato da qualsiasi simmetria, ad introdurre le ultime due stanze: «Ecco qualcosa accade:». Si insinua così il dubbio che l’apparentemente inesorabile e necessariamente determinato flusso del divenire, che «sale e non dà pace», possa correre (sotto gli occhi di un Tempo divenuto infine un immobile spettatore) lungo percorsi molteplici e casuali, una volta risvegliatosi ciò che «(...) nel ventre/ il sonno dorme d’un poeta».  

 

Alessio Marzi

(Storico, ricercatore, insegnante di sostegno)

 

 

 I luoghi sepolti è una raccolta di sette liriche che precedono il breve poemetto allegorico Il giorno in cui il Tempo distrusse i sepolcri diviso in due parti, Il mattino e il mezzogiorno e Il vespro e la notte, opera dell’autore Manuel Paolino.

Nella sua introduzione Paolino ci spiega che il poeta non è più soggetto come un burattino alla poesia ma ne è consapevole e ne affronta il viaggio, verso destinazioni ispiratrici ovunque esse siano: dentro la mente o nello spirito del poeta o in luoghi lontani, l’importante è che restino avvicinabili per mezzo di un vero e proprio percorso, sia esso fisico o mentale. 

Protagonista del poemetto è il Tempo, il quale è sia muto osservatore, sia inesorabile distruttore; anche se questo spazzerà via luoghi e tombe di illustri poeti, non riuscirà comunque a cancellarne il ricordo delle poesie, e nemmeno potrà fermare la nascita di nuovi avventurieri della poesia.

Tra le liriche che precedono il poemetto, il mio gradimento personale è per Il girasole; breve, mi ha portato a ricordare l’estate, conducendomi in viaggio verso una fonte d’ispirazione.

 

Stefano Bergamasco

(Comitato dei Lettori di Aphorism.it)

 

 

Dedica, Ringraziamenti e Note

 

Dedico questo libro a Emperatriz Paula Valerio, mia cara moglie, che conobbi un giorno d’estate del 2009, alla quale molte mie liriche si riferiscono (Empera – composta nell’autunno del 2009 – In un’anima, Colori, Rugiada di poesia, Verso Morfeo, Virus, Vetri, Il miracolo, Luna, Elisir, Risveglio, La profezia di Poseidon, Il mare degli dei, Il giorno più bello, La chiromante, Versi antichi, Casa, Poetica, L’angolo – «con la testa appoggiata lì/ dove il mento incrocia le carezze» – Il girasole), oppure ci vedono protagonisti. 

Ringrazio dal profondo del mio cuore mia madre Vinicia Cadenaro, amica, mamma deliziosa, donna immensa e da sempre mia prima lettrice.

Ringrazio mio padre Salvatore, anima della mia anima, uomo incredibile ed unico. Ringrazio mia moglie, mia madre e mio padre, per il loro intenso amore e per la purezza lucente dei loro spiriti, senza i quali oggi non sarei quello che sono.

I miei genitori sono presenti, oppure ci sono riferimenti che li riguardano, in più d’una poesia (Sangue, Cenere e luce, Un uomo, La cena, Casa – «qui tra le lenzuola d’amor/ grande a Trieste» – Poetica).

Ringrazio i miei fratelli, Fabio e Davide, la zia Marisa (con le sue passeggiate dentro casa, con i miei libri in mano – dopo averli volutamente lasciati da qualche parte, in attesa – leggendo i versi ad alta voce, cercando in essi ulteriori significati ed emozioni) e le molte persone care che in questi anni hanno letto i miei lavori.

Vorrei sottolinare inoltre come varie mie liriche si soffermino sulla Poesia; indole, questa, decisiva nel mio cammino e nel mio pensiero poetico (In fiamme, I versi, Poeta, Io salto, Congedo con Pessoa, Rugiada di poesia, Lontano dal porto – «m’abbandono/ alle sorde mie finestre» – Mani, Calipso, Incidere funes – «Son tornato/ alla socchiusa Porta/ per portar/ con me gli abiti più belli» – Armonie, Sognando la balena, Poetica, Ermete, e certamente il poemetto: Il giorno in cui il Tempo distrusse i sepolcri).

