Sappiamo che fu una la partenza:
pozza di fuoco, bolla, fanghiglia,
e che di là, per tempi immisurabili,
venimmo ad essere pietra, serpe, ramo,
quindi mente che attorce e che addormenta.
Ora che un io mai sazio - esaltato
da dubbi estremi, da foghe eccessive,
dentro ogni gesto, dentro ogni tragitto
sempre si sente condannato a morte:
e resta il suo pensiero sovrastante,
resta la sua inderogabile norma -
quanto di tempo impiegherà quest’uomo,
così tanto occupato da se stesso,
a sentirsi a misura della foglia
che spunta da una minuscola polla
quindi si svolge come una ferita
- per saziarsi di notti e di mattini
e accogliere sul lucido panno
l’uccelletto, la mosca, la farfalla -
poi ingiallita staccarsi, accartocciarsi
in un suo soffio breve e appagata
disfare la sua cenere nel vento?
[ La poesia è tratta da una raccolta inedita di Elio Pecora, ed è una anticipazione che lo stesso autore ha voluto donare a LaRecherche.it e a tutti i suoi lettori, come buon augurio per il nuovo anno. ]