Manuel Valerio nacque l’8 settembre del 1918 a Moca in Repubblica Dominicana, e morì nel 1978 a Santo Domingo. Fece parte della corrente poetica della poesia sorprendida, ed è forse uno dei poeti meno conosciuti, anche in patria, tra gli appartenenti a questa generazione. Tuttavia egli rappresenta un grande tesoro nascosto e una delle voci più singolari e potenti di quegli anni.
La sua vita fu enigmatica e introversa così come lo è la sua poesia. La tirrania trujillista, l’ombra incombente della seconda guerra mondiale, la morte di suo padre assassinato dagli stessi sicari della tirrania, di certo influenzarono il suo atteggiamento già di per sè introverso, taciturno, meditativo. Il carattere intimistico, introspettivo delle sue liriche, seppur conseguenza anche del male esterno, terminò per diventare un fattore positivo, singolare, della sua opera; avvolta continuamente da un’aurea mistica, dove la morte, il fuoco, l’acqua ed altri elementi naturali si trasformano in quei valori simbolici attorno ai quali ruota il suo pensiero poetico.
Viveva circondato da giovani amanti della poesia; ma egli era differente, non diceva quello che tutti gli altri poeti affermavano in quel momento storico ed artistico: una poesia oscura, metafisica, non certo epica e cantatrice di cose che toccavano il popolo.
Fu un talento poetico naturale, di cui non si conoscono le influenze, ma che conosceva tutti i più grandi poeti della letteratura mondiale. Nel 1944 uscì per la collana El desvelado solitario delle Edizioni La poesia sorprendida, la raccolta Coral de sombras.
“Non gli piaceva brillare sugli altri, era una persona semplice, aperta, così naturale, che noi ci riunivamo con lui e a volte nemmeno ci rendevamo conto che stava lì... perchè lui non infastidiva, non aveva manie di protagonismo. Questo era Manolo, un essere umano eccezionale.” (Manuel Mora Serrano, scrittore dominicano)
COPA DEL ALBA
Yo te quise alondra
en la copa del alba, de los amaneceres nuestros,
y quise ser para ti:
un manantial de pétalos
en las constelaciones de mis planetas tuyos,
y solo soy un continente sumergido
en un océano de piedras
y de canteros sin retoñas.
COPPA DELL’ALBA
Io ti ho voluto allodola
nella coppa dell’alba, delle albe nostre,
e ho voluto essere per te:
una fonte di petali
fra le costellazioni dei miei e dei tuoi pianeti,
ma sono solo un continente sommerso
in un oceano di pietre
e di terre infertili.
NOCTURNO
Me he perdido
en una serranía de parpados
nocturnos.
Cisnes de estrellas
danzan en los lagos
en la noche obscura
como un madrugar
de redes nocturnas
en los senderos blancos de la vida.
El sol va tejiendo
aurora de escamas
con hilos de cal
en chapas de plomo.
Manadas de astros
se descuelgan del cielo
tras las montañas verdes
en lentas caravanas.
NOTTURNO
Mi sono perso
fra montagne di palpebre
notturne.
Cigni di stelle
danzano nei laghi
nella notte oscura
come un precipitarsi
di reti nere
nei sentieri bianchi della vita.
Il sole tesse
aurora di squame
con fili di calce
in lastre di piombo.
Mandrie di astri
si staccano dal cielo
dietro ai monti verdi
in lente carovane.
DOLOR QUE NAVEGA
Te siento tan lejos en mi vida cercana,
que aprisiono mis sueños como bolas de humo
enredadas en un dolor que navega.
Sigo tus pasos en la sombra olvidada
de sueños que callan mis sueños.
He visto luceros henchidos de labios
vagar por las nubes
sin rumbo, a tus ojos.
¡Qué frutos tibios germinan de ellos
al calor de tus labios ausentes!
¡Qué cielo surgido de la noche
es tu cuerpo!
DOLORE CHE NAVIGA
Ti sento così distante nella mia vita vicina,
che imprigiono i miei sogni come palle di fumo
confuse in un dolore che naviga.
Seguo i tuoi passi nell’ombra dimenticata
di sogni che zittiscono i miei sogni.
Ho visto splendori carichi di labbra
vagare tra le nuvole
senza rotta, verso i tuoi occhi.
Quali frutti tiepidi germinano da essi
al calore delle tua bocca assente!
Quale cielo sorto dalla notte
è il tuo corpo!
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