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Un colore che non muore mai

di Pietro Menditto
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Pubblicato il 03/11/2012 10:42:51

Va in ufficio con un abito di lino blu.

Una collega gli ha detto che il blu è un colore che non muore mai.

 

E’ il quinto ufficio in ventidue anni. Ha speso gli ultimi spiccioli di conoscenze per ottenere il trasferimento e per ora le cose vanno bene.

 

E’ un assessorato senza assessore, per il momento. La vacatio giova a più d’uno. Qualcuno studia, altri fanno politica al telefono. C’è una che dopo aver lavorato sodo per anni al suo avanzamento si è vista soffiare l’incarico da una tipa davvero scaltra che si gode l’altrui  raccolto. In compenso le è concesso di non fare nulla.

Arriva tardi,  un po’ impettita, per lo più legge il giornale, recrimina e spesso gli racconta del matrimonio di una figlia, di quello imminente dell’altra, delle spese che l’hanno  svenata,  del marito di cui si innamorò la morte.

Non conosce la grandezza del regno che le è stato donato.

 

Lui ha lasciato l’ultimo ufficio perché l’invisibile capocomico lo aveva scritturato per una farsa in cui faceva la parte del terzo incomodo.

 

Ad alcune impiegate di qui piace, di quel piacere che non morirà mai in un letto o forse si annoiano soltanto.

 

Non hanno quasi nulla da fare.

 

Come la maggior parte, fingono di essere vive.

Passano ore al telefono, chiamano i figli a scuola, un’amica, leggono spazzatura, invidiano ad alta voce qualche collega pensionata.

Standosene sulle sue lui le costringe a chiamarlo con una scusa. Loro gli offrono un caffè, gli chiedono dei suoi matrimoni, se è ancora in contatto con la sua ex e, nel caso, se la sua attuale moglie lo sa.

 

L’ufficio di adesso è all’ultimo piano di un palazzo storico sul corso centrale della città.

C’è un lungo corridoio con un bagno alla fine. A metà, un passaggio in penombra apre su due sudice rampe di scale che portano alla terrazza, grande cinque o sei volte il suo appartamento in fitto. Ci va spesso a fumare e porta sempre con sé una penna e un po’ di carta per scrivere.

 

Si è in alto, a un’altezza condivisa da altre altezze, di colonne impavide d’aria, di infinite terrazze, che l’intensa luce impallidisce, di tornei di nuvole  bianche come spuma da barba e uccelli che scelgono padroni il prossimo atterraggio, una base per le future ebbrezze …

 

Le altezze si godono in silenzio la loro aristocrazia.

Sono ironiche, con stile, quando non sono sarcastiche, con classe.

 

Di sotto, il mondo brulica di vite mediocri e una di queste indossa un abito di lino blu,

                               un colore che non muore mai.


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