La mia poesia è popolata anche da numerose figure femminili, a parte mia madre e mia moglie, siano queste amori di gioventù, ricordi o apparizioni (Domani, Catarina, Memorie di battitti, Una terra, Frammenti d’oceano, Estremi di pensiero, Nel fiume, Dal buio, Alba rossa, Memoria di te, Dieci scintille, La piccola Christelle, La pleine lune).

Un ricordo speciale per Christelle – alla quale è dedicata la lirica La piccola Christelle – amica che sempre porto nel cuore, spentasi troppo giovane tentando invano di salvare una bambina dall’acqua, e che ora so ci guarda.

Un ricordo speciale per la terra che mi ha ospitato per quasi cinque anni, la Repubblica Dominicana, che ho amato ed amo, e sempre amerò; e per la città di Santo Domingo.

In Voci e recensioni i commenti che compaiono sono tratti dal sito sul quale gli autori li hanno pubblicati (Paolo Coiro, Gino Centofante, Katia Guido, Stefano Bergamasco, su Aphorism.it); da un’Antologia poetica (Antonella Griseri in 500 Poeti Dispersi. Libro Primo, La Lettera Scarlatta Edizioni, 2013); dalle Note introduttive di Prima del crepuscolo e Calipso (Fabrizio Bandini); da lettere personali inviatomi (Tito Cauchi, lettera relativa al risultato del concorso Leandro Polverini 2012, comprendente la motivazione critica); da messaggi personali (l’amico Alessio Marzi, che compose il suo secondo commento, quello su I luoghi sepolti, in un caffè di Marais, a Parigi, il 5 gennaio del 2015).

Il mio scritto intitolato Le ragioni della nuova poesia pura. Dinamiche poetiche di un’opera, è una successiva edizione, completata e rivista, dello stesso testo presente in Calipso, la mia terza raccolta, e in Nuova poesia pura, libro da me autoprodotto nel 2015.

Ultima annotazione sulla composizione delle liriche: le poesie di Leunam sono state composte fra il 2005 (ma alcune di esse risalgono a tempo prima) ed il 2011, in Italia, tranne la lirica Tra vivere e morire il vento, scritta a Santo Domingo (nel mese di gennaio del 2010 mi trasferisco in Repubblica Dominicana). Le poesie di Prima del crepuscolo sono state composte tra l’estate del 2011 ed il 2012, nel periodo di un anno, in terra dominicana. Le liriche di Calipso sono state ultimate fra il 2013 (ma la poesia Calipso risale a dicembre 2012) ed il 2014 (18 aprile 2014, giorno del mio arrivo in Italia), a Santo Domingo, tranne la poesia Casa, scritta quindi in Italia. Le composizioni de I luoghi sepolti appartengono al 2014 e sono state redatte in patria.

Infine un grazie sentito a tutti i miei lettori, che si avvicinano alla poesia e al mondo attraverso i miei versi.

 

 

Altre note a cura dell’autore

 

NOVIZIO  La poesia è dedicata ad un film: In memoria di me, di Saverio Costanzo (Italia, 2006), seconda pellicola diretta dal regista romano, successiva al suo film d’esordio del 2004, Private, e ispirata al romanzo Il gesuita perfetto (1960) di Furio Monicelli. Del film scrissi una recensione lunga, pubblicata nel Catalogo del Premio Internazionale alla migliore sceneggiatura Sergio Amidei di Gorizia nel 2007.

 

CATARINA  La particolarità della lirica è che le lettere iniziali di ogni verso formano, se messe insieme, il nome proprio che costituisce il titolo;

Altrove, «Altrove» compare nei versi di alcune poesie all’interno dell’opera, come Catarina, ma anche Leunam e Il miracolo. Un luogo nascosto, intimo e reale, onirico e presente. Ed è da lì, forse, che proviene, enigmaticamente, la Poesia.    

 

GLI OCCHI DI GOYA Goya, Francisco José de Goya y Lucientes (1746-1828), è stato un pittore e incisore spagnolo. Nel 1792 compì un viaggio in Andalucía, durante il quale si ammalò e perse del tutto l’udito.

