Considerato uno dei più grandi poeti dominicani, Franklin Mieses Burgos nacque a Santo Domingo nel 1907 e morì nella stessa città nel 1976. La sua opera poetica si divide tra il verso libero e la metrica con le stesso potente ed originale effetto, senza che il proprio lavoro perda il suo tocco, la sua inconfondibile voce, il suo discorso e il suo accento. Poeta definito neoromantico, le sue influenze derivano da poeti spagnoli quali Emilio Prados, Vicente Aleixandre e dall’ecuadoriano Jorge Carrera Andrade. Fu uno dei fondatori e direttori della Rivista La poesia Sorprendida, con la quale pubblicò le sue prime importanti raccolte come Sin rumbo ya y herido por el cielo (Santo Domingo, Edizioni La Poesia Soprendida, 1944) e Clima de eternidad (Santo Domingo, Edizioni La Poesia Soprendida, 1944).
Fu anche direttore dell’Istituto Dominicano della Cultura Hispanica e della Rivista Hispaniola. Egli esplorò temi di carattere sociale, popolare, politico, filosofico ed esistenziale, con un lirismo profondo e limpido costituito da un timbro fortemente surrealista, scivolando dallo stile classico ad uno stile moderno con dinamicità, e una musicalità sempre molto accentuata.
La sua produzione poetica può quindi essere suddivisa in tre fasi: quella ermetica, in cui maggiormente si manifesta l’influenza surrealista; qualla che segue modelli classici (i sonetti); e quella legata a temi popolari.
Utilizzava metafore sorprendenti e audaci, che spaziavano dai coloriti sensuali a quelli onirici e psichici; e su tutte la sua predisposizione a descrivere magicamente il tropico, in quanto suo figlio: sole, vegetazione esuberante e il mare.
“Nella poesia di Franklin Mieses Burgos risalta un’estetica piena di aspetti spirituali e sensoriali. Le immagini tattili, olorose, dotate di certe levigatezze e allusioni musicali, sonore e visuali fanno di questo autore il poeta dei sensi.” (Fernando Ureña Rib, pittore, scrittore e poeta dominicano)
CANCIÓN DE LA VOZ FLORECIDA
Yo sembraré mi voz en la carne del viento
para que nazca un árbol de canciones;
después me iré soñando músicas inaudibles
por los ojos sin párpados del llanto.
Colgada sobre el cielo dolido de la tarde
habrá una pena blanca, que no será la luna.
Será una fruta alta, recién amanecida,
una fruta redonda de palabras
sonoras, como un canto:
maravilla sonámbula de un árbol
crecido de canciones, semilla estremecida
en la carne florecida del viento:
– mi voz.
CANZONE DELLA VOCE FIORITA
Io seminerò la mia voce nella carne del vento
per far nascere un albero di canzoni;
poi me ne andrò sognando musiche inascoltabili
per occhi senza gli sbattitti del pianto.
Appesa sopra il cielo sofferente del meriggio
si vedrà una pena bianca, che non sarà la luna.
Sarà un frutto alto, da poco sorto,
un frutto rotondo di parole
sonore, come un canto:
meraviglia sonnanbula di un albero
cresciuto di canzoni, seme commosso
nella carne fiorita del vento:
– la mia voce.
CANCIÓN DE LA NIÑA QUE QUERÍA SER SIRENA
Por los caminos del cielo
llegó la luna gritando
sus claridades nevadas
de caracoles y nardos.
En la guitarra del viento
la brisa con dedos finos
cantaba un canto de plata.
Con su sonrisa de arcángel
que no se come las uñas,
la niña dijo riendo
bajo el capricho de luna:
– Yo fui sirena una noche
de sombras de terciopelo.
Sobre mis muslos de nácar
podían brillar luceros.
Madréporas y corales
entre la noche marina
lloraban sus soledades
por las pupilas salobres
de los dorados delfines.
Dorsos de plata y de luna.
Arena de las estrellas.
¡Cristalerías de espumas
en un mundo en donde sueñan
los tulipanes de nieblas!
– Niña mía, de tus ojos
está muy lejos el mar.
Quizás tú fuiste lucero;
pero sirena, jamás.
– Un palomar de tritones
yo vi en el fondo al pasar.
¿Por qué tú niegas que he sido
una sirena del mar?
Si negros son mis cabellos,
teñidos han sido allá
con tinta de calamar
y sombras de noche muerta;
si no son claros mis ojos
es por el llanto quizás:
que la pena es también negra
hasta en el fondo del mar.
– Nina mía es que en tus labios
no está el sabor de sal.
Quizás tú fuiste una estrella;
pero sirena, jamás.
CANZONE DELLA BAMBINA CHE VOLEVA ESSERE SIRENA
Per i sentieri del cielo
arrivò la luna gridando
le sue chiarezze innevate
di lumache e dardi.
Nella chitarra del vento
la brezza con dita fini
cantava una canzone d’argento.
Con il suo sorriso d’arcangelo
che non si mangia le unghie,
la bambina disse ridendo
sotto il capriccio di luna:
– Io sono stata sirena una notte
di ombre vellutate.
Sopra i miei muscoli madreperlacei
potevano brillare luci di stelle.
Madrepore e coralli
tra il buio marino
piangevano le loro solitudini
dalle pupille salmastre
dei dorati delfini.
Schiene d’argento e di luna.
Sabbia delle stelle.
Cristallerie di schiume
in un mondo dove sognano
i tulipani di nebbie!
– Bambina mia, dai tuoi occhi
è molto lontano il mare.
Forse sei stata un astro luminoso;
ma sirena, mai.
– Una colombaia di tritoni
ho visto sul fondo passando.
Perchè tu neghi che sono stata
una sirena del mare?
Se neri sono i miei capelli,
là sono stati colorati
con tinta di calamaro
e ombre di notte morta;
se non sono chiari i miei occhi
è per il pianto forse:
perchè il dolore è nero
anche sul fondo del mare.
– Bambina mia è che sulle tue labbra
non c’è il sapore del sale.
Forse sei stata una stella;
ma sirena, mai.
POESÍA
Justa Precisa Estricta Estructurada
Concisa Vaga Leve Estremecida
Amorosa Sensible Apasionada
Desnuda Reluciente Amanecida
Solitaria Profunda Desolada
Fresca Primaveral Humedecida
Telúrica Celeste Idealizada
Infinita Finita Sorprendida
Atenta Desvelada Vigilante
Cavilosa Serena Delirante
Humana Religiosa Grave Impía
Enigmática Franca Misteriosa
Entrañable Ligera Vaporosa
Única Eterna Universal Poesía.
POESIA
Accurata Precisa Rigorosa Strutturata
Concisa Vaga Soave Commovente
Amorosa Sensibile Appassionata
Nuda Luminosa Sorgente
Solitaria Profonda Desolata
Fresca Primaverile Inumidita
Tellurica Celeste Idealizzata
Infinita Finita Stupita
Attenta Svelata Vigilante
Apprensiva Serena Delirante
Umana Religiosa Grave Arpía
Enigmatica Franca Misteriosa
Accattivante Leggera Vaporosa
Unica Eterna Universale Poesia.
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