Pubblicato il 06/12/2012 22:12:49
Per essere strano è strano, quest’ultimo inverno che regala tramonti mai visti, cieli azzurro solido e un sole gentile. Ci si ritrova, prima o poi. Di qualcuna ricordi il nome ma non il volto, dell’altra intuisci la stanchezza, dell’altra ancora riconosci l’energia. Cosa rimane dell’infanzia quando ritrovi le persone con le quali l’hai condivisa? Che cos’hai da mostrare per farti riconoscere? Nulla. A volte i nostri migliori amici hanno la nostra stessa età, ma non sono stati bambini insieme a noi e del nostro “campo di grano” non sanno niente. Una pizza con le compagne delle elementari può mettere a posto tante cose; di te adulta sanno poco ma il tuo campo di grano lo conoscono bene.
”Verecondia e nettezza regnino in questo luogo e nella tua anima” recitava la scritta sulla targhetta inchiodata all’interno della porta di ogni toilette della scuola. E scopri che quello che sei, o non sei, l’hai raccolto lì, nel gabinetto. Forse non hai mai letto la scritta e non ti sei nemmeno domandata cosa fosse la verecondia, oppure i chiodi della targhetta ti sono rimasti nel cervello per il resto della vita, ma in ogni caso loro, le tue compagne, erano lì, erano con te. Vorresti che ci fosse anche quella cattiva che ti menava sempre; vorresti vederla per essere sicura che tutte le cose brutte, prima o poi, finiscono.
L’intelligenza è un optional, non è di serie, e per capire la testa ci vuole la testa. Quando ricomponi questo tipo di puzzle ti accorgi che i pezzi che ti mancano li hanno loro, le tue compagne; devi solo prenderli e metterli al posto giusto. Ciò che hai fatto o non hai fatto è dipeso solo da te, dalla forza che hai o non hai avuto, anche se qualche attenuante ti viene inaspettatamente offerta insieme con i pezzetti del puzzle.
Per la fortuna non c’è più tempo, anzi non c’è mai stato. Strana generazione la nostra, l’ultima cresciuta nei cortili, la prima educata all’aiuto, perché tanto non c’è pericolo. E invece c’era, dietro l’angolo, quello sbagliato. Generazione sterminata, nessuna cicatrice, o vivi o morti. Nessuno a cui dare la colpa. Nessuno a raccontarlo. Generazione silenziosa.
Alla fine della cena c’è anche un regalo, un pensierino per ognuna di noi, un piccolo addobbo natalizio a forma di cuore, bianco con i ricami color oro. Qualcuna lo appenderà all’albero, qualcuna lo metterà in un posto speciale oppure lo terrà in tasca, per un po’. Nessuna lo getterà mai via. “Ragazze il mondo non può finire il 21 dicembre, io il 25 divento nonna!”
La mattina nel viale marciano ordinati i bambini di quella stessa scuola. Uno “Shh!” lanciato con un po’ troppa forza dalla maestra e torna alla mente una piccola, vecchia, terribile suora. La mano corre veloce alla tasca del cappotto, in cerca del cuore.
No Tiziana, il mondo non finirà il 21 dicembre perché il 25 nasce la tua bambina.
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