 

UNA TERRA  I Campi dei Nebrodi, il componimento è stato scritto in Sicilia, precedentemente al 2005, nella terra di origine di mio padre, in provincia di Messina, nella campagna di Sauro tra i monti Nebrodi, vicino ai paesi di Brolo e Ficarra.

 

A LEGNOVERDE  Legnoverde, «Legnoverde» è il nome della foresta immaginaria descritta nei versi; la poesia fu realizzata fra il 2004 ed il 2005, in un periodo nel quale scoprì di avere una malattia agli occhi.

 

DAL BUIO  Cerastella, «cerastella», chiaramente un neologismo.

 

IL GIORNO DEGLI SPOSI  La lirica si riferisce al giorno del matrimonio di mio cugino Luca Paolino, nozze celebrate in chiesa a Certaldo, da mio cugino Don Lorenzo Paolino.

 

EMPERA  Ho tradotto la poesia dallo spagnolo in questo modo: Come il vento/ adesso/ sta suonando la mia pelle// Così/ t’amo/ con la stessa dolcezza// Tu sei il mio arcobaleno/ ed io il mar/ sul qual tu appari.

 

TRA VIVERE E MORIRE IL VENTO Yanco, «Yanco» è davvero esistito nella mia giovinezza: batterista (come mio fratello Fabio), che all’epoca a Trieste io ed i miei amici, più piccoli di lui, consideravamo sorprendente per l’estrema velocità di esecuzione che lo caratterizzava.

 

CONGEDO CON PESSOA  La lirica vuole essere l’omaggio e il riadattamento d’un componimento – Grandi sono i deserti, e tutto è deserto – del poeta portoghese Fernando Pessoa (1888-1935), che in parte riporto: «Grandi sono i deserti, anima mia, grandi./ Non ho fatto il biglietto per la vita/ (...) accendo la sigaretta per rinviare il viaggio,/ per rinviare tutti i viaggi,/ per rinviare l’universo intero./ Ripassa domani, realtà!/ Basta per oggi, gente!/ (...)».  

 

IL CUSTODE  Protagonista dei versi è un cane, Divo, il pastore maremmano che per molti anni ha fatto parte della mia famiglia, e che accompagnai fino alla fine, fino ai suoi ultimi respiri. Molto tempo dopo, lo risentii ancora straordinariamente presente in me, e scrissi questa lirica in sua memoria.

 

IL MIRACOLO  Componimento che rappresenta quello che io definisco il primo miracolo. Racconta la drammatica vicenda che vide coinvolta mia moglie Emperatriz in un incidente stradale, dal quale sopravvisse indenne. Anche la poesia Vetri si riferisce ad un incidente automobilistico, di natura lieve.

 

UN UOMO  v. 6 Lui che per tante notti,  Lui è «Un uomo», cioè mio padre. Come in gran parte delle poesie che si riferiscono ai miei genitori, è presente una tematica famigliare, personale, molto forte.

 

ATTESA  Questa breve lirica che conclude Prima del crepuscolo testimonia più di qualunque altra il mio attaccamento, al di là d’ogni bene e d’ogni male, alla terra dominicana. Fu scritta in un periodo in cui avevo già in qualche modo previsto ed immaginato il mio futuro ritorno in patria, ma al quale mancava, tuttavia, ancora molto tempo.  

 

LA PICCOLA CHRISTELLE  Ho parlato di Christelle in Dedica, ringraziamenti e note. Quando mi diressi verso la giovane ragazza haitiana distesa s’una sedia a sdraio al bordo di quella fatale piscina, vidi – come se sol io vedessi – una manciata di rondini, cariche di tutta la loro simbologia del viaggio – ultraterreno – avvicinarsi ed allontanarsi dal corpo privo di vita, per porsi poi di nuovo accanto ad esso, continuando così questa mistica danza. Quella fiamma che, fino a pochi istanti prima stava in lei, ora, lo sentivo, era in qualche forma presente, proprio là, presso tutti noi, che vagavamo attorno. Fu allora che io mormorai – ancora non avevo notato i baci delle rondini – «lei è qui». Questo, senza dubbio, in tutta la sua incredibile purezza, fu il secondo miracolo.

 

INCIDERE FUNES Incidere funes, l’origine dell’espressione, testimoniata anche da Virgilio, risale al linguaggio degli antichi marinai che indicavano in questo modo l’azione del salpare, cioè «tagliare le corde».

 

LIBÈTE  Libète, si tratta di creolo haitiano, significa «libertà», viene pronunciata la «e» finale come se fosse accentata.  

 

LA PROFEZIA DI POSEIDON  Maem, la parola è anche tatuata all’interno di un disegno sul mio braccio. Racchiude le iniziali del mio nome e di quello di mia moglie. La poesia, scritta qualche giorno prima del mio matrimonio (come Il giorno più bello) in origine doveva chiamarsi solo Poseidon. In seguito, quando mi sposai – il 25 novembre 2013 a Santo Domingo – e comparvero inaspettatamente gli anelli grazie a mia madre, il componimento prese il nome di La profezia di Poseidon.

 

IL MARE DEGLI DEI  La lirica racconta i difficili momenti dopo il secondo terribile incidente d’auto di Emperatriz, ancora più grave rispetto al primo, dal quale di nuovo, uscì quasi indenne. Fu questo il terzo miracolo.

 

VERSI ANTICHI  Sono questi, rivisti, riadattati e dedicati alla mia compagna Empera, i miei versi piu antichi; forse i primi che comparvero su quel zibaldone virtuale del quale ho avuto modo di parlare.

 

CASA  vv. 17-18 Au revoir à tout le monde/ adieu à tout le mal, tradotto in italiano: «Arrivederci a tutti quanti/ addio a tutto il male». Si tratta della prima poesia composta in Italia dopo il mio ritorno, e l’ultima di Calipso. La strofa iniziale descrive le prime senzazioni vissute a Trieste dopo la lunga lontananza. In seguito i sentimenti s’alternano fra i ricordi della terra lasciata e la città natale ritrovata.

 

SOGNANDO LA BALENA  Mi capitò, una notte d’estate, nel 2014, di sognare la balena: la balena è il simbolo di un tuffo e di una risalita all’interno di se stessi, alla scoperta della vitalità che la profondità della psiche può custodire, è la garanzia d’una gestazione necessaria per rinascere ad una nuova vita. Il suo significato si lega proprio al contatto con questo mondo profondo ed inconscio, e con le idee e le possibilità ad esso collegate.

 

L’ANGOLO  Piazza, naturalmente, è la Piazza dell’Unità d’Italia a Trieste, affacciata sul mare. Gli «uccelli», sono gabbiani.

 

ERMETE  Ermete Trismegisto è un personaggio leggendario dell’età ellenistica, venerato come maestro di sapienza e ritenuto l’autore del Corpus hermeticum. Dal suo nome deriva il termine «ermetismo» riferito alla corrente poetica fiorita in Italia negli anni tra le due guerre.

 

IL VIAGGIO DI RIMBAUD  Si tratta dell’ultima poesia scritta in ordine di tempo fra quelle presenti nel libro, composta il 29 dicembre del 2014 (non presente quindi nella silloge de I luoghi sepolti, edita nell’autunno dello stesso anno, commentata da Alessio Marzi e Stefano Bergamasco in Voci e recensioni). Essa è costituitata da tre parti le quali si riferiscono a tre diversi momenti della vita del poeta francese: i primi sette versi, la fase iniziale (l’incontro con un soldato morto); i seguenti nove versi, la fase finale (la sua vita in Africa); i restanti cinque versi, la fase centrale (l’abbandono di Verlaine, della poesia, e delle proprie convinzioni poetiche).

 

IL GIORNO IN CUI IL TEMPO DISTRUSSE I SEPOLCRI  vv. 112-113 poichè la terza ancor nel ventre/ il sonno dorme d’un poeta, la terza «ombra» è quella del bambino/poeta che cresce nel grembo della madre, la quale, in questa prima visione del protagonista dopo la lunga tormenta, si trova accanto al suo compagno. L’uomo è misteriosamente ricomparso sulla terra, e con lui, la Poesia, con cui il Tempo nulla ha potuto.

 

 

 